Ente regionale unico per il patrimonio. Neonato, e son tutti attorno alla culla
a scrutare il bebè.
Chi lo prenderà in braccio, assumendosi la presidente dell’ente?
di Martina Luciani
Facciamo un ragionamento semiserio sull’identikit del futuro presidente dell’ERPAC. Questa è la grande giocata in vista, e
ne vedremo delle belle, considerate le dismissioni in atto e la fame bulimica
che già si annuncia con sonori gorgoglii degli stomaci che non intendono
proprio arrendersi a tirare la cinghia e cambiar vita.
Come dovrebbe essere, questo futuro presidente di un ente che sarà
“strumento
di regia e di valorizzazione di tutto il
territorio” e “punto di riferimento anche per gli Enti locali e i Comuni di tutta la regione
per quanto riguarda la valorizzazione
dei propri beni”.
Non troppo giovane, perché deve avere un certo numero di esperienze cultural
manageriali alle spalle. Uomo o donna che sia, deve avere una formazione
scolastica adeguata: almeno una laurea
in qualche modo attinente al poderoso incarico, e magari che ci sia nel curriculum l’annotazione di
un buon inglese scritto e parlato (le relazioni internazionali sono molto
opportune, l’ha detto anche l’assessore Torrenti).
Se si potesse certificare il retroterra culturale, un certo radicamento nella storia
locale sarebbe opportuno, una cosa equilibrata, un giusto mezzo tra i cantieri navali e le malghe alpine, tra le doline
e le risorgive, tra le ampiezze urbanistiche mitteleuropee affacciate sul mare
e i mosaici romani, tra le linee di guerra e i confini abbattuti, tra le
invasioni barbariche e i la migrazione dei richiedenti asilo; che sia magari assicurata anche la consapevolezza dei
fasti asburgici e delle vibrazioni veneziane, dei legami antichi con le aree danubiane e delle
relazioni mediterranee, delle tradizioni variegate come un puzzle, delle
specificità linguistiche, della luminosità culturale diversa che si esprime tra
le valli montane e sui canali lagunari, sulle falesie di Duino o sui magredi
friulani…insomma,il contesto estremamente complesso necessità di un presidente decisamente colto, profondamente sensibile alle
multiformi ricchezze ( tangibili e non) del territorio regionale, capace di decisioni equilibrate tra il suo sapere, il suo convincimento professionale ed il senso dell’onore a
svolgere un simile incarico ( si vabbè, questo fa tanto funzionario imperial
regio, scappato fuori dalle pagine di Joseph Roth, ma non so che farci, è il
mio imprinting familiare e culturale).
Dovrebbe essere uno/una che ha seguito e compreso tanto le evoluzioni quanto
le involuzioni della gestione del patrimonio culturale, e che ha uno sguardo
ben aperto su quanto accade extra moenia nelle direzioni dei quattro punti
cardinali e sui fermenti dell’innovazione e delle avanguardie culturali.
Dobbiamo sapere che ha visitato - e non nelle
funzioni di taglia nastro inaugurale - mostre grandi e piccole, qui e altrove, che
ha seguito iniziative ed eventi organizzati in Italia e all’estero, che ha
ottime relazioni con esperti (veri), enti omologhi e istituzioni prestigiose
in campo culturale.
Vorremmo avesse una libreria domestica eterogenea, con i piedi ben poggiati nel passato e molti
scaffali aperti verso il futuro, vorremmo che alcuni Libri avessero evidenti
segni di usura, e che magari il nostro
candidato ideale avesse pure già scritto qualcosa di utile sul ruolo che la
cultura e relativa gestione hanno nell’assetto sociale e nelle prospettive di
sviluppo economico di una comunità.
Insomma auspichiamo creda profondamente che
le Arti e la Cultura generano, ancor prima che fatturato, conoscenza, identità, libertà di scelta, invenzione, adattamento:
bisogni primari su cui investire, come necessario per tutte le società post industriali,
nella prospettiva di generare oltre che immediata ricchezza, immateriale e
materiale, anche indotto accuratamente previsto e sostenuto.
Insomma, è evidente che un
elettrotecnico non va bene. Non va bene nemmeno un ragioniere burocrate, nemmeno un
bocconiano di questi con i pantaloni un po’ troppo corti ( sempre meglio di
quelli troppo lunghi, è vero), nemmeno l’amico dell’amico, nemmeno una stella cadente della politica in cerca di uno spicchio di cielo dove
brillare un’ultima volta.
Quanto ai componenti della “Commissione speciale
espressa dal territorio con quattro esponenti goriziani, tra cui uno
appartenente alla minoranza slovena, segno di arricchimento, e uno del Gect
(Gruppo europeo di cooperazione
territoriale), secondo un’idea di internazionalizzazione dell’area che è
fondamentale”
speriamo venga formata una lista dignitosa e qualificante di
candidature, lasciando alla presidente della Regione il compito e la
responsabilità di scegliere.