domenica 9 ottobre 2016

A Borgo Colmello razzola il "Gallo" di Marina Legovini



Nell'ambito della collettiva, a scopo benefico, "Ritratti e bestialità di corte" che si sta svolgendo a Farra d'Isonzo, Borgo Colmello, espone anche Marina Legovini.


di Marilisa Bombi


La Francia di oltre 2 mila anni fa era occupata dai Celti, che i Romani chiamavano Galli. In guerra i Galli portavano sull’elmo due ali di gallo, simbolo della propria forza. Da questo simbolismo pagano discende il gallo quale emblema della Francia. E non è un caso, pertanto, il fatto che per la mostra Marina abbia scelto di rappresentare proprio un gallo. Perchè se c’è un'artista con la A maiuscola, che alla creatività coniuga entusiasmo, passione, generosità, disponibilità e l’elenco potrebbe ancora continuare, questa è Marina Legovini. Una donna che invidio per le mille cose che riesce a fare. E tutte bene. Una donna eclettica che ha fatto dell’arte il suo mondo, a 360 gradi. Dall’insegnamento, nella sua più pura accezione del termine che è la condivisione della conoscenza, alla promozione di nuovi giovani artisti. Conoscerla, proprio un anno fa, in occasione di una mostra organizzata dal FUSAM, per richiederle la disponibilità a prestare un’opera, è stato il punto di partenza per un percorso di amicizia che viene alimentato di giorno in giorno, attraverso il confronto di idee, di esperienze, di emozioni.

Questa è la donna.
Marina Legovini artista, in senso stretto, opera a Gorizia in via Carducci nella Corte dell’arte dove anche, nello “Spazio” dedicato all’indimenticabile amica Alba Gurtner espone le opere dei suoi allievi, e non solo.
Di Marina, nel sito web  personale è possibile consultare il suo ricco curriculum personale e visionare le sue opere più recenti.
Anche se, a mio avviso, è stata a suo tempo la mitica Dora Bassi a raccontarci Marina Legovini, l'artista, nel modo migliore di quanto si possa fare
“Una volta le chiamavano "mani d'oro". Con mani così,tenacia e pazienza da artigiano di gran qualità, sete di bellezza, estro e fantasia, com'era prevedibile Marina Legovini ha sfondato il sottile diaframma che separa l'arte applicata dall'arte così detta “pura”, cioè senza fini pratici, lasciando che reciprocamente l'una dia nutrimento all'altra.
Dai forni dei laboratori di Calle Corona in Gradisca d'Isonzo uscivano a getto continuo smaglianti piatti di ceramica più adatti a decorare una parete che a contenere frutta e biscotti, e grandi vasi dal corpo perfetto che tutt'al più potrebbero reggere una rosa, ma indubbiamente vanno guardati come sculture. Nati come ricerca di forma assoluta, non richiedevano altri fronzoli perché bastavano a sé stessi. Vogliono essere semplicemente guardati.
Tanta tensione di bellezza, di perfezione, sigla anche le tele dipinte da Marina, facendo coincidere il suo fare arte con i modi di molte artiste, ieri trascurate e oggi continuo oggetto di studio, cioè un procedere che conquista la superficie del quadro millimetro dopo millimetro, con metodo, nitore, senza pentimenti, seguendo più che il gusto della sperimentazione un intimo progetto di conoscenza delle cose, indagate con la curiosità assorta di un bambino che penetra in ogni dettaglio e lo memorizza come evento magico. [...]

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