Venerdì prossimo, a Gorizia, Università di via Alviano, confronto ad alto livello sulle due opposte posizioni del sì e del no al prossimo referendum del 4 dicembre.
Lo scorso 8 agosto, l’ufficio Centrale per il Referendum presso la Corte Suprema di Cassazione ha ammesso la richiesta di referendum, depositata in data 14 luglio, sul testo di legge costituzionale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016. Affinché la riforma approvata dal Parlamento possa, dunque, acquistare il rango di legge costituzionale, idonea a modificare la Carta fondamentale ai sensi dell’art. 138 Cost., occorrerà il voto favorevole del corpo elettorale. Giuffrè Editore ha pertanto pubblicato due ebook, scaricabili gratuitamente, attraverso i quali due illustri esponenti del mondo accademico offrono un confronto tra le ragioni del sì, a firma di Beniamino Caravita, Ordinario di diritto pubblico all’Università La Sapienza di Roma e le ragioni del no, a firma di Alessandro Pace, Presidente del Comitato per il No nel referendum sulla legge Renzi – Boschi e Professore emerito di diritto costituzionale all’Università La Sapienza di Roma.
Intanto, a casa nostra, venerdì prossimo, ovvero l’11 novembre
alle 11.00, sul tema “Le ragioni de sì e le ragioni del no” si confronteranno: Andrea
Mazziotti, presidente della Prima Commissione, affari costituzionali della
Camera dei deputati, Giulio Salerno, che insegna Istituzioni di diritto
pubblico presso il Dipartimento di Economia e diritto dell’Università di
Macerata, Mauro Barberis, Giurista, teorico del diritto e storico delle idee, docente di
filosofia del diritto all’Università di Trieste che ha scritto una trentina di
libri, come Libertà, Etica per giuristi, Europa del diritto e, ultimo, nel
2013, il libro-intervista con Luigi Ferrajoli Dei diritti e delle garanzie; e Gianfranco
Fini. L’incontro, si svolgerà nell’aula Magna - Polo Universitario di Gorizia,
Università degli Studi di Trieste, via Alviano.
Per cercare di venire a capo della spinosa questione, la
Casa Editrice Giuffrè ha pubblicato due importanti e-book sulla riforma costituzionale
e sul referendum 2016, scritti da due attenti e validi Studiosi del Diritto
Costituzionale e del Diritto Pubblico, il Prof. Alessandro Pace ed il Prof.
Beniamino Caravita.
Il Prof. Pace, che ha insegnato Diritto Costituzionale
all’Università la Sapienza di Roma, sostiene le ragioni per votare NO.
Il Prof. Caravita, che insegna Diritto Pubblico
all’Università la Sapienza di Roma, sostiene le ragioni per votare SI.
Questi e-book sono di notevole rilievo, sono approfonditi ed
i due studiosi hanno vagliato le rispettive tesi con completezza di
argomentazioni e di documentazione giurisprudenziale.
I due e-book, che richiamano anche ad importanti sentenze
della Corte Costituzionale, sono accompagnati da una “sintesi” delle opposte
ragioni, in modo che il lettore - anche se non ha puntuale conoscenza di tutte
le problematiche del Diritto Pubblico e Costituzionale - si possa fare un’idea
della solidità delle tesi che sono qui contrapposte.
Questa “sintesi” toglie necessariamente lo “smalto” allo
stile brillante e vivace di questi due Studiosi, ma fornisce una prima
indicazione degli argomenti in sostegno delle rispettive tesi.
Le principali ragioni del NO, esposte dal Prof. Alessandro
Pace, riguardano:
1) Il procedimento legislativo che è stato utilizzato.
La legge di revisione che riforma la Costituzione è
criticabile, perché è di iniziativa governativa e non parlamentare. Il
procedimento di revisione costituzionale è stato quindi “appiattito”, come per
una modificazione di una legge ordinaria.
2) Il quesito sul referendum.
Il quesito è disomogeneo, perché questa riforma ha
molteplici contenuti. Sarebbero stati quindi necessari non uno, ma “tre”
quesiti. Il primo sul Governo ed il suo “pericoloso rafforzamento”; il secondo
sul Senato, dove i Senatori non sono eletti dai cittadini, e sono quindi privi
di legittimazione democratica; il terzo, infine, sulla “centralizzazione” delle
funzioni statali e sulla riduzione dei poteri delle Regioni, nonché
sull’abolizione del Consiglio nazionale dell’Economica e del lavoro.
Oltre a ciò, la legge elettorale (Italicum) è strettamente legata alla riforma, costituisce il
“perno” della riforma costituzionale, ha gli stessi difetti della legge
elettorale già dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale, e
consente di “verticalizzare pericolosamente” il potere.
3) La violazione del principio della sovranità popolare e
dell’eguaglianza.
Questa riforma viola il principio della sovranità popolare
ed anche quello dell’eguaglianza. Viola il principio della sovranità, perché il
Senato non è eletto direttamente dal popolo. Viola il principio di eguaglianza,
perché i 100 Senatori, rispetto ai 630 Deputati, sono di scarsa importanza.
Il nuovo Senato continua a rappresentare lo Stato e non rappresenta
le Regioni ed i Comuni. Oltre a ciò, i Senatori eletti avranno questa duplice
funzione di Senatore e di Consigliere regionale (o di Sindaco), e non potranno
svolgere bene entrambe queste funzioni.
