A partire dalle gole del fiume tibetano Tsangpo, che poi diventa Brahmaputra, un viaggio nella geografia sacra accompagnati da piante enteogene, cioè con la divinità dentro: con due libri, "Dietro le cascate" di Jan Baker (Corbaccio 2006) e " La botanica del desiderio" di Michael Pollan (Il Saggiatore Tascabili 2009)
di Martina Luciani
Al Paradiso, giardino lussureggiante e incantato dove lo
spirito realizza la pienezza-vuotezza dell’assoluto (o, se lo preferite,
qualche altro tipo di beatitudine) ci si arriva grazie ai prodigi di piante
ricche di esoteriche virtù oltreché di principi chimici psicoattivi.
Lo sostengono in maniera più o meno criptica testi delle più
diverse provenienze geografiche e culturali e delle più diverse epoche , lo
insinuano tra le righe celebri trattati di giardinaggio , lo sospettano i
botanici, non lo dicono – ma probabilmente lo pensano – i chimici. Lo sanno da
sempre gli esseri umani e i loro sacerdoti o sacerdotesse.
Che le si chiami piante, e funghi, psicotrope o psicoattive o semplicemente piante magiche, la differenza non è sostanziale: il problema è trovarle e saperle utilizzare nella prospettiva della ricerca del divino.
Che le si chiami piante, e funghi, psicotrope o psicoattive o semplicemente piante magiche, la differenza non è sostanziale: il problema è trovarle e saperle utilizzare nella prospettiva della ricerca del divino.
Le ha cercate anche Ian Baker, autore di “ Dietro le
cascate”, emozionante racconto – con annesse e ugualmente avvincenti
divagazioni scientifiche, esoteriche e storiche – dell’esplorazione, negli anni
Novanta, delle gole del fiume tibetano Tsangpo ( che poi si chiama Brahmaputra
nelle pianure indiane) e sulla mappatura di una geografia sacra, visibile e non
visibile, del tutto incompatibile con quella brutalmente posseduta da
qualsiasi satellite ficcanaso.
L’obbiettivo delle spedizioni tibetane di Baker non erano in
verità le piante magiche, ma una cascata incastrata nel luogo più inaccessibile
della terra ( una gola che si calcola sia profonda 5340 metri e lunga 310
miglia), rebus irrisolto di generazioni di esploratori occidentali. Tra reconditi anfratti, secondo i sacri testi tibetani, si trova un pertugio oltrepassato
il quale c’è il più eccelso dei Beyul, sacri e paradisiaci luoghi nascosti,
nascosti così bene da farci dubitare si trovino in una dimensione parallela
alla nostra. Ma già che c’era, a faticare in quei luoghi remoti e impregnati di mistero, Baker buttava un occhio lungo gli impervi sentieri: si era ben documentato su antichi testi, le descrizioni delle cinque piante magiche della Terra Nascosta del Pemako non gli mancavano, così come le istruzioni per tentare la pur difficilissima ed iniziatica ricerca, oltreché per il successivo utilizzo, promettente di eccezionali beatitudini e di esperienze in regni celestiali. Trovarne almeno una! Magari, dico io, tra le cinque quella che consente di volare senza abbandonare il corpo fisico, dal fiore che pare di corallo lucidato con l’olio,che profuma di legno di aloe ed ha il gusto piccante del cumino,tre soli petali che paiono un falco in volo e foglie dalla forma di un pavone con il petto di lapislazzuli.
Tuttavia , in mezzo al trionfo di specie botaniche già
catalogate e importate in Occidente – in particolare nei giardini inglesi –
dagli esploratori vittoriani e edoardiani, Baker si è dovuto accontentare di
rintracciare pochi funghi allucinogeni. Alcuni passaggi dell’avventurosissimo
libro di Baker – laddove ci spiega che l’immaginazione per la teoria buddista
non trasforma ma rivela ciò che già esiste; e le piante magiche offrono un ponte nello
spazio vuoto tra ciò che immaginiamo sia reale e ciò che realmente lo è –
richiamano una audace insinuazione e ad una provocatoria affermazione contenuta
in “La botanica del desiderio” di Michael Pollan, nel capitolo dedicato alla marijuana.
( libro poco rispetto gli altri pubblicati da Adelphi)
Le piante e i funghi che gli etnobotanici chiamano
enteogeni, cioè con “la divinità dentro”, hanno permesso agli uomini di tutte
le civiltà del pianeta di compiere esperienze spirituali ed estatiche così
significative da introdurre nel mondo terreno il concetto del soprannaturale,
del divino : quindi solo dopo aver gettato un ponte ( eccolo di nuovo, il ponte
offerto dalle piante magiche) tra materia e spirito, si è determinato il flusso
continuo con cui molte religioni consentono di accedere in maniera più stabile
ed organizzata al trascendente.
