Il Consiglio di Stato si esprime a proposito della Conferenza di servizi: i percorsi amministrativi non sono solo tecnici, servono persone preparate attraverso percorsi formativi ad hoc. Pensiamoci bene, nel momento in cui andremo a votare, se ai candidati e quindi eventuali futuri amministratori, siano o no ben chiari alcuni fondamentali principi.
di Marilisa Bombi
Mutuando ciò che ha scritto il giurista Pietro Virga sul suo
blog, se nel campo del diritto pubblico c’è un termine abusato, questo è quello
della “semplificazione” amministrativa. Tutti i politici parlano ripetutamente
di semplificazione, ma continuano a sfornare disposizioni che prevedono
ulteriori adempimenti e che complicano la già difficile vita dei cittadini. È
la stessa cosa che succede con le tasse: tutti dicono di volerle tagliare, ma
nel frattempo le tasse – sia pure in modo subdolo e spesso fantasioso –
aumentano. Personalmente, quando leggo di semplificazione della P.A., provo un
fastidio così acuto da essere indotta ad abbandonare presto la lettura
dell’articolo che parla di essa. Anche se, professionalmente, mi sento
obbligata a farlo.
Comunque, a piccoli passi il processo di semplificazione,
quello reale, procede anche se non bastano le leggi. Ciò in quanto le riforme, soprattutto
quelle epocali, vanno metabolizzate e ciò molto spesso non avviene, come è il
caso dell’istituto della Conferenza di servizi.
Parole sante: sono quelle del Consiglio di Stato, a
proposito, di uno schema legislativo proposto dal Governo che ha come fine
quello di revisionare l'istituto complessivo. Uno strumento di semplificazione
dei procedimenti complessi. Dice il parere, a proposito del fatto che è
necessario adottare misure ‘non normative’ di sostegno alla riforma: "- la
prima riguarda il ‘fattore umano’, che ricopre un ruolo fondamentale per il
successo della riforma. Occorrono amministratori professionalmente ‘capaci’ e
in grado di condurre il processo decisionale verso decisioni corrette,
tempestive e non incentrate solo su profili giuridico-amministrativi: appare
dunque indispensabile un programma formativo ad hoc, che ben potrebbe essere
affidato alla supervisione della riformata Scuola nazionale
dell’amministrazione (SNA)." Insomma, aggiungo io, l'obiettivo da
perseguire è sempre quello della tutela dell'interesse pubblico. Circostanza
questa che molto spesso viene dimenticata. Perché, chi è investito della
responsabilità di amministrare una comunità, dovre avver ben chiaro un
principio: le decisioni non le prendono i tecnici. A loro è attribuito,
infatti, il compito, di attuare le decisioni prese a livello politico.
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