sabato 25 luglio 2020

Erdogan! Se volevi fare sul serio, dovevi entrare nel centro dell'Omphalion di Hagia Sophia, non te l'ha detto nessuno?

È davvero banale pensare che Erdogan abbia orchestrato un remake dell'ingresso di Maometto II nella basilica di Hagia Sophia a Costantinopoli.

Più interessante notare cosa è sfuggito al neo sultano e ai  ciambellani di corte nella regia dell'evento del 24 luglio. L'Omphalion.

di Martina Luciani

Se nelle cronache della giornata che ha segnato l'ennesimo arretramento dalla civiltà laica e democratica della Turchia, con il ritorno delle liturgie islamiche in Hagia Sophia, si fosse narrato che Erdogan si era posizionato all'interno del perimetro visibile sul pavimento, realizzato con una composizione di marmi colorati a tracciare un quadrato e una serie di circonferenze, mi sarei preoccupata davvero tanto. Perchè sarebbe stata la dimostrazione che questa esibizione di potere colluso con la religione è strutturata con intenzioni e consapevolezze di vastità smisurata e incontrollabile.
Invece dalle cronache risulta che per la riapertura del museo riconvertito in moschea i pavimenti sono stati ricoperti di tappeti, possiamo presumere che il misterioso Omphalion non è rimasto visibile, che Erdogan non ci si è piazzato sopra
come avrebbe fatto un imperatore bizantino nei momenti salienti dell'esercizio del potere, e come forse ha fatto Maometto II quando, poco dopo la conquista di Costantinopoli, si proclamò Cesare dell'Impero romano, introducendo una rivendicazione contro i Sacri Imperatori romano-teutonici irrisolta fino ai primi del 1600. 
Evidentemente, la consapevolezza storica e culturale del valore simbolico stratificato in Hagia Sophia è relativa, in maniera grossolana, alla sola alternanza e contrapposizione tra Cristianesimo e Islam, tra impero bizantino e impero ottomano, tra comunità internazionale e sovranità turca; una devianza politica e psichiatrica del genere "
über alles" ancora forse non c'è,e speriamo non ci sia mai.

L'Omphalion è uno dei segnali più misteriosi, più suggestivi e più superficialmente frequentati dai visitatori di Hagia Sophia.
Del resto non è un'opera appariscente, se non fosse transennato con un cordone che impedisce ci si cammini sopra, quasi non lo si noterebbe.
 

Riporto qui il brano che ho dedicato qualche tempo fa a questa bellissima composizione pavimentale, che ha suscitato in me emozioni profonde e che è inserita nel mio diario di un viaggio in Turchia, prima o poi forse condiviso nella sua interezza con il titolo " In viaggio con Leucò".
Eccolo.


"Quando venne inaugurata da Giustiniano, la Divina Sapienza stava al centro dell’antica città, e Costantinopoli era il centro del mondo, umbelicus mundi.
E dentro la chiesa, apoteosi dell’impero e del Cristianesimo c’è l’Omphalion, l’ ombelico: un sistema concentrico, un altro centro, sul pavimento, una composizione di marmi colorati che disegna un quadrato, che a sua volta contiene una grande circonferenza, contornata da altre circonferenze, di diametro diverso, a volte tangenti il cerchio centrale a volte disposte secondo uno schema che non è dato comprendere. Perlomeno a me.

Non è appariscente, se non fosse transennato con un cordone che impedisce ci si cammini sopra, quasi non lo si noterebbe. La forza evocativa tuttavia è potente.
L’Omphalos del tempio di Delfi è una pietra scolpita, che costituiva il punto di passaggio tra i mondi ctonio, umano e superumano, per mezzo del quale la Pizia poteva pronunciare i suoi vaticini. Forse anche al santuario di Eleusi c’era qualcosa di simile, e i Romani ne avevano uno al Foro.  Ce ne sono tanti altri sparsi un po’ ovunque, tra culture e religioni diverse, tutte alla ricerca di “un centro di gravità permanente” tra le fluenti e incontrollabili percezioni del Sé e del Tutto.
Questa stupenda pavimentazione, evidentemente area sacra e cerimoniale per le incombenze imperiali,
incoronazioni incluse, con i suoi circoli perfetti mi sembra canti: sono in fondo tante O, di suono più grave e più acuto, che disegnano una sorta di Omphalos Mantra,  riecheggiano  lontananze cosmiche – in particolare su un lato, esternamente al grande circolo centrale, dove le tessere lapidee compongono l’Otto, simbolo matematico dell’infinito e simbolo pitagorico-esoterico del moto sprigionato dal Primum Mobile e del pulsare ritmico dell’universo – suggeriscono il flusso sonoro incessante di un alveare di api, oppure semplicemente la primordiale sillaba OM, su cui si fonda la creazione.

