martedì 27 gennaio 2015

Un orto botanico al parco Basaglia? Bello e possibile.



Tra natura e passione: proposte pratiche per valorizzare la peculiarità di un luogo.La riuscita collaborazione tra il ŠENT sloveno (Slovensko združenje za duševno zdravje, Associazione slovena di salute mentale) e il CSM (Centro di salute mentale) e le prospettive di sviluppo di un'agricoltura sostenibile transfrontaliera.

di Thomas Scholz

Tempo fa ho avuto l’occasione di descrivere tramite questo sito la mia esperienza di volontariato nell’ambito dei così detti ‘orti sociali’ al Parco Basaglia (link). Avevo concluso l’esposizione con un auspicio in forma di domanda: Sarà possibile creare al centro del parco Basaglia un piccolo orto botanico? La proposta di organizzare a proposito una conferenza rivolta al pubblico, sia per promuovere una partecipazione attiva, sia per coinvolgere enti ed istituzioni che operano nel campo dell’agricoltura e dell’ambiente, non è stata accolta dai responsabili con molto entusiasmo e chissà se e quando si farà.
Già in settembre era stato pubblicato un simpatico articolo sul periodico del comune di Šempeter con il significativo titolo Vrtiček ne pozna meja, l’orticello senza confini. L’articolo parla della riuscita collaborazione tra il ŠENT sloveno (Slovensko združenje za duševno zdravje, Associazione slovena di salute mentale) e il CSM (Centro di salute mentale) italiano e conclude con l’augurio che questo progetto possa continuare. Invitando personaggi che operano nel campo a relazionarsi su argomenti che riguardano l’orticultura, la conferenza avrebbe avuto lo scopo di sviluppare e migliorare questo progetto di orto comune. Vorrei esporre solo alcune idee raccolte assieme agli utenti e operatori del ŠENT ed a tutti quelli che vi hanno partecipato.


Salvaguardare la biodiversità, compito comune


Punto di partenza per la concezione dell’orto era l’idea di realizzare un centro che si occupasse della salvaguardia di antiche varietà di ortaggi. Ci sono già realtà operanti in questo campo e il parco Basaglia sarebbe un luogo ideale come punto di riferimento. Il compito di selezionare e migliorare le sementi, in tempi passati era in mano a numerosi contadini e ortolani che assicuravano la vitalità del vasto patrimonio agricolo acquisito nei millenni.

Nel corso della industrializzazione dell’agricoltura le sementi, però, sono state ulteriormente adattate alle esigenze della produzione e dello smercio in massa e selezionate con l’impiego di concime chimico, di conseguenza le antiche varietà classificate ‘non commerciabili’ sono sparite, e non solo dal mercato. Qui si potrebbe sviluppare una linea di massima del progetto: coinvolgere, promuovere e rendere consapevole –soprattutto, ma non solo- l’ortolano privato, che oltre alla maggior soddisfazione di coltivare qualcosa di particolare con la sua attività, può contribuire a salvaguardare un patrimonio culturale.


Rendere più fertile la terra e togliere carbonio dall’atmosfera


Un’altra questione importante deriva dalla necessità di concimare. Nello storico ospedale psichiatrico, famoso per la sua autosufficienza, era incorporata la ‘colonia agricola’ con il bestiame. La disponibilità di concime naturale era dunque garantita. Il ciclo del materiale organico dei prati e dei pascoli, delle stalle, dei campi e degli orti, era armonioso e chiuso in sé stesso. Nella ricerca di una concimazione più sostenibile e considerando il problema del cambiamento climatico, viene attualmente riscoperto e sperimentato un antico sapere: l’utilizzo del carbone vegetale come ammendante agricolo. I terreni trattati in questo modo, noti anche come ‘terra preta’, sono resi più fertili in modo durevole. Grazie all’enorme porosità del carbone vegetale il terreno è in grado di immagazzinare meglio sostanze nutritive, creando un ambiente favorevole ai microorganismi e mantenendo più costante l’umidità del terreno, oltre ad avere l’effetto di sequestrare il carbonio, togliendolo dall’atmosfera.

La carbonella vegetale può essere prodotta tramite pirolisi da biomassa di scarto, ottenuta dalla manutenzione del parco stesso. Sarebbe logico cercare di utilizzare in un futuro anche il calore che libera questo tipo di combustione per il riscaldamento delle serre, intanto risulta più realistico limitarsi all’utilizzo e alla sperimentazione di semplici focolari per cucinare. Infatti la pirolisi, realizzabile in semplici bidoni di lamiera, da alcuni anni viene promossa da vari progetti universitari internazionali. L’argomento è stato riferito di recente al pubblico nella conferenza intitolata ‘Il fuoco perfetto’, organizzata da Legambiente a Villa Manin. Lo scopo è quello di raggiungere una combustione più efficace e pulita nelle cucine dei paesi più poveri. Qui, dove spesso la preparazione del cibo avviene a fuoco aperto, resta da risolvere il problema della reperibilità del combustibile e addirittura della progressiva desertificazione che ne deriva, problemi che noi non conosciamo. Bisogna a questo punto constatare però l’assurdità di consigliare al terzo mondo procedure virtuose che noi abbiamo scartato per comodità.

La carbonella stessa, prima di essere aggiunta alla terra, richiede una procedura di caricamento di sostanze nutritive. Ottimo anche sotto l’aspetto igienico sarebbe il suo utilizzo nelle stalle come assorbente per i liquami. Ma anche il compostaggio e il trattamento con macerati vegetali -classico esempio: l’ortica ricca di azoto- sono aspetti da sperimentare e verificare, in particolare per studiare lo sviluppo di antiche varietà di ortaggi. Insomma, l’orto avrebbe la funzione di ricerca nel campo della concimazione alternativa a quella chimica e attiverebbe l’utilizzo delle aree circostanti del parco, nel tentativo di inserirle in un sostenibile e logico flusso di materia organica.



Un concetto ‘verde’ per il parco


Nel corso degli anni le estese superfici  dello storico ospedale psichiatrico (oltre15 ettari) sono state parzialmente adibite ad altre funzioni. Sul lato destro è stato realizzato l’accesso al traffico, fiancheggiato da villette a schiera, che termina in un grande parcheggio. Qui si trova l’istituto per geometri Nicolò Pacassi, ricavato da due storici edifici dell’ospedale psichiatrico uniti da un atrio. In fondo c’è una grande palestra con annessi impianti esterni. L’area del futuro orto botanico occuperebbe la parcella di terreno fra questa palestra e il così detto ‘quadrilatero’, o anche ‘padiglione del lavoro’, come si può leggere sulla planimetria generale d’epoca. Comprende circa 2000mq. Giudicando dalle semplici strutture che sono state aggiunte già in tempi remoti, rimesse per carri e attrezzi, una struttura per far svernare piante da vaso e dei vani che potrebbero aver ospitato piccoli uffici, questa era proprio l’area destinata alla logistica della manutenzione del verde. Oggi, nel tentativo di recuperare quest’area trascurata, occorre una concezione che possa essere valida anche per la gestione complessiva del parco. Se una volta l’ospedale psichiatrico era un luogo chiuso, ma per certi versi autosufficiente, oggi si vede più che mai la necessità di renderlo pubblico. Di recente un articolo del direttore del CSM Franco Perazza ha reso noto -sia su questo sito (link) che sul Piccolo del 29 novembre- un programma che riguarda la futura destinazione del parco e che è stato presentato anche ad una serie di autorità regionali e locali, dalla Presidente Serracchiani in giù. Sottolineando ovviamente l’importanza storica e geopolitica del luogo, il programma propone un’ampia gamma d’interventi, dei quali alcuni non possono essere considerati altro che positivi, cioè la casa del parto e l’asilo nido bilingue.  Perazza critica soprattutto, oltre allo stato d’abbandono di alcune strutture, l’evidente degrado delle aree verdi. L’attuale divisione del parco tra i due enti ‘proprietari’ (L’ASS 2 Isontina e l’amministrazione provinciale) avrebbe creato una situazione  che ostacola non solo una manutenzione logica delle aree verdi, ma anche una progettualità complessiva e condivisa del parco.

Sotto questo aspetto sarebbe utile creare un punto d’attrazione, dando all’area in questione la valenza di orto botanico-didattico con ampio spazio per fiori, piante officinali e erbe aromatiche. Si creerebbe così non solo un percorso educativo, ma anche un luogo invitante dove si manifesta la vitalità e la bellezza della natura. Questo luogo potrebbe essere in un futuro un punto di riferimento per la manutenzione del verde dell’intero parco. In questo contesto la cooperativa sociale ‘Il Grande Carro’, situata con le sue serre di floricoltura in immediata vicinanza, e la comunità ‘La Tempesta’, impegnata a dare orientamento e sostegno a tossicodipendenti, collocata nella storica ‘colonia agricola’, offrono già un’ottima base di possibile collaborazione.




Chiarezza per superare i problemi economici


La realizzazione di questo progetto non ha una difficoltà principalmente economica, ma richiederebbe anzitutto una visione complessiva a lungo termine; altrimenti tutti gli sforzi fatti e i rispettivi finanziamenti svanirebbero in breve tempo nel nulla. Per questo è necessario acquisire delle certezze su come l’azienda sanitaria, da ‘proprietaria’ del terreno e degli immobili, intenda proseguire. In autunno c’ è stato un intervento di bonifica del tetto della struttura che oggi contiene la caldaia per il quadrilatero. L’amianto è stato sostituito con pannelli di lamiera. Più in là invece, nella parte più degradata (ed abusata in passato come discarica), è stato solo rimosso l’amianto, abbandonando l’edificio alle intemperie e all’ulteriore degrado.

Questa semplice struttura in mattoni dalle dimensioni di circa otto metri per dieci di un unico piano, forse non ha un’importanza storica tale da escludere la sua demolizione. Considerando però la funzione che potrebbe assumere come luogo di accoglienza e aggregazione per le persone che si occupano dell’orto, per gli utenti e gli operatori dell’azienda sanitaria ed, infine, anche per il pubblico che visiterà il futuro ‘orto botanico’, si potrebbe rendere opportuna e necessaria la sua ