domenica 16 febbraio 2014

Salire sulla Smart del vincitore



Letta-Renzi: staffetta o rivoluzione?


di Mauro Barberis*


Rivoluzione, assolutamente. Oh che modo diverso di essere giOvani, con la O stretta stretta, da pronunciare con bocca a culo di gallina... Pensate un po’, uno va al Quirinale in Panda, l’altro in Smart. E non dite che, appena svoltato l’angolo, salgono entrambi sulla solita auto blu supercorazzata, come direbbe un grillino qualunque. Né sospirate, banalizzando, che sono entrambe pur sempre utilitarie, ossia macchine per Giovane-leader-del-Pd-che-però-deve-sembrare-diverso-da-D’Alema: l’indimenticabile Baffetto che al Quirinale arrivava direttamente sul suo yacht Ikarus II, comprato in leasing con la Banca Popolare.
Fra la Panda di Letta e la Smart di Renzi, in realtà, c’è un abisso. La prima è una macchina scopertamente nazionapopolare, fabbricata a Pomigliano con le rispettive manone dal duo Elkann (John: ma con le manine di Lapo sarebbe lo stesso)-Sergio Marchionne, duo cui manca solo Antonio Conte, allenatore della Giuve, per approdare a un Trio Simpatia comparabile solo al Bettega-Moggi-Giraudo d’antan. Tutt’altra cosa la Smart, per la quale l’ingiustamente dimenticato Daniele Luttazzi proponeva questo sologan pubblicitario: la macchinina con la quale puoi posteggiare sul marciapiede, travolgendo la carrozzella di un disabile, e restare simpatico lo stesso.

L’unica cosa che hanno davvero in comune, le due utilitarie, è essere entrambe popolari ma elitarie: anche questo in perfetta linea Pd. La Panda è omologata per soli quattro posti, estensibili a cinque appendendosi fuori dal finestrino con gli appositi elastici. La Smart, invece, è addirittura a soli due posti, il che aggrava l’annoso problema del carro, anzi del car del vincitore. Hai un bel fare dello spirito sull’argomento, come Marco Travaglio nel mio stesso sito del Fatto quotidiano e quasi con le stesse battute: ma provateci un po’ voi, con la folla che c’è, a salire sulla Smart del vincitore.

(Mauro Barberis, genovese, è docente di filosofia del diritto all'Università di Trieste, ma difatto giornalista satirico mancato. Ciò in quanto la sua penna (o i suoi bit) sono quanto di più ironico ma nel contempo saggio si possa immaginare. Abitualmente, comunque, non manca di ironizzare su vizi e virtù delle italiche genti dalle colonne del quotidiano il Secolo XIX e attraverso le pagine del suo blog del Fatto Quotidiano.

1 commento:

Anonimo ha detto...

A quando una mOlto Ecodem bicicletta? Loro non so, noi probabilmente molto presto e, rispetto ai classici e insostituibili pedibus calcantibus, come unica alternativa di mobilità. E non sarà Ecodem, sarà un vintage post bellico: che mentre nei piani alti si diffonde viscerale la tentazione di gerere regem, fuori, tra gli spettatori/sudditi, siamo ormai al gerere bellum, quella guerra occulta quotidiana dell'uno contro l'altro, all'insegna del mors tua, vita mea...- Se mai ci sarà una fase post bellica, saremo tutti felici di avere almeno una bicicletta.