mercoledì 7 aprile 2021

Sperimentazioni architettoniche alla Transalpina. Una nota di Sergio Maffei Pratali in risposta all'articolo ( versatile) sul Fatto Quotidiano.


Sottotitolo: Impudicizia dell'atto creativo che non sa, non chiede e probabilmente gliene frega nulla di quel che pensano i cittadini.

Sul blog del Fatto Quotidiano è comparso un'articolo firmato da Eleonora Carrano, architetto. Allora noi, ora, facciamo comparire l'articolo di Sergio Pratali Maffei, che è un architetto pure lui, nostro concittadino e con il più il dono dello scrivere per far comprendere le cose agli altri.



Dopo la lettura del pezzo sul blog suddetto,  noi, qua a Gorizia, ci siamo di nuovo inviperiti ( era già successo quando di questo progetto si parlò mesi fa. Perchè non siamo versatili e nemmeno arditi: ma vorremmo semplicemente essere parti in causa dei progetti che ci riguardano.  Sistematicamente viene posto l'accento sulla necessità di accrescere la partecipazione dei cittadini alla pianificazione e alla realizzazione dei progetti di sviluppo delle città: un tam tam che ormai rimbalza ovunque, e non soltanto sulle barricate popolari ( cfr il documento del Comitato Economico e Sociale Europeo, recentemente prodotto in vista della revisione dell'Agenda urbana per l'UE).
Ah, a proposito di città: cara Carrano, prenda nota che Capitale europea della cultura è Nova Gorica. Molto amichevolmente,  la città slovena ha coinvolto Gorizia nel programma predisposto per la candidatura, che non è congiunta. Quindi prima di parlar di simboli, di decidere che abbiamo bisogno della monumentalità per rendere storico un luogo che è già così storico che di più non si può, prima di cancellare la narrazione esistente (che è quella che vorremmo condividere con i pellegrini) e appiccicarci sopra una colata di cemento che "costruisce un mondo, inventa un linguaggio e scardina le certezze dei luoghi comuni della piazza", parliamo, parliamoci e discutiamo.

Scrive Sergio Pratali Maffei.

Intervengo al volo, e un po’ malvolentieri, visto che il tema, in sostanza quello del rapporto tra architettura e potere, meriterebbe ben altro spazio di riflessione. Procedo per punti, e spero mi perdonerete lo schematismo e le tante semplificazioni.

1_ dubito sempre di “recensioni” unilaterali, nelle quali non si trova benché minima traccia di critiche

2_ non è certo un caso se il rappresentante italiano nella commissione di concorso sia un architetto, quasi settantenne, che non ha mai costruito nulla in vita sua

3_ il progetto potrebbe anche essere interessante, ma risulta totalmente decontestualizzato, nel senso che sembra essere stato “pensato” come un prototipo (peraltro di un museo e non di una piazza) valido per qualsiasi “occasione”

4_ e non è neppure un caso che non ci sia nessuna vista di tale progetto che guardi verso via Caprin, e che sfrutti la stazione come una quinta scenica, come avveniva peraltro con le architetture di regime (e non solo)

5_ il progetto si sovrappone alla piazza esistente, cancellandone la Storia; in altre parole il suo “valore” va a discapito di quelli preesistenti, non si aggiunge ma si sostituisce alla piazza

6_ dal punto di vista economico l’ipotesi sarebbe accettabile se a finanziarla fosse una fondazione privata, in grado di assumersi sia i costi di realizzazione che di gestione/manutenzione (che sarebbero altissimi)

7_ quando un’opera si definisce pubblica dovrebbe essere espressione di una volontà collettiva, possibilmente della comunità di riferimento, e non totalmente autoreferenziale (nella concezione e negli obiettivi)

8_ qualche anno fa destò un certo scandalo un mio articolo che osava criticare Renzo Piano (che peraltro apprezzo molto) per il suo intervento al Lingotto di Torino, che cancellava di fatto la Storia di quel luogo (e di chi l’aveva vissuto), il principale stabilimento industriale del nostro paese per oltre mezzo secolo, diventato ora un centro commerciale

9_ la Transalpina, una piazza dove più volte di sono incontrate in questi anni due comunità, dovrebbe a mio avviso restare un luogo maggiormente “informale”, a disposizione di tali comunità, e non essere di fatto privatizzato dal pubblico (ossimoro purtroppo sempre più diffuso)

10_ per dirla con il collega Marco Ermentini, avrebbe tuttalpiù bisogno di un’architettura “timida”, in grado di valorizzare il luogo con pochi gesti misurati, coinvolgendo tutto il contesto (a partire dall'albergo prospiciente abbandonato), e non certo di una struttura “urlata” come quella proposta

P.s.: vi invito a seguire l’incontro di venerdì sera alle 20.20 tra Arci Gong e Raul Pantaleo, "l’architetto di Emergency", uno dei pochi che abbia saputo, almeno in tempi recenti, coniugare veramente etica ed estetica. 20eventi delle 20e20: La sporca bellezza | Facebook