lunedì 31 ottobre 2016

Chiusure festive dei negozi: chi sfiderà la Regione?



Da 15 a 36 mila euro la sanzione per gli esercizi della grande distribuzione (con più di 5000 mq di superficie di vendita) che, sfidando la Regione, decideranno di rimanere aperti domani primo novembre. E, in caso di recidiva, è prevista anche la chiusura del negozio da un minimo di 5 ad un massimo di 20 giorni.


di Marilisa Bombi

Quanto una prova di forza contro lo Stato è sinonimo di capacità progettuale, di efficienza, di tutela di una Comunità? Se ci si dovesse limitare a prendere in considerazione la vicenda tragico-comica dell’obbligatorietà delle chiusure domenicali o comunque festiva imposta dalla Regione con la legge 4 di quest’anno la domanda sarebbe addirittura pleonastica. Ciò che comunque è certo e dimostrabile, è il fatto che i comuni sono stati lasciati da soli a fronteggiare una situazione che ha dell’incredibile, al solo riassumere gli eventi che si sono succeduti. Ed oggi i telefoni degli uffici regionali dai quali molti comuni speravano di avere anche solo un minimo di indicazioni operative, hanno suonato a vuoto.
1. Legge regionale 8 aprile 2016, n. 4, dal ridondante titolo: “Disposizioni per il riordino e la semplificazione della normativa afferente il settore terziario, per l’incentivazione dello stesso e per lo sviluppo economico” con l’articolo 1, ha disposto la chiusura generale di tutti i negozi nelle seguenti giornate festive: 1 gennaio, Pasqua, lunedì dell'Angelo, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1 novembre, 25 e 26 dicembre. L’obbligo decorreva dal primo ottobre di quest’anno. E ciò nell’auspicata ipotesi che a livello nazionale si procedesse in maniera analoga. Soprattutto in relazione al fatto che già la Corte costituzionale, nel decidere a proposito di leggi analoghe approvate da altre regioni, ne avesse dichiarata l’incostituzionalità, in relazione al fatto che la libertà di decidere se rimanere chiusi o alzare la serrande è una scelta di concorrenza la cui competenza è dello Stato e non delle regioni.
2. Infatti, il Presidente del  Consiglio  dei  Ministri (ovvero Matteo Renzi che è anche segretario del PD la cui vicesegretaria è la Presidente della Regione Debora Serracchiani) ha impugnato davanti alla Corte costituzionale la norma in questione; ciò in quanto “La disciplina uniforme degli orari e dei giorni di apertura degli esercizi commerciali attiene,  infatti,  alla  materia  «trasversale» della concorrenza,  di  competenza  esclusiva  dello  Stato;  sicche' l'autonomia  normativa  regionale,   neppure   speciale,   non   puo' esercitarsi in modo da incidere su tale disciplina.”.
3. E non è un caso, pertanto, se le modifiche proposte allo Statuto per il Trentino Alto Adige, contenute nel disegno di legge costituzionale 2220, presentato all’inizio di quest’anno, prevedono, appunto, l’assegnazione alle province delle competenze in materia commercio, ivi comprese l’urbanistica commerciale e  la  disciplina degli orari delle attività commerciali.
4. Alcuni comuni decidono, per dovere di correttezza, di informare gli operatori commerciali presenti sul territorio delle novità legislative in materia di orari ed una impresa impugna davanti al Tar FVG la nota in questione. Il tribunale amministrativo decide, con decreto del 27 ottobre, di accogliere l’istanza cautelare, sospende l’efficacia della comunicazione del Comune e fissa per la trattazione collegiale la camera di consiglio il prossimo 23 novembre. Anche se (nda) c'è da chiedersi sul senso dell'impugnativa, tenuto conto che l'obbligo della chiusura discende dalla legge e non dalla comunicazione del Comune.
5. Mentre pare che il vicepresidente della Regione Sergio Bolzonello abbia invitato i comuni a far rispettare l’obbligo di chiusura dei negozi, Federdistribuzione, l’associazione alla quale aderiscono le grandi strutture di vendita, per il tramite dei propri legali, ha inviato a tutti i comuni una nota, nella quale, invita “a voler consentire l’apertura degli esercizi commerciali nelle dieci giornate di chiusura indicate dall’art. 1 della L.R. n. 4/2016, a partire dal 1 novembre 2016 e per le successive giornate del 25 e 26 dicembre, 1 gennaio, Pasqua, Lunedì dell’Angelo, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1 novembre, 25 e 26 dicembre’ in attesa che la Corte Costituzionale riconosca l’illegittimità costituzionale della L.R. Friuli Venezia Giulia 8 aprile 2016 n. 4.” E aggiunge: “Un eventuale esercizio del potere sanzionatorio da parte degli Enti in indirizzo costituirà ragione di segnalazione del comportamento comunale all’Autorità Garante della Concorrenza e Mercato in quanto inteso a introdurre una grave discriminazione fra operatori commerciali operanti sul territorio friulano.”
Ma nel concreto, che succede se le serrande, contrariamente a quanto previsto dalla legge regionale, in odore di incostituzionalità, non vengono tenute abbassate?
Le sanzioni sono pesantissime e sono stabilite dal comma 5 bis dell’articolo 80 della legge regionale 29/2005, così come successivamente modificata.
In pratica: La violazione delle disposizioni in materia di giornate di chiusura degli esercizi di commercio al dettaglio in sede fissa, di cui agli articoli 29, 29 bis e 30, è punita con una sanzione amministrativa da 6.000 euro a 15.000 euro, qualora la violazione sia imputabile a esercizi con superficie di vendita fino a metri quadrati 1.500; con una sanzione amministrativa da 10.000 euro a 24.000 euro per esercizi con superficie di vendita superiore a metri quadrati 1.500 e fino a metri quadrati 5.000; con una sanzione amministrativa da 15.000 euro a 36.000 euro per esercizi con superficie di vendita superiore a metri quadrati 5.000.
Non solo, ma, come dispone il comma 11 del medesimo articolo 80,
In caso di recidiva, oltre all'irrogazione delle sanzioni amministrative previste dal presente articolo, aumentate fino a un terzo, il Comune dispone la sospensione dell'attività di vendita per un periodo compreso fra cinque e venti giorni. Qualora la recidiva riguardi la violazione delle disposizioni in materia di regime degli orari dell'attività di vendita al dettaglio in sede fissa di cui agli articoli 29 e 30, il Comune dispone la sospensione dell'attività di vendita da sette a trenta giorni. Qualora l'attività venga svolta durante questo periodo di sospensione, la fattispecie è equiparata all'esercizio di attività senza la segnalazione certificata di inizio attività o senza la prescritta autorizzazione.


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