venerdì 8 maggio 2020

Ehi popolo, vi siete dimenticati dell'idra a sette teste? Cioè le compagnie telefoniche. Che ancora ci devono rimborsi delle fatture a 28 giorni

Tra i fenomeni che il piccolissimo Covid-19 ha prodotto, c'è la scomparsa dal dibattito pubblico di alcune questioni, come il rimborso ai consumatori dei 28 giorni erosi dalle compagnie telefoniche, definitivamente imposto come automatismo di massa dal Consiglio di Stato con sentenza 879 del 2020, depositata il 4 febbraio scorso. Voi avete visto il rimborso in bolletta? Io no.


di Martina Luciani

E' una sorta di schiavitù, dai meccanismi oscuri e pertanto ai quali è difficile sottrasri, quella deicittadini nei confronti delle compagnie telefoniche. La faccenda dei rimborsi dei 28 giorni è una di queste.
La storia,lunga,ed eloquente per delineare i rapporti di forza che ci vedono come consumatori troppo spesso soccombenti o per rassegnazione inerti: tra il 2015 e il 2016, i  big della telefonia - per quello che mi riguarda TIM - si erano inventati la fattura dei consumi a 28 giorni, piluccando a circa 12 milioni di cittadini (cifra di Altroconsumo) ingenti somme "spalmate" sulle diverse bollette e tuttavia tali da configurare praticamente esborsi pari alla 13 bolletta.
Un artificio da maghi del tempo, commercialmente ed eticamente di una volgarità e arroganza inusitate. La truppa dei Davide, capeggiata dalle associazioni consumatori e prontamente sostenuta dall'AGCOM, ha reagito contro i Golia, vincendo la partita, nonostante le truppe in assetto di guerra schierate per difendere gli enormi profitti incassati e quelli da incassare.
Si è cominciato dall'obbligo imposto dall'AGCOM alle compagnie di tornare alla fatturazione mensile effettiva.
Successivamente, la banda bassotti composta da Tim, Vodafone, Wind -Tre e Fastweb si è beccata una super multa di 228 milioni di euro comminata dall'Antitrust per aver fatto cartello e annullato la concorrenza.
Questo perchè è stata accertata "un’intesa anticoncorrenziale tra le compagnie relativa al repricing effettuato nel ritorno alla fatturazione mensile": infatti, i quattro operatori, tornati volenti o nolenti  a fatturare 12 mensilità, avevano fatto i furbi, cioè avevano coordinato le proprie strategie commerciali e aumentato unilateralmente le tariffe di telefonia fissa dell’8,6%. Cosicchè il costo annuale imposto ai consumatori con il trucco dei 28 giorni era rimasto tal quale. Insieme al profitto garantito. Ma è una vittoria senza il profumo degli allori, perchè rimaneva il problema dei rimborsi di quanto sottratto dalle nostre tasche.
E qua la creatività delle compagnie ha raggiunti vette impensabili ai comuni mortali: sono cominciati suadenti, e inquietanti, tentativi di evitare di tirar fuori sonanti eurini e restituirli ai consumatori, offrendo servizi e benefici il cui valore per gli operatori è intuitivamente ben inferiore a quanto effettivamente dovuto.
Chimere, ammantate degli scintillii che ottime strategie di marketing hanno diffuso davanti agli occhi frastornati degli utenti. Chi ha accettato, ha rinunciato ai rimborsi.
Chi non ha accettato è rimasto in attesa del pagamento del suo credito.
Poi, all'inizio di febbraio 2020, quando la fifa di morire per Coronavirus cominciava a serpeggiare stravolgendo le capacità di vigilanza e gli interessi di moltissimi, comprensibilmente dirottandoli su altre questioni, il Consiglio di Stato si pronuncia.

Ribadisce innanzitutto che la periodicità temporale d'uso per i pagamenti nei contratti di somministrazione continuativi di beni (energia, gas, acqua) e di servizi (telefonia fissa) è sempre stata il mese o suoi multipli (p. es., il bimestre o il trimestre);che anche il legislatore UE reputa un dato di fatto ovvio, ossia un patrimonio di conoscenza comune della collettività per i contratti a prestazioni continuative a cadenza fissa, che il parametro ordinario di riferimento sia appunto il mese solare.

