mercoledì 25 febbraio 2015

Jobs Act: radiografia dell'inganno, tra tutele crescenti, ingranaggio dei contributi risparmiati, art.18 archiviato.



Una analisi dell'architettura normativa, incluse le conseguenze sulla pelle dei lavoratori, dei giovani e dei contribuenti tutti. La gestione del caso della Connecting People,nel rinnovo dell'appalto del Cara di Gradisca d'Isonzo, che sta per sfociare nella tragedia lavorativa e umana per  70 persone, potrebbe dimostrare sul campo gli effetti dei meccanismi e degli intenti del Jobs Act.
 

di Paolo Del Ponte

 

E’ il 3 il nuovo numero fortunato di Renzi e del suo scudiero, l’ineffabile ministro del lavoro Poletti, che vive costantemente in un dolorosissimo conflitto di interessi.  Per il momento accantonato l’80, nel senso di euro (anche perché sarebbe interessante sapere quanti italiani, realmente, abbiamo percepito   i famosi 80 euro) il nuovo cavallo di battaglia diventa l’utilizzo del 3 per una serie di provvedimenti. Ci riferiamo all’avvio del Jobs act (amichevolmente già definito “giobatto”) ed alle speranza occupazionali che tale provvedimento ha suscitato in tanti giovani, oltre che in Confindustria ed affini.
E’ opportuno ricapitolare brevemente:
1 - Con provvedimento del ministro di cui sopra, le assunzioni a tempo determinato possono ora protrarsi per tre anni. Un povero cristo può, quindi, essere assunto dalla stessa azienda per 5 volte nell’arco del triennio. 
2 -
Il famigerato contratto a tutele crescenti, di cui al “giobatto” appunto, ci mette 3 anni per poter lievitare ed esplicare in pieno le proprie “tutele”;
3 - ed infine sono 3 gli anni per i quali un’azienda che assume un lavoratore a tempo indeterminato, a partire dal 1 gennaio 2015, risparmia 8.060 euro all’anno di contributi previdenziali per ciascuna delle assunzioni.

Ora mescoliamo le tre situazioni e cerchiamo di capirci qualcosa.
E’ prevedibile che, nei prossimi mesi, avremo un improvviso aumento delle assunzioni a tempo indeterminato con grande sbandieramento mediatico del premier, che in questo è sicuramente il più bravo. Non è altrettanto sicuro che avremo un aumento netto di occupazione (sicuramente non significativo e probabilmente messo in secondo piano ) poiché è noto che il datore di lavoro assume quando ha qualcosa da far fare al suo dipendente, certamente non per la ragione che questo semplicemente costa poco.
E’ altamente probabile, invece, che avremo una diminuzione delle assunzioni a tempo determinato poiché sarà interesse del datore di lavoro assumere a tempo indeterminato risparmiando così ben 8060 euro all’anno per lavoratore. In pratica ci troveremo di fronte ad un mare di trasformazione di rapporti.

“Avete visto”, diranno Renzi ed il suo accolito Poletti, “le nostre politiche sul lavoro producono ottimi benefici occupazionali, soprattutto ai giovani!”.

Ma qui sta il trucco. Il  “contratto a tutele crescenti”, introdotto  nel nostro ordinamento da “giobatto”, che contestualmente rende innocuo l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori esplica tutte le sue tutele in almeno 3 anni. Nel mentre di questo periodo, i rapporti di lavoro a tempo indeterminato possono essere risolti, per motivi economici e via dicendo, con una semplice e minima indennità da corrispondere al lavoratore, ove questi si opponesse al  licenziamento.

Ma i benefici del mancato pagamento dei contributi previdenziali, per tre anni (guarda caso) superano di gran lunga l’eventuale indennità che il datore di lavoro dovrà pagare per potersi liberare del suo dipendente.

Ricapitolando: con il “combinato disposto” delle norme che abbiamo delineato chi farà bella figura sarà, ancora una volta,  il governo Renzi  (imbattibile nelle politiche di marketing)  mentre i datori di lavoro risparmieranno una barca di soldi, incluse le cooperative che tanto sono vicine al cuore del ministro del lavoro. Poco importa se nelle situazioni di rinnovo degli appalti  sarà praticamente impossibile garantire ai lavoratori con contratto a tempo indeterminato  il passaggio all’azienda o alla cooperativa subentrante, dal momento che queste ultime non potranno beneficiare del risparmio dei contributi e non avranno alcun interesse a veder transitare nella propria organizzazione persone pur in grado di vantare esperienze specifiche e di apportare necessarie competenze e professionalità.  La gestione del caso della Connecting People, che sta per sfociare nella tragedia lavorativa e umana per  70 persone, potrebbe dimostrarsi   una verifica sul campo dell’applicazione  degli intenti del Jobs Act.
I benefici per i lavoratori? Illusori, dal momento che fra tre anni (ma anche il rapporto a tempo determinato è protraibile per 3 anni…) si troveranno nuovamente per strada, nel momento in cui i benefici previdenziali spariranno.
Chi paga tutto questo? Tutti noi ovviamente. Il pagamento dei contributi è a carico della fiscalità generale e a vantaggio dei padroni. Anche se è probabile che il tutto possa risolversi con una diminuzione dei trasferimenti della stato nei confronti dell’INPS e quindi con una ricaduta degli oneri sui contributi pagati dagli altri lavoratori.

E Renzi? A lui che gliene frega! L’unica cosa che conta sono i proclami, la certezza che almeno l’avvio dei provvedimenti risulti eclatante. Cosa succederà poi, al  giocoliere fiorentino non importa granchè.
Lui ubbidisce agli ordini che i poteri che lo governano gli danno. E lo fa nel migliore dei modi. Con l’unica capacità che gli si può riconoscere. Quella di saper abbindolare, neanche troppo elegantemente, gli italiani. I quali, par di capire, molto gradiscono l’essere presi in giro. Altrimenti non si capisce come possano ancora tollerare un governo simile.

1 commento:

Anonimo ha detto...

analisi che condivido al 100%, io però non parlerei solo di Renzi come soggetto, ma del PD (compreso i neo entrati di sel e la finta opposizione), lo stesso partito che governa con SEL in FVG (ma come è possibile? la politica, quella distante anni luce dai cittadini che proprio non la capiscono). s. cosolo