Pollan ( fattasi venire la voglia di scrivere prossimamente
una storia naturale delle religioni – a partire dall’arcaico culto del soma,
sostanza dai poteri divini probabilmente a base di Amanita Muscaria) afferma
poi che le piante psicoattive hanno un legame strettissimo con la letteratura,
filosofia,poesia, pittura, musica, invenzioni …
E poiché inducono a vedere le cose in maniera diversa, a rivoluzionare costrutti e teorie, a produrre intuizioni, ispirazioni e a generare nuovi modelli di pensiero, svolgono un ruolo determinante sull’evoluzione della cultura dell’uomo. Sospetta persino, autoaccusandosi astutamente di empietà, che forse Platone non ci avrebbe lasciato la sua Metafisica senza aver prima sperimentato sostanze di origine vegetale che alterando la coscienza spalancavano dimensioni ultra sensoriali e consentivano visioni e comprensioni altrimenti improbabili anche per la mente di un genio. Del resto, il grande filosofo partecipava ai segretissimi Misteri Eleusini, rituale collettivo ( ci andavano anche Aristotele, Socrate, Eschilo e altri dello stesso calibro intellettuale) durante il quale gli iniziati assumevano una pozione allucinogena che oggi si pensa funzionasse grazie alla presenza di un alcaloide prodotto dalla Claviceps purpurea, una muffa della segale dalla viene tratto il contemporaneo LSD e che fu responsabile di terribili epidemie di ergotismo nell’Europa medioevale.
Ho avuto modo di utilizzare questa interpretazione di Pollan mentre aiutavo mia figlia a studiare Platone: avere del sommo filosofo greco una visione trasgressiva giusto quel tanto da portarla giù dall'empireo dell'elaborazione filosofica, ha reso in qualche modo più accessibile ad una liceale adolescente il periglioso procedere del suo pensiero.
Ebbi il piacere l'anno scorso di incontrare Pollan, al Festival della Letteratura di Mantova, e di raccontargli dell'importanza a fini didattici delle sue affermazioni su Platone e sugli altri habituè dei riti eleusini. Mi guardò strano, per una frazione di secondo, ma poi i suoi azzurrissimi occhi iniziarono a scintillare di malizia e allegria, appena temperate dalle educate espressioni di apprezzamento per una così approfondita lettura della sua Botanica.
E poiché inducono a vedere le cose in maniera diversa, a rivoluzionare costrutti e teorie, a produrre intuizioni, ispirazioni e a generare nuovi modelli di pensiero, svolgono un ruolo determinante sull’evoluzione della cultura dell’uomo. Sospetta persino, autoaccusandosi astutamente di empietà, che forse Platone non ci avrebbe lasciato la sua Metafisica senza aver prima sperimentato sostanze di origine vegetale che alterando la coscienza spalancavano dimensioni ultra sensoriali e consentivano visioni e comprensioni altrimenti improbabili anche per la mente di un genio. Del resto, il grande filosofo partecipava ai segretissimi Misteri Eleusini, rituale collettivo ( ci andavano anche Aristotele, Socrate, Eschilo e altri dello stesso calibro intellettuale) durante il quale gli iniziati assumevano una pozione allucinogena che oggi si pensa funzionasse grazie alla presenza di un alcaloide prodotto dalla Claviceps purpurea, una muffa della segale dalla viene tratto il contemporaneo LSD e che fu responsabile di terribili epidemie di ergotismo nell’Europa medioevale.
Ho avuto modo di utilizzare questa interpretazione di Pollan mentre aiutavo mia figlia a studiare Platone: avere del sommo filosofo greco una visione trasgressiva giusto quel tanto da portarla giù dall'empireo dell'elaborazione filosofica, ha reso in qualche modo più accessibile ad una liceale adolescente il periglioso procedere del suo pensiero.
Ebbi il piacere l'anno scorso di incontrare Pollan, al Festival della Letteratura di Mantova, e di raccontargli dell'importanza a fini didattici delle sue affermazioni su Platone e sugli altri habituè dei riti eleusini. Mi guardò strano, per una frazione di secondo, ma poi i suoi azzurrissimi occhi iniziarono a scintillare di malizia e allegria, appena temperate dalle educate espressioni di apprezzamento per una così approfondita lettura della sua Botanica.
P.S. Alcune piante magiche su cui cominciare a riflettere
sono raccolte nel Civico orto botanico di Trieste, in un assai suggestivo
giardino che si ispira alle forme ed al simbolismo delle tradizioni esoteriche
tra Oriente e Occidente.
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