Se tante persone quanti sono i circoli di marmo ( ne ho contati trenta, ma sembra che siano 32)  prendessero posto all’interno dell’Omphalion, nel cuore della Divina Sapienza, ed emettessero un canto fatto solo di O, trasferendo in un coro il disegno dell’ingranaggio, dando voce al meccanismo di ruote ruotanti suggerito dalle forme marmoree, chissà quali vibrazioni verrebbero sollecitate tra colonne e cupole, chissà quali risonanze con  le venature  dei marmi,  con la marea di onde in perenne e sempre mutevole movimento che anima pavimenti e immense pareti.
Improvvisamente mi è venuto in mente Marko Pogačnik -  scultore e geomante (credo anche geo-amante ogni volta che mette in atto azioni di cura per il Pianeta) - e la sua emozionante percezione delle energie terretri e planetarie,  i suoi studi sui cosmogrammi.
Pogacnik ci spiega che una quantità di segni antichi(sull’architrave di un portone, sul capitello di una colonna, sullo spigolo di un’architettura, nello stemma di una città o di un borgo) sono la visualizzazione delle energie profonde che in quel luogo risalgono alla superficie e si connettono alle energie dell’universo e degli intrecci tortuosi e sconfinati di energie che scorrono sotto la superficie, le linee dei draghi, come le chiamano in Cina. E questa potrebbe essere una prima ipotesi per dare un senso non solo decorativo all’Omphalion: architetti e artisti dell’antichità erano attratti e guidati da questa sorta di “ focolai di energia”, collocavano i templi e le chiese proprio in lì sopra e facevano in modo, più o meno inconsapevolmente, che fossero visibili, anche se non facilmente decifrabili, i segnali di queste particolari manifestazioni di forze, telluriche e cosmiche.
In Ecologia dell’invisibile, Pogacnik scrive anche che sbagliamo a ritenere l’architettura silenziosa: i rapporti tra i suoni di una musica, detti intervalli di prima, di seconda, di terza e via dicendo, sono tensioni energetiche, suoni interni tra le note musicali,  assimilabili ai rapporti tra le forme architettoniche.
Applicando la sua teoria – ampiamente dimostrata dai suoi studi sulle chiese di Venezia - all’Omphalion, lo potremmo considerare uno spartito che descrive le armonie con cui risuona l’intera edificazione di Santa Sofia per mezzo non già di strumenti musicali ma di relazioni tra spazi vuoti e spazi pieni, circonferenze e perimetri, linee rette e linee curve, convessità e concavità. Una metafisica di Santa Sofia."







mercoledì 8 luglio 2020

Traffico transfrontaliero illecito di rifiuti e mafie: sotto i nostri occhi, impariamo a vedere e capire. Iniziativa di Forum Gorizia, il 10 luglio.


EC(C)O MAFIE. Venerdì 10 luglio. Kulturni Dom, via Brass 20, Gorizia, alle ore 18.30.

I territori di confine come quello in cui viviamo sono inevitabilmente aree di transito del traffico illecito di rifiuti: lo sanno bene le Procure e la Direzione investigativa antimafia.  

