Riaprire le case chiuse per combattere lo sfruttamento della prostituzione, sopratutto minorile
di Rodolfo Ziberna
(consigliere regionale PDL)
Nel
1987 avevo redatto e presentato per il tramite di un parlamentare una proposta
di legge nazionale, che aveva lo scopo di disciplinare il fenomeno della prostituzione
- femminile e maschile - al fine, soprattutto, di arginarlo e di combattere il
suo vergognoso sfruttamento da parte di quell’indotto criminale che, senza
scrupoli, non esita a coinvolgere anche minorenni, ad usare la violenza fisica,
il terrore e ad investire il profitto di questa attività criminale in altre
attività illecite.
L’iniziativa
era supportata anche da un sondaggio, condotto nei quattro capoluoghi della
nostra regione, dal quale emergeva che l’80% degli intervistati sarebbe stato
favorevole alla riapertura delle “case
chiuse”.
Già
in quell’epoca il fatturato complessivo della prostituzione in Italia superava
i centomila miliardi di lire all’anno e coinvolgeva oltre cinquantamila donne,
tra professioniste e saltuarie. Oggi, naturalmente, questi dati sono largamente
superati.
Dopo
alcuni mesi di interesse dei media nazionali e regionali, l’argomento è
rientrato nel dimenticatoio nazionale. Forse i tempi non erano ancora maturi.
La
politica adottata dai Governi nazionali è sempre stata quella del “non vedo,
non sento, non parlo”, preferendo negare l’esistenza di un fenomeno che stava
dilagando, anziché affrontarlo.
Oggi
è ora di dire basta. Alla prostituzione “nostrana” si è aggiunta in misura
rilevantissima quella extracomunitaria, portando con sé una scia di criminalità
e di sfruttamento oltre ogni limite di tollerabilità per qualsiasi società
civile. E’ un fenomeno gigantesco che coinvolge circa 50-70.000 prostitute, di
cui la maggior parte straniera, con un fatturato superiore ai 5 miliardi di
euro.
Gli
interventi da adottare, che competono per legge solo al Parlamento nazionale,
devono prioritariamente mirare ad impedire, con un inasprimento delle pene, la
piaga della prostituzione minorile e dello sfruttamento e dell’induzione di
ogni forma di prostituzione. Quindi vanno create le condizioni affinché chi si
prostituisce possa scegliere diverse opportunità.
I
sindaci delle città maggiormente colpite da questo fenomeno, stante
l’inefficienza ed inerzia dello Stato, sono costretti ad adottare misure che
rientrano nelle rispettive competenze (contravvenzioni ai clienti per
rallentamento del traffico, allontanamento delle prostitute dalle strade del
territorio municipale, ecc.), ma che non affrontano alle radici il problema e
rimangono relegate tra le notizie “curiose” o provocatorie.
Il
fenomeno della prostituzione, per la sua complessità e per gli aspetti che esso
coinvolge, suscita comprensibilmente diversificate reazioni. Personalmente
ritengo che la prostituta non solo non vada criminalizzata, ma vada invece
tutelata e, soprattutto, difesa da chi la sfrutta o da chi la induce a
prostituirsi contro la sua volontà.
E’
solo a causa di una consolidata ipocrisia che nella nostra società,
indubbiamente ancora permeata da un radicato maschilismo, la prostituta viene
vista come una reietta della comunità.
Nell’indagine
che avevo svolto era emerso che la maggior parte delle prostitute intervistate
aveva scelto quella professione non per mancanza di altre opportunità
professionali, bensì perché immensamente più remunerativa. La loro aspirazione
era quella di esercitare per alcuni anni, quindi di esercitare altre attività
con il ricavato della prostituzione.
Vi
sono lavoratori che vendono le proprie braccia, il proprio ingegno, la propria
abilità professionale o artigianale ed altre, come le donne e gli uomini che si
prostituiscono, che offrono a chi lo chiede la propria compagnia e prestazioni
sessuali. E’ solo frutto di falsa ipocrisia e di retaggio culturale continuare
a criminalizzare chi si prostituisce per libera scelta. E, ma solo
incidentalmente e marginalmente perché non è questa la ragione primaria, non va
sottovalutata l’opportunità di tassare questi profitti, che porterebbero
all’erario diversi miliardi di euro all’anno!
Una prostituta
tedesca o olandese è una lavoratrice a tutti gli effetti: paga le tasse, è
sindacalizzata ed ha persino la possibilità di denunciare comportamenti dei
propri clienti ritenuti ai limiti del possibile. Una prostituta italiana lavora
a nero, è sfruttata da cartelli criminali e non ha garanzie di alcun tipo,
prima tra tutte quella di ribellarsi a soprusi o denunciare atti illegali. E’
vittima della criminalità, ma anche del suo stesso Paese, che chiude gli occhi
davanti al problema, riducendo il mercato nero della prostituzione allo stesso
livello del mercato nero delle droghe.
E’
difficile per la nostra politica nazionale ergersi ad argine della moralità
pubblica, mentre i suoi protagonisti offrono una immagine di sé assai più
“immorale”. Lo stesso Stato che fabbrica quelle sigarette che producono 80 mila
morti all’anno solo in Italia o che legalizza il gioco d’azzardo che crea
dipendenza e che ha gettato migliaia di famiglie nella disperazione non può
essere lo Stato che si erge a paladino della moralità! E poi, chi è più
immorale tra chi si prostituisce ed un colletto bianco di una multinazionale o
di una banca che fa fallire aziende e provoca il suicidio di imprenditori o
manda famiglie sul lastrico?!
La
nostra Regione, ora, vista l’incapacità dello Stato, potrebbe promuovere un
referendum abrogativo della Legge Merlin e porre in essere accorgimenti non che
possono risolvere il fenomeno, stante la sua incompetenza nella materia penale,
ma quantomeno cercare di affrontarlo in modo organico.
Attendo
di vedere che seguito avrà questa proposta: è facile avere delle idee, ma è
molto più difficile avere il coraggio di difenderle!
1 commento:
sono proprio d'accordo!
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