Z come Zian: ovvero gli ultimi saranno i primi.Si conclude, oggi, con Mariano Zian la presentazione degli artisti che hanno aderito alla iniziativa benefica “Ritratti e bestialità di corte”. Ventidue quadri che sono stati esposti da maggio ad oggi, nelle sale di Borgo Colmello a Farra d’Isonzo.
di Marilisa Bombi
Mi fa piacere che questa carrellata si concluda con Mariano, amico di sempre, ed i cui disegni hanno per lungo tempo decorato la tavernetta della mia infanzia dove – negli anni ’60/70 – ci ritrovavamo per provare i passi di twist ed hully gully. Insomma, ai tempi pre shake, il cui è tutto dire.
Mi fa piacere che questa carrellata si concluda con Mariano, amico di sempre, ed i cui disegni hanno per lungo tempo decorato la tavernetta della mia infanzia dove – negli anni ’60/70 – ci ritrovavamo per provare i passi di twist ed hully gully. Insomma, ai tempi pre shake, il cui è tutto dire.
Mariano Zian, goriziano quindi, che quarant’anni fa si è
trasferito a Tricesimo divenendo, di fatto, il Forattini friulano per
antonomasia. Anche se, a dire il vero, i personaggi di Zian sono ben più
definiti di quanto faccia il disegnatore romano, come è stato ben possibile constatare
dai numerosi disegni esposti lo scorso anno nella Corte dell’arte dell’infaticabile
Marina Legovini, nella mostra che di fatto ha celebrato il suo ritorno a casa,
se non fisicamente ancora, perlomeno intanto con lo spirito.
All’occupazione quale disegnatore e progettista di
arredamenti a Tricesimo, ha affiancato sempre quella della pittura. I suoi
primi dipinti sono datati 1971 (smalti su legno) e, ad oggi può vantare una
decina di mostre personali e collettive, con opere in olio, acrilico e tempera.
Anche se, ai più è noto per le vignette umoristiche che gli hanno consentito la
pubblicazione di ben cinque libri già da tempo andati esauriti.
Per la collettiva Mariano Zian ha scelto un tacchino, il
Dindio, insomma. E se ogni preferenza ha un senso, va esaltato il fatto che mai
decisione fu più appropriata, visto il carattere e la personalità dell’artista.
Ciò in quanto rappresenta il passare veloce e fugace dei propri possedimenti. Perciò
esso ci insegna che non vale a nulla accumulare più di quanto si abbia
necessità invitando a sacrificare il sovrappiù agli altri cosicché possano
anche essi vivere meglio gustando il sapore della vita.
Chi possiede questo tipo di energia, secondo la tradizione
degli indiani d’America, tende ad agire per il bene degli altri e della società
in maniera altruistica cosa che sorge dal fatto di riconoscere che Il Grande
Spirito è presente e vivo in ogni essere vivente e che esiste una legge
universale che asserisce che come noi doneremo agli altri anche altri un giorno
doneranno a noi.
L'insegnamento del tacchino quindi è la condivisione. E non
è un caso se viene usato come simbolo per la festa del ringraziamento in
America. Ciò in quanto i nativi americani indicarono ai padri pellegrini, quali
prodotti coltivare e quali animali allevare, ovvero granturco e tacchini, dopo
che la metà di loro non era sopravvissuta all’inverno, tenuto conto che i semi
importati non avevano dato alcun frutto vista la differenza di clima e terreno.
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