 

 Un traffico che è solo un segmento della filiera criminale, che prospera attorno e grazie alle enormi quantità di rifiuti, prezzo esoso della società dei consumi; filiera che a sua volta si esprime attraverso attività e imprese criminali fin dal momento della raccolta dei rifiuti urbani, speciali o pericolosi che siano.
Le chiamiamo ecomafie, con l’avvertenza importante che non sempre gli illeciti in materia di rifiuti sono riconducibili ad associazioni mafiose ma “solo” a reati individuali o ad associazioni a delinquere, ispirati tuttavia alle modalità delle mafie  e con l’analogo scopo di produrre abnormi profitti a danno della collettività, in un sistema che coinvolge Paesi vicini e lontani.
Anche l’offesa, il danno e la pericolosità per i cittadini non cambiano: attraverso diversificate attività illegali vengono violati, spesso in maniera devastante anche per le generazioni future, il diritto alla salute e all’ambiente salubre, oltre che norme penali, norme fiscali, norme amministrative e giuslavoristiche. Insomma, tutele fondamentali, giustizia e sicurezza diventano esse stesse dei rifiuti.


Forum Gorizia ha deciso di introdurre la riflessione e il dibattito sulle ecomafie perché la sensibilità dei cittadini è fondamentale nell’attivare i meccanismi di controllo e investigazione delle Forze di polizia, oltre che per sollecitare la costante e  a volte troppo superficiale attenzione della politica e delle amministrazioni pubbliche.
La cittadinanza attiva, che si consolida nella cosiddetta antimafia sociale e che ha in Italia presidi coraggiosi e capillarmente attivi, nasce dalla consapevolezza e dall’informazione. Che nel nostro caso, e nella prospettiva di un confine nazionale così aperto da poter realizzare una città comune tra Gorizia e Nova Gorica, prescinde dalla formale separazione amministrativa tra Stati e dalla nazionalità del reato, dell’inquinamento, del rischio per le popolazioni.

Ec(co) Mafie è l’appuntamento organizzato per il 10 luglio, al Kulturni Dom di via Brass 20, a partire dalle 18.30. L’iniziativa è il primo approccio ad un problema spesso difficilmente identificabile nella vita quotidiana, perché sempre ben nascosto, che si tratti del capannone dismesso riempito poco per volta di rifiuti mai avviati a corretto smaltimento o di connivenze celate, anche a partire dai pubblici appalti,  lungo tutta la filiera dei rifiuti. Grandissime quantità di rifiuti, mescolati in cocktail venefici che nessuno è riuscito a controllare e fermare, e che una volta oltrapassati i confini non sappiamo dove finiscano e quali disastri vadano a causare altrove. In aggiunta, ormai i soggetti collusi con le organizzazioni mafiose non sono gente che gira con la lupara a tracolla ma sono sempre più spesso discreti e competenti imprenditori e professionisti ai quali non facciamo caso.

Capiremo di più e meglio delle specifiche modalità di infiltrazione criminale e mafiosa  nel settore dei rifiuti grazie la testimonianza di due donne che lavorano in prima linea: la direttrice del consorzio Polieco Claudia Salvestrini e la giornalista Alessandra Tommasino.
Polieco è il consorzio obbligatorio che  riunisce i produttori e gli importatori, gli utilizzatori ed i distributori di beni in polietilene ed i riciclatori ed i recuperatori di rifiuti: svolge un ruolo attivo nella sorveglianza e denuncia delle attività illecite, inclusa l’esportazione illegale dei rifiuti.  Per queste competenze Claudia Salvestrini, per la sua battaglia contro i crimini ambientali e contro ogni genere di abuso ed ingiustizia, è costante interlocutore delle forze dell’ordine e della Magistratura, oltre ad essere stata chiamata a dare conto della propria diretta esperienza in Italia e all’estero anche nell’ambito della Commissione parlamentare d’inchiesta sul traffico transfrontaliero.
Alessandra Tommasino, giornalista e ingegnere per l’ambiente e il territorio, collabora con la testata napoletana Il Mattino, uno dei principali quotidiani italiani e segue da anni, nel filone del miglior giornalismo di investigazione e denuncia, la gestione illecita dei rifiuti, l’infiltrazione criminale nelle pubbliche amministrazioni, lo scempio urbanistico. E’ impegnata con Comitato Don Peppe Diana, il coordinamento di associazioni fondato in memoria del parroco che si oppose alla camorra dei Casalese e che venne assassinato a Casal di Principe nel 1994.