La (improvvida) delibera della Giunta comunale di Gorizia con gli aumenti delle indennità di funzione per gli amministratori viene alla luce mentre ai cittadini esausti arrivano le quarte rate della Tari e il Corso si trasforma in un improbabile senso unico con direzione obbligata verso il Nulla.
di Martina Luciani
Le contraddizioni che imperversano attorno a me si risolvono alla fine in una colossale presa per i
fondelli dei cittadini, me inclusa e pure in prima fila.
L’ultima è la (improvvida) delibera della Giunta comunale di Gorizia con gli
aumenti delle indennità di funzione per gli amministratori che non sono
lavoratori dipendenti e che non sono collocati in aspettativa, che viene alla
luce mentre ai cittadini arrivano le quarte rate della Tari e il Corso si
trasforma in un improbabile senso unico.
Si tratta di un adempimento, significativo nella conta degli euro, previsto da
una delibera della Giunta regionale del 2011. Quindi inutile discutere sulla
legittimità. Si può fare, e se anche ci fosse al governo della città la Banda
Bassotti non si potrebbe eccepire sulla correttezza formale di questa
iniziativa. Ma c’è anche la sostanza delle cose, giusto? Ripigliamoci la
sostanza, santoiddio, sennò tutto
fluirà via in un batter d’occhio, e soprattutto quel che non ci piace sarà solo
una goccia nell’enorme quantità di liquido in cui ci ritroviamo a sguazzare.
E la sostanza, ad esempio, è che anche il piano del traffico è un obbligo per
gli amministratori (tra l’altro imposto da una legge dello Stato, non da una
delibera di Giunta regionale), ma nessuno si scompone se Gorizia ne è priva.
Niente ansia e nessuna sensazione di grave negligenza, tantomeno quando si dispone un senso unico in Corso fatto così male che più male non si può.
Allora, in questo disgraziato periodo di
totale destabilizzazione, il mancato adempimento della disposizione che prevede
l’aumento delle indennità, poteva essere una apprezzabile e significativa
negligenza, un gesto di solidarietà politica e umana.
Adesso arzigogolo verso una conclusione che scriverò in neretto.
Abbiamo mutuato e abusiamo di concetti aziendalistici come capitale umano e
risorse umane, li utilizziamo nel linguaggio quotidiano come se ognuno di noi
fosse solo e soltanto parte di una organizzazione del lavoro, dalla nascita
alla morte; protestiamo per aver aziendalizzato settori fondamentali della
società e poi non ci rendiamo conto che abbiamo aziendalizzato i nostri
principali strumenti di giudizio. E questo la dice lunga sull’imprinting che
abbiamo subito, spesso subdolamente, e
che si manifesta non solo con l’adeguamento della propria forma di vita alla
forma stessa dell'impresa ma soprattutto con l’atrofizzazione della coscienza,
delle capacità di consapevolezza e di autonomo convincimento: con l’esserci
trasformati in creta molle, acritica e indifesa nelle mani dei potenti sempre
più disinvolti a consolidare i loro privilegi , delle multinazionali, dei
burattinai dell’alta finanza e dei meccanismi del consumo e del profitto, cioè
delle divinità che dominano incontrastate la contemporanea e amorale versione
dell’Olimpo.
Ma se è questo lo stato della nostra evoluzione sociale e culturale, andiamo
fino in fondo e applichiamo alle esperienze di cittadinanza e di democrazia i criteri
della gestione del personale, inquadrando le questioni collettive e individuali
nella dimensione aziendalistica. Una utile schifezza.
L’agone politico riceverà beneficio, e
stimolo ad evolvere con nostro collettivo vantaggio, se l’osservassimo e
interagissimo utilizzando i filtri dei processi di gestione strategica delle
risorse umane.
Uno per uno, i nostri dipendenti ( questo sono i pubblici amministratori
eletti) verrebbero descritti e periodicamente valutati per la posizione di
lavoro,il profilo professionale ed attitudinale, le competenze e la
formazione,i dati storici sulla prestazioni,la carriera fatta e programmata, la retribuzione che gli è assegnata; e questo
nella prospettiva delineata di volta in volta dal nostro piano strategico, cioè
da quella dichiarazione d'intenti che enuncia cosa vorremo essere e cosa
vorremo attuare nel futuro.
Ma soprattutto, il datore di lavoro, cioè noi tutti, non concederebbe nessun aumento
delle indennità e direbbe: Cari, per quello che avete fatto finora nell’azienda
Comune di Gorizia, per i miseri risultati conferiti alla collettività/compagine sociale di questa città, per l’incompetenza, la negligenza e la
superficialità dimostrate, non solo non vi aumentiamo l’indennità, MA SIETE ANCHE LICENZIATI."
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