La Procura della Repubblica di Gorizia ha aperto un fascicolo sulla A2A.La Regione, tardivamente, attiva un Osservatorio Ambiente e Salute
di Martina Luciani
A Vado Ligure, pochi
giorni fa, la magistratura ha disposto la chiusura della centrale a carbone
imputata di essere causa di centinaia di decessi tra la popolazione e migliaia
di casi di varie patologie. A Gorizia, la Procura della Repubblica ha avviato
indagini sulla centrale A2A di Monfalcone, che già svariate ricerche scientifiche
hanno catalogato come un mostro che sputa un cocktail micidiale di metalli
pesanti e composti chimici volatili, e consente di appiccicare sulla carta
geografica in corrispondenza della città dei cantieri un bollino rosso fuoco
(così rosso che nemmeno la Ferriera di Servola se n’è meritato uno uguale), a
significare che gli equilibri naturali sono gravemente alterati dagli
inquinanti scaricati nell'ambiente ( vedi pag. 26 della Relazione Arpa 2013)
Con raro tempismo – viste
le notizie che fioccano sulla stampa locale a proposito delle infauste
conseguenze sulla salute pubblica da parte della centrale a carbone di
Monfalcone, e su quella nazionale a proposito della centrale di Savona -
proprio oggi, Sara Vito, assessore regionale all'Ambiente, e Maria Sandra
Telesca, assessore alla Salute, in una conferenza stampa che si è svolta nella
sede della Regione a Gorizia, hanno annunciato ( si legge in un comunicato)
“l'istituzione di un Osservatorio Ambiente e Salute regionale, per sviluppare
una vera e propria rete epidemiologica in Friuli Venezia Giulia ma anche per
coordinare indagini su aree specifiche che presentano particolari problematiche
di tipo ambientale e sanitario, come appunto Monfalcone.”
Si è anche saputo che la
Regione ha avviato una nuova campagna di biomonitoraggio dei licheni in collaborazione fra l'ARPA e l'Università di
Trieste.
L’assessore Vito ha
dichiarato che l'ultimo studio sui licheni risale infatti a una decina di anni
fa, a cui era ne seguito un altro promosso da privati. Curioso notare che
l’Arpa ha effettuato un campionamento di licheni in 72 stazioni, distribuite in
tutta la regione Friuli Venezia Giulia, tra marzo 2011 e ottobre 2012,
rendendone conto in un documento datato 2013 ( non si tratta dunque di 10 anni
fa), con indicazioni sconfortanti per l’area di Monfalcone. E che un altro
studio, probabilmente quello che la nota di Vito definisce “promosso da
privati”, è stato presentato poche settimane fa dalla Vescovini Group di
Monfalcone, gruppo che sta progettando un rigassificatore “mini” adiacente al
porto di Monfalcone. Una analoga ricerca ( qualcosa come 12 mila pagine),
effettuata in tre campagne tra il 1999 e il 2001, è stata a dormire fino al
2013 nei cassetti del Comune di Monfalcone, senza che gli ex sindaci Persi e Pizzolitto
sappiano spiegare perché.
I dati delle ricerche,
tutte quante, sono comunque spaventevoli. Cosa ci si aspetta da una nuova
ricerca? Che ci dica che l’aria è salubre e Monfalcone è un bel posto dove far
crescere i figli? Possibile che solo la magistratura tema parole come piombo,
mercurio, vanadio, cromo? Che solo un procuratore della Repubblica sappia
associar loro gli aggettivi TOSSICO e CANCEROGENO?
Non ci tranquillizza il
fatto che solo ora, 13 anni dopo la prima ricerca e i relativi allucinanti
risultati, la Regione decida di avviare un controllo sulla popolazione: sulle
malattie con cui bisogna lottare strenuamente, sui cancri che ti portan via,
sugli aborti, sull’asma dei bambini…. Che ci confermerà quanto sappiamo già:
oltre che a causa dell’amianto, a
Monfalcone e dintorni ( cioè Doberdò, Duino, Jamiano e via dicendo, come tira
il vento) la salute delle persone e le condizioni dell’ambiente finora non
hanno avuto alcuna importanza.
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