Certo, Gorizia è un caso, lo dice anche Retequattro, dimenticando un po' di pagine di storia: la vanità pluridecennale di città ponte tra est e ovest, la vocazione di snodo tra economie e sistemi politici diversi, l'essere per attitudine geografica il mercato dove si mescolano le merci e le genti, la confluenza e l'osmosi di civiltà e tradizioni, il laboratorio dove culture diverse producono tolleranza e rispetto reciproco.
Oggi nulla di tutto questo traspare nelle modalità con cui viene descritta la situazione dell'immigrazione.
di Martina Luciani
Oggi veniamo a sapere ( oltre alle delizie televisive di volti rancorosi che nulla esprimono in termini di appartenenza culturale oltre le meschine e trite invocazioni ad essere salvati dal diverso che li minaccia) che alcuni uomini si sono recati al Parco della Rimembranza e con la scusa vilissima di lavare le coperte ai profughi gliele hanno sottratte e mai più restituite. Così altri indispensabili strumenti della lussuosa accoglienza profughi, insieme a quelli già mandati al macero qualche tempo fa, non ci sono più.
In aggiunta, accade che giovinastri ( eh, ma son ragazzi, ovvio) nottetempo intimoriscono i richiedenti asilo al bivacco, strappando coperte e sparpagliando le loro cose. Che una goriziana evidentemente non del tutto consapevole si aggira minacciosa in zona Espomego per riportare ordine e disciplina, dopo che già è stata pizzicata sere fa dalla polizia ad inseguire dei richiedenti asilo armata di un coltello. Che qualcuno chiede ai ragazzi che ricaricano i cellulari ad una presa di corrente in stazione un pagamento per questo "servizio".
Parallelamente ci si preoccupa, dall'alto del pulpito mediatico, di quant'è pericoloso attraversare l’Isonzo per allontanarsi il più possibile da una civiltà che ti respinge in ogni modo possibile: ma diamo forse ai richiedenti asilo una qualche altra opportunità per non incorrere nella violazione dell’ordinanza antibivacco?