La campagna #WithRefugees lanciata da UNHCR quest'anno in Italia ha un significato che va oltre gli obiettivi definiti dall'ONU: nel nostro Paese diventa l'occasione per far risuonare - sui temi della solidarietà, dei diritti umani, dell'avanzare del razzismo - un vasto allarme sociale, culturale e politico e per dichiarare quale è il modello di civiltà che intendiamo salva- guardare e consegnare alle generazioni future.
di Martina Luciani
Non lasciamo passi in sordina, la data del 20 giugno, Giornata mondiale del rifugiato, istituita dall'ONU, nel 2001.
Chi ha scelto di leggere queste parole, non ha bisogno del riassunto di quanto si sta dicendo in Italia, e di cosa sta accadendo, di cosa potrà accadere. Veleni mortali ammorbano l'aria del Bel Paese, sintetizziamola così, e non sono veleni selettivi, li respiriamo tutti, rifugiati e cittadini con pedigree.
Quest'anno l'impegno civile da testimoniare diventa, purtroppo, il momento in cui certificare da che parte si sta. Non solo dalla parte dei milioni di persone costrette ad abbandonare la propria terra per salvarsi la vita. Ma anche contro chi ripropone gli stessi orrendi schemi e categorie che hanno prodotto le varie apocalissi novecentesche.
In aggiunta, ricordiamoci bene il ruolo del mondo "ricco, sazio e consumista" nel fenomeno del riscaldamento globale che determina degrado ambientale e massima vulnerabilità proprio tra le popolazioni e nei luoghi del mondo che meno hanno partecipato a causare il cambiamento climatico. Le conseguenze del climate change - siccità, alluvioni, devastazioni dei territori, sfruttamento delle risorse naturali fino al loro esaurimento, deprivano le persone dei loro diritti fondamentali, del cibo, dell'acqua, della sicurezza, della salute, dell'educazione; e su questa condizione di ingiustizia sociale ed economica si innestano e prolificano violenza e conflitti, prefigurando migrazioni ambientali di portata epocale.
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