4) I rapporti Stato - Regioni.
La riforma diminuisce i poteri legislativi delle Regioni, ed
è censurabile il metodo di attribuire allo Stato la competenza legislativa
delle “Disposizioni generali e comuni”. È anche criticabile la clausola
(chiamata polemicamente dagli avversari della riforma): “clausola vampiro”, che
consente allo Stato di intervenire per la tutela dell’unità giuridica od
economica della Repubblica o per la tutela dell’interesse nazionale.
5) La forma di Governo.
La riforma tende verso un pericoloso “premierato assoluto”,
anche per l’attuale cumulo, nella stessa Persona, delle cariche di Presidente
del Consiglio e di Segretario del partito di maggioranza.
6) Maggiore complessità del procedimento legislativo.
La riforma, dati i rapporti tra Camera e Senato, renderà il
procedimento legislativo più complesso. Sono infatti previsti 8 tipi diversi di
approvazione delle leggi ordinarie, e per quanto riguarda il referendum
abrogativo, è criticabile l’innalzamento da 500.000 a 800.000 firme per la
proposta.
7) La minoranza parlamentare.
Queste minoranze non sarebbero convenientemente tutelate.
In definitiva, secondo il Prof. Alessandro Pace (che cita
altri costituzionalisti della stessa opinione) questa appare come una riforma
che non merita di essere confermata.
Le principali ragioni del SI, esposte dal Prof. Beniamino
Caravita, riguardano:
1) Il rispetto del procedimento di revisione costituzionale.
L’iniziativa legislativa governativa è legittima,
costituzionalmente corretta, si innesta sul procedimento legislativo ordinario
ed è legittimata dal voto di fiducia che il Parlamento ha dato a questo
Governo.
L’illegittimità costituzionale della precedente legge
elettorale (sentenza della Corte costituzionale 1/2014) non mette in
discussione né l’attività del Parlamento né la stessa riforma, che ha avuto
un’ampia discussione parlamentare (in due anni vi sono state quasi 6.000
votazioni). Questa riforma rispetta quindi il testo della Costituzione del 1948
e non contiene disposizioni incostituzionali.
La tesi che questo referendum è censurabile perché manca
della necessaria “omogeneità” non è convincente, e lascia in sospeso
l’interrogativo: chi, ed in base a quale parametro può stabilire che un quesito
referendario è “omogeneo”?
2) Il superamento del bicameralismo paritario (o perfetto).
Questa forma di bicameralismo è stata generalmente
considerata inutile, e con il suo superamento il rapporto fiduciario tra
Governo e Parlamento è semplificato. Tale rapporto resterà in capo alla sola
Camera dei deputati, e si tratta di un superamento equilibrato, perché permette
al Senato di richiamare tutte le leggi, impedendo eventuali colpi di mano della
maggioranza.
È pur vero che il nuovo articolo 70 è complicato, ma esso è
simile a quanto previsto in altri ordinamenti (Germania e Unione Europea), ed i
regolamenti delle due Camere potranno intervenire ed effettuare le opportune
correzioni, dato che il nuovo Senato rappresenta le Istituzioni territoriali, tramite
i Consiglieri ed i Sindaci eletti.
3) La razionalizzazione della materia di competenza
legislativa regionale.
La razionalizzazione (o la “limatura”) delle materie di
competenza regionale era ed è necessaria, perché le Regioni hanno “malamente
utilizzato i poteri legislativi ad esse attribuite”. Le “disposizioni generali
e comuni” non sono i princìpi fondamentali, e consentono l’intervento della
potestà legislativa statale. La potestà legislativa concorrente vi è ancora, ma
lo Stato può intervenire, e vi è la “clausola di supremazia” in favore dello
Stato, che è anch’essa necessaria per l’equilibrio tra Stato e Regioni.
4) Le Regioni a statuto speciale.
Anche questa parte merita una revisione, ma essa è spostata
nel tempo, tramite la revisione degli statuti speciali, prevista nell’art. 39,
comma 13 della legge costituzionale sottoposta a referendum.
5) Il Governo e l’iniziativa legislativa.
È stata stabilita un’opportuna corsia preferenziale per le
iniziative legislative governative, e sono stati posti limiti alla decretazione
d’urgenza. Il Governo rimane un governo parlamentare, ed il circuito Parlamento
- Presidente della Repubblica - Governo non è modificato.
6) Il referendum abrogativo.
La riforma (con l’aumento del numero delle firme a 800.000)
non penalizza il referendum.
7) L’abolizione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del
lavoro (CNEL).
Si tratta di un’abolizione necessaria, dato che quest’organo
era completamente inutile.
8) La tenuta del sistema costituzionale italiano.
La riforma, anche per il rapporto con la legge elettorale,
consente e rafforza la tenuta del sistema costituzionale italiano. I sistemi
elettorali sono solo “strumenti tecnici”, e la legge elettorale - che viene
così spesso evocata dagli avversari delle riforme - sarà valutata dalla Corte
costituzionale.
Un punto molto importante da valutare è che la maggioranza
politica non controlla gli organi di garanzia.
In definitiva il meccanismo di stabilizzazione e di
semplificazione previsto dalla riforma costituirà un miglioramento della
qualità della vita democratica.
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