Il campo di Medici Senza Frontiere non fa piu' paura, e la politica va a guardare com'è dentro.Ma fra poco chiude. Il rinnovato interesse si limitera’ ad un passaggio sullo sfondo dei container o prelude a soluzioni concrete e serie per il dopo MSF?
di Martina Luciani
A lungo. Son durati a lungo, il silenzio, la presa di distanze, il cauto osservare senza esser visti: intorno al lavorio di Medici Senza Frontiere e di Caritas, nelle trincee su cui sparavano i cecchini paludati di patriottismo e lungimiranza, mentre la Prefettura rifletteva attentamente sui destini del mondo. Sparavano di frequente, ma in realtà non avevano coraggio di mirare a tutti coloro che cercavano - extra moenia, con generosità e perseveranza, oppure nei nostri Palazzi ma con quella signorilità politica che rende afoni i detrattori - di evitare il " bivacco senza servizi igienici autunno inverno 2016". Preferivano puntare a chi reagisse con quella scompostezza che fa la gioia delle cronache di provincia: hanno avuto l'occasione per una fantastica stagione di caccia, schivando anche questa volta la partecipazione ad un serio e compiuto dibattito politico.
E così, mentre l'esperienza di aver realizzato un sito emergenziale di accoglienza in centro città scorre pacificamente, siamo distolti dal fatto che si ingigantisce la dimensione del prossimo, imminente problema istituzionale e politico: chiusi i cancelli del campo San Giuseppe, l’attenzione si sposterà da MSF a coloro che dovranno gestire il rinnovato bivacco diffuso, il dilagare in città di persone che non hanno un posto dove sostare (se non nascondersi lungo il fiume) e l’ignominia che Gorizia predilige riservare ai richiedenti asilo. Con un esposto alla magistratura che, ci piaccia o meno l’iniziativa in quanto tale, è un disvalore aggiunto per tutta la città.
A Natale, l’attività di accoglienza pareva quasi clandestina (ricordo però la serenità di Laura Fasiolo, senatore della Repubblica, che in tempi ancora assai cupi se ne andò a fare, senza cerimonie, un sopralluogo e consegnò al mediatore culturale di turno panettoni sufficienti per tutti i ragazzi).
Poi si è cominciato a familiarizzare con lo sfondo dei containers dove trovano riparo i profughi. Se ne sono occupati i media e, dopo alcuni rozzi e falliti tentativi di discredito, l’operazione di MSF e Caritas si sta affermando come una iniziativa umanitaria necessaria, che ci ha risparmiato un sacco di lavoro, di preoccupazioni e di guai e ci consente di guardare i richiedenti asilo in faccia senza vergogna.
Insomma, il campo comincia a sembrare una interessante location per tentare di recuperare un qualche ruolo politico sull’argomento (sottovalutando il fatto che MSF ha fin dall’inizio richiamato tutti i soggetti istituzionali alle proprie mancate responsabilità; e quindi per recuperare, bisogna mirare piuttosto alto).
Nell'immagine una fase dell'allestimento del capannone di via Trieste,
quasi un anno e mezzo fa, unico tentativo governativo ufficiale di
gestire un'accoglienza minimale per i richiedenti asilo appena arrivati. Anche in questa
situazione l' apporto del volontariato fu determinante.
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A parte il relata refero di un premuroso e fine politico locale, che ben si fa interprete nonostante la sua provenienza dalla Capitale dei meccanismi di relazione indigeni: e registra pubblicamente il presunto sputo da parte di un presunto medio orientale a danni di una signora in bicicletta, che è fuggita, illesa, pedalando terrorizzata e indifesa .
Quindi, parliamone, stringiamoci davanti alle telecamere in modo da star tutti dentro l'obiettivo, diciamo quello che va detto e anche quello che ci torna utile al di là della buona causa. Purchè, per onestà intellettuale, si ponga anche il quesito di cosa accadrà a breve. Quando MSF chiude il campo. Il centinaio di persone che trovano in quella struttura accoglienza non governativa si troveranno a vagare per la città, costretti a violare l’ordinanza anti bivacco? Torneranno ad essere affidati alle cure disinteressate del volontariato ? Possiamo parlare di questo, subito?
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