venerdì 5 luglio 2019

E' stata la fisiologia europea a suggellare la caduta del confine tra Italia e Slovenia. E' la mortale patologia nazionalista che immagina nuove barriere di filo spinato.

Stasera grande manifestazione in Transalpina, Trg Evrope, in occasione della visita del ministro (muratore) degli Interni a Trieste,contro qualsiasi ipotesi di nuovi muri. In verità, la gente del confine, il popolo della propusnica (che passando in bici sulla frontiera bastava sventolare come una bandierina di appartenenza ad una entità sovranazionale) il confine l'ha eroso abbondantemente nel corso degli anni, ben prima che fosse ufficialmente cancellato. Ora riparlare di barriere, qui nel quotidiano di comunità che la linea amministrativa tra Stati la usa a fini turistici, è il vergognoso inoculo di una malattia pericolosa: ma noi ci siamo auto immunizzati e debelleremo l'epidemia.


di Martina Luciani




Quando ero bambina, e poi con maggiori consapevolezze da adolescente, mi pareva che il confine tra Italia e Jugoslavia ci fosse perchè si voleva che fosse così, come la riga bianca in mezzo a una strada: per ragioni indipendenti dalla realtà dei luoghi e delle persone. Sperimentavo continuamente che le nostre vite quotidiane erano in osmosi continua tra qui e lì.
Prendendo conoscenza ( e non certo perchè a scuola lo si studiasse per filo e per segno) dei fatti storici che avevano determinato l'esistenza del confine e che lungo il confine avevano prodotto esperienze atroci, ancor di più mi ero costruita una personale convinzione.
Cioè che l'esistenza e l'esaltazione del muro ( non dimentichiamo che in Transalpina è stato abbattuto un muretto con una rete da giardino...) serviva, con pervicace intenzionalità malcelata da infiniti discorsi su Gorizia città ponte tra mondi diversi, a rinfocolare la neo separatezza storica, la contrapposizione delle ideologie, l'elenco terribile delle colpe e delle relative responsabilità, le incrostazioni di sangue e sporcizia politica  variamente strumentalizzate con lo scopo di impedire l'evoluzione consapevole e pacifica della memoria collettiva.
Voglio dire: non si costruisce un ponte senza aver messo piede nel fiume che passa sotto, senza averne conosciuto l'acqua, i sassi e i detriti. Il popolo della propusnica non usava il ponte, ha sempre usato i guadi, e anno dopo anno, decennio dopo decennio, ha manifestato l'evidenza alla NON separatezza geografica, culturale, familiare, agricola, botanica, archeologica, antropologica, gastronomica, alpinistica, etc etc....
La non separatezza del resto era riconosciuta da quei libretti stropicciati che tutti avevamo, i lasciapassare. Cos'erano, in fondo, se non l'equivalente dei salvacondotti antichi, se non il riconoscimento di uno status particolare della gente di qua? Uno status comune ad una terra di mezzo.
In forza del quale - e tanto per semplificare sul piano dell'aneddotica locale -  dire " vado a cior sigarete in Jugo" equivaleva a dire " vado fin in tabachin al Parco", non certo vado all'estero ed effettuo una operazione di importazione soggetta a limitazioni. E altrettanto valeva nella direzione contraria: la convenienza, l'opportunità, la necessità e mille altre ragioni muovevano flussi ininterrotti di cittadini con la propusnica ( mai chiamata lasciapassare, parola usata solo ai valichi da polizia e guardia di finanza).
Forse tutto ciò dipende dall'essere cresciuta in una famiglia  che aveva legami fortissimi di amicizia con persone che all'anagrafe risultavano cittadine yugoslave prima e slovene poi.
Nessuna relazione ci fu mai impedita dall'esistenza del confine, a volte  (ma decenni fa) era solo richiesto un minimo di organizzazione aggiuntiva quando si andava in visita a casa di amici portando in dono pacchi di pasta,riso, medicine, caffè e pezzi di ricambio per la lavatrice.
Una delle foto che conservo gelosamente raffigura un grande amico, Ciril Jonko, sindaco di Bovec-Plezzo-Flitsch-Pleç, agli inizi degli anni 60, che  stringe cerimoniosamente la mano a Juri Gagarin arrivato in visita fin nel piccolo paese sotto il Kanin (in realtà il sindaco era altissimo e Gagarin di bassa statura,quindi io credo l'abbozzo di inchino fosse inevitabile).
Ero allora una ragazzina alla quale Ciril spiegava  con pacata ironia ( e con quel meraviglioso italiano sempre grammaticalmente invidiabile,reso un pochino cerimonioso ma molto charmant dall' accento tra il tedesco e lo slavo) il sistema dei piani di produzione che rendeva grato il fatto che noi, da Gorizia, si andasse in vacanza a casa sua portando un cospicuo numero di lampadine introvabili in paese. Ma poi si andava a raccogliere susine nel frutteto verso la Koritnica, che le sue sorelle Mimi e Rezi dovevano fare gli gnocchi di patate ripieni ( con burro pangrattato e cannella) per tutti.
Insomma: nella mia personale esperienza, l'ingresso della Slovenia nell'UE, l'epocale evento del 2004 e il fisico abbattimento delle linee di confine ( sapete vero che erano un colabrodo e c'erano mille punti dove si sconfinava senza accorgersene, che quando c'erano militari di presidio si scambiavano sorrisi e sigarette...) sono stati innanzitutto fatti prodotti innanzitutto da noi cittadini di questa terra e insieme riconoscimento dell'evoluzione darwiniana.
Le ipotesi di innalzare barriere anti migranti è, a parte l'assurdità e l'indegnità dello scopo, prodromico a rifondare la separatezza e negare l'evoluzione. Non sto neanche a dire quanti si rivoltano nelle loro sepolture.
Dico solo che non lo permetteremo, da goriziani, novogoriziani,gente delle valli dell'Isonzo e del Vipacco, del Collio e del Carso, italiani, sloveni, europei; e se non bastano le classificazioni fornite, diciamo che l'umanità tutta deve andare avanti, e mai nessuno deve farla tornare indietro, tanto più quando sappiamo bene cosa ci siamo lasciati alle spalle nel recente passato novecentesco.https://www.facebook.com/events/701349270285839/

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