Definisce sleale la strategia degli operatori telefonici, perché "indusse l’utente, grazie all’apparente piccolo scarto tra 28 giorni e mese intero, a sottovalutare tal sottile discrepanza e non cogliere fin da subito il predetto aumento. Invero la clausola sulla nuova cadenza di fatturazione sembra impedire o, comunque, rende più difficile all’utente rappresentare a se stesso e con la dovuta immediatezza come, attraverso la contrazione della periodicità di tariffazione, il gestore telefonico percepisce, nel corso di un anno, il corrispettivo per 13, anziché per 12 volte. Né basta: la scelta a 28 giorni limitò drasticamente la possibilità di reperire offerte basate su termini temporali mensili e rese difficoltoso, se non inutile, l’esercizio del diritto di recesso, non essendo più reperibili sul mercato alternative diverse da quella così adottata. L’anomalia era legata al riscontro, da parte degli utenti, di un aumento dei prezzi delle tariffe telefoniche con modalità non trasparenti in seguito alla nuova e contemporanea rimodulazione dell’offerta."

Ribadisce che "se una pratica commerciale utilizzata da un operatore costituisce, nel suo insieme e in ragione delle singole modalità di sviluppo, il presupposto idoneo ad ingannare in qualsiasi modo le scelte del consumatore, o a fuorviarle inquinando la sua libera scelta, essa va ricondotta nella categoria delle pratiche scorrette (cfr. Cons. St., VI, 4 marzo 2013 n. 1259; id., 25 giugno 2019 n. 4359; id., 2 settembre 2019 n. 6033)."

I cittadini, soggetti deboli quando addirittura del tutto apatici, vanno concretamente tutelati ( si chiama tutela amministrativa dei diritti o public enforcement) senza che si possa ravvisare una violazione del diritto costituzionale alla libertà di iniziativa economica, perchè l'esercizio di questa può essere legittimamente limitato quando contrasti con l'utilità sociale.
Quindi va confermata la statuizione dell'AGCOM ( iperbolicamente accusata dalle compagnie di "farsi giustizia da sè") a proposito dell'attuazione a favore degli utenti della "TUTELA INDENNITARIA DIFFUSA ED AUTOMATICA PREVISTA DALLA LEGGE", "a favore di tutti e ciascun utenti, a fronte di violazioni generalizzate che pregiudicarono una moltitudine di utenti mediante un’unica e identica condotta da parte dei più rilevanti operatori di telefonia."

Conclusione, incastonata come una pietra lucente nel mantra solidale "ce la faremo tutti assieme" I rimborsi automatici non sono ancora partiti. I consumatori sono incerti, intanto le compagnie si tengono in banca i soldi.
Visto che mi riguarda, che fa Tim ( appena sanzionata - 116 milioni di euro e spiccioli - per abuso di posizione dominante dall'AGCOM, avendo la compagnia ritardato nelle aree dove ce ne sarebbe stato più bisogno lo sviluppo della fibra nella sua forma più innovativa, ovvero l’FTTH; ma pagheranno ad ottobre, vista la crisi economica causata dall'emergenza sanitaria)?

Tim ha una bella pagina sul proprio sito, impostata con un tono sollecito, quasi affettuoso (e proprio tanto contradditorio con l'immagine del robot messo accanto, ben piantato e pronto ad agire con il pugno che si solleva) dove sembra qualcosa possa accadere, ma in realtà si profila, senza peraltro svilupparsi, quel percorso di "richiesta di rimborso" che AGCOM e Consiglio di Stato hanno escluso in favore dell'automatismo generalizzato.
L'altra chance è chiamare il 187: ma non ho voglia di discutere di diritti e sentenze con un operatore telefonico, vittima pure lui della stessa compagnia, presumo costretto da un dictat aziendale ad essere evasivo e inconcludente.
Quindi segnalate la vostra personale situazione all'Autorità garante della concorrenza e del mercato (https://www.agcm.it/servizi/segnala-on-line) o almeno attraverso un sito di tutela dei consumatori.












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