Volontariato nell'emergenza e nelle grandi e piccole azioni di integrazione, volontariato che offre cibo e ripropone anche a se stesso un'idea e una pratica di comunità spesso sbiadita: un progetto in itinere, importante per riflettere su anni di variegate esperienze, per riconoscersi uguali attorno ai Diritti fondamentali delle persone indipendentemente dalla propria provenienza politica o religiosa, per immaginare e condividere progetti e utilità future.
di Martina Luciani
Il sottotitolo del progetto COMUNITA' EXTRAORDINARIA recita:
volontàri e richiedenti asilo | ingredienti di una
quotidianità invisibile.
Gli ingredienti materiali dell'esperienza raccontata sono semplici: cibo, the caldo, coperte, scarpe per sostituire quelle rotte durante lunghi viaggi, panni puliti, acqua e sapone, assistenza medica, presenza. Tutto ciò interpretato da persone che in maniera volontaria si sono messe a disposizione dei loro simili, giunti fino qua per chiedere asilo, sicurezza, una vita "normale", lavoro, pace. Il volontariato ha colmato un vuoto tangibile, si legge nel comunicato della presentazione del progetto: parole delicate per dire che i cittadini sono intervenuti a correggere le mancanze delle istituzioni e la crisi umanitaria che troppi, pervicacemente, continuano a disconoscere, qui e nel resto dell'Europa.
Ma la combinazione degli ingredienti descritti non si è risolta in una somma di azioni e interventi: ha poco per volta creato e inserito nella vita di questa città una dimensione dove essere cittadini ed essere persone si sovrappone e si salda nella più semplice e abbagliante pratica dell'accoglienza, della solidarietà tra esseri umani, dell'uguaglianza, della dismissione della paura del diverso e dello sconosciuto.
Invisibile, come ben sappiamo, è anche l'elettricità, ma senza non sapremmo più come fare. Ecco, penso che la quantità di energia attivata dall'esperienza del volontariato in questa città esangue e demotivata sia un patrimonio, disponibile tra l'altro per tutti, come un enorme pannello fotovoltaico, cui attingere per ripristinare significati personali e collettivi indispensabili a trasformare un centro urbano in una città, a dare al toponimo Gorizia un valore trasmissibile come eredità alle generazioni future, a riformulare l'idea stessa di collegamento non già come esperienza virtuale di socialità ma come base fondante della socialità. Non è sempre esperienza facile, non è sempre armoniosa: ma è sempre importante e non cancellabile.
Si legge nel comunicato del progetto:
Gli ingredienti materiali dell'esperienza raccontata sono semplici: cibo, the caldo, coperte, scarpe per sostituire quelle rotte durante lunghi viaggi, panni puliti, acqua e sapone, assistenza medica, presenza. Tutto ciò interpretato da persone che in maniera volontaria si sono messe a disposizione dei loro simili, giunti fino qua per chiedere asilo, sicurezza, una vita "normale", lavoro, pace. Il volontariato ha colmato un vuoto tangibile, si legge nel comunicato della presentazione del progetto: parole delicate per dire che i cittadini sono intervenuti a correggere le mancanze delle istituzioni e la crisi umanitaria che troppi, pervicacemente, continuano a disconoscere, qui e nel resto dell'Europa.
Ma la combinazione degli ingredienti descritti non si è risolta in una somma di azioni e interventi: ha poco per volta creato e inserito nella vita di questa città una dimensione dove essere cittadini ed essere persone si sovrappone e si salda nella più semplice e abbagliante pratica dell'accoglienza, della solidarietà tra esseri umani, dell'uguaglianza, della dismissione della paura del diverso e dello sconosciuto.
Invisibile, come ben sappiamo, è anche l'elettricità, ma senza non sapremmo più come fare. Ecco, penso che la quantità di energia attivata dall'esperienza del volontariato in questa città esangue e demotivata sia un patrimonio, disponibile tra l'altro per tutti, come un enorme pannello fotovoltaico, cui attingere per ripristinare significati personali e collettivi indispensabili a trasformare un centro urbano in una città, a dare al toponimo Gorizia un valore trasmissibile come eredità alle generazioni future, a riformulare l'idea stessa di collegamento non già come esperienza virtuale di socialità ma come base fondante della socialità. Non è sempre esperienza facile, non è sempre armoniosa: ma è sempre importante e non cancellabile.
Si legge nel comunicato del progetto:
"....volontari e richiedenti asilo. Persone tra persone. La
cucina come soglia accessibile, porta d’ingresso in una casa comune, verso una
cultura diversa. Oltrepassare questa soglia significa conoscere, assaporare,
partecipare alla costruzione di un mondo diverso, i cui ingredienti sono
Rispetto, Incontro, Dialogo, Sostegno, Contaminazione.
E vogliamo raccontarla così, attraverso i volti e la luce
emanata da tante persone che nella quotidianità di azioni tanto semplici,
quanto dirompenti, riescono a fondere gli ingredienti di una società partecipe
e attenta.
Proprio come un
ingrediente che entra nella composizione di un miscuglio, al fine di ottenere
il risultato voluto, l’integrazione appare necessaria quanto possibile.
La parte fotografica del progetto si compone di ritratti
volutamente semplici ma non per questo meno significativi. Ritratti che fermano
una comune espressione, quella che normalmente compare sul volto della persona
dopo aver detto “sì”alla richiesta di poterla fotografare. In
COMUNITA’EXTRAORDINARIA le foto dei volontàri e richiedenti asilo di Gorizia si
mescolano tra loro, accomunate dalla medesima risposta affermativa che non è
solo fiducia in un progetto artistico ma principalmente dichiarazione di
riconoscimento e sintonia tra esseri umani.
Il video muove i passi della narrazione attraverso alcune
ricette dei volontari che partecipano a questo vero e proprio laboratorio
sociale. Il tamtam è serrato tanto quanto i ritmi temporali e gli accadimenti a
cui queste persone hanno fatto fronte negli ultimi anni. Entrambi i progetti
visivi sono un primo passo di testimonianza e sollecitazione riflessiva, due
momenti tanto di scambio quanto di consapevolezza di sé di una comunità in
cammino.
Il nostro grande ringraziamento va a tutta la rete dei
volontàri di Gorizia e ai richiedenti asilo che hanno reso questo progetto
possibile. Il breve tempo in cui è nato e ha preso forma non sarebbe mai stato
così denso e ricco senza un coinvolgimento così unanime."
Il progetto di Fabiola Faidiga e Gianna Omenetto, con i testi di
Il progetto di Fabiola Faidiga e Gianna Omenetto, con i testi di
Lorella Cucit, è nato dalla collaborazione con la Rete Volontari di Gorizia, con l'Associazione di promozione sociale Agorè di Gorizia e l'Associazione culturale per lo sviluppo del territorio Casa C.A.V.E. di Visogliano e si inserisce, nella sede di via Rastello 49, nella mostra Il labirinto aperto, dove nascono i futuri.
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