mercoledì 11 marzo 2015

Riforma enti locali in FVG. La LR 26/2014 e la nuova governance necessaria



Quando di tratta di erogare servizi non sempre "piccolo è bello". La necessità di collaborare, pertanto, tra più enti al fine di offrire a cittadini ed imprese professionalità altrimenti impossibili, consiglia di "utilizzare" al meglio le possibilità previste dalla nuova legge regionale.

di Marilisa Bombi

Nel terzo millennio andrebbe considerato se il medesimo sistema di governance che attualmente regola l’organizzazione delle istituzioni pubbliche (Stato, regioni, province e comuni) sia l’unico possibile. Ciò in quanto l’esercizio delle funzioni, proprio nel rispetto dei principi costituzionali di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, potrebbe essere meglio garantito anche da nuovi soggetti giuridici.
E’ stato questo l’incipit del prof. Leopoldo Coen, vicedirettore del Dipartimento di Scienze Giuridiche dell'Università degli Studi di Udine e docente di diritto amministrativo, intervenuto martedì sera al centro Bratuz di Gorizia per illustrare gli obiettivi della legge regionale 12 dicembre 2014, n. 26, di “Riordino del sistema Regione-Autonomie locali nel Friuli Venezia Giulia. Ordinamento delle Unioni territoriali intercomunali e riallocazione di funzioni amministrative.”
La legge, come è stato ricordato nella presentazione dell’incontro, "Riforma enti locali: rivoluzione, boomerang, opportunità?" patrocinato da SEL, IDV, Rifondazione, PD e l'associazione Forum cultura, e moderato dall'avvocato Silvano Gaggioli, presidente dell’Ordine degli avvocati della provincia di Gorizia, registra già due importanti steps: l’esame, ai fini della valutazione della legittimità costituzionale della legge 26, nella seduta del 10 febbraio scorso del Consiglio dei Ministri, ed il giudizio positivo del Consiglio delle autonomie locali, espresso nella seduta del 25 febbraio alla delibera 180 della Giunta regionale di proposta di piano di riordino territoriale. Tale piano, per la provincia di Gorizia, individua due aggregazioni: l’ Unione del Basso Isontino con i comuni di Doberdò del Lago, Grado, Fogliano-Redipuglia, Monfalcone, Ronchi dei Legionari, San Canzian d’Isonzo, San Pier d’Isonzo, Staranzano, Turriaco; con 70.263 abitanti e l’Unione dell’Alto Isontino con Capriva del Friuli, Cormòns, Dolegna del Collio, Farra d’Isonzo, Gorizia, Gradisca d’Isonzo, Mariano del Friuli, Medea, Moraro, Mossa, Romans d’Isonzo, Sagrado, San Floriano del Collio, San Lorenzo Isontino, Savogna d’Isonzo, Villesse con 69.880 abitanti.
Relativamente alla nuova legge che il prof. Coen ha affermato è legge in vigore e pertanto va “usata”, è necessario comunque edificare gli altri pilastri sui quali si deve poggiare il nuovo assetto: la riforma della finanza locale, la reale attuazione del comparto unico per il personale unitamente alla riorganizzazione degli apparati e della stessa Insiel.
Sta di fatto, ha sottolineato Coen, che non c’è prospettiva di sviluppo se non c’è una pubblica amministrazione efficiente che dialoga con cittadini ed imprese; e certamente non lo può essere un piccolo ente nel quale i funzionari si occupano di più materie; come non può essere efficiente una regione che svolge funzioni di irrilevante interesse, mentre dovrebbe occuparsi di piani e di programmazione. Perché, in assenza di questi, si naviga a vista, decidendo di volta in volta, com’è il caso – ad esempio – del piano energetico.
Per dare servizi di qualità, in sostanza, è necessario fare massa critica mettendo insieme uffici e competenze consentendo la specializzazione del personale. Ma la gestione associata delle funzioni, vista l’esperienza non positiva delle associazioni dei comuni già prevista dalla legge 142/2000, comporta necessariamente la riconsiderazione della governance e, in tal senso, la l.r. 26/2014 individua le unioni territoriali che non sono nuovi enti bensì soggetti giuridici che consentono l’esercizio delle funzioni comunali in forma aggregata, ovvero dall’insieme dei comuni.
L’ampio dibattito che ha fatto seguito alla relazione illustrativa ha confermato, comunque, l’esistenza di posizioni critiche nei confronti della legge, al punto che si va concretamente profilando l'organizzazione di un referendum abrogativo: secondo alcuni, la nuova normativa determinerebbe deficit di democrazia, ponendo in secondo piano il ruolo dei consigli comunali e del meccanismo elettivo che ne determina la formazione. Opinione questa non condivisa dal relatore, il quale ha rilevato come invece, a suo avviso, il ruolo del consiglio comunale ne esca rafforzato e che le emergenze democratiche sussistono invece quando i bisogni di una comunità non vengono soddisfatti.
L’allegato alla delibera 180/2015 è disponibile cliccando qui

1 commento:

Anonimo ha detto...

a me sembra che questa riforma aggiunga, anzi aumenta, la confusione che regna ormai da anni in Italia. la casta ha voluto dare un segnale al popolo eliminando le province, senza uno studio della loro incidenza sui costi (degli amministratori? dei dipendenti che comunque resteranno perchè non possono giustamente essere licenziati) e sulla sostituzione dell'ente intermedio (chi e come gestiranno le strade, le scuole, le problematiche ambientali, i musei, la lista è lunga), non solo ma viene meno anche la ripartizione "provinciale" di enti e servizi la cui sostituzione con gli uti non è certo automatica (es le m.c.t.c., le c.c.i.i.a.a., ecc.). Si fa presto a parle in teoria di programmazione e razionalizzazione, ma se non c'è un disegno politico onesto, condiviso e finalizzato realmente al bene comune (e non solo gattopardescamente) la realtà di fatto non solo non cambierà ma sicuramente peggiorerà. Il problema è politico, non istituzionale: si cambino prima la classe politica, le sue regole e il suo asservimento alle lobbies economiche, poi si potrà parlare di riforem. s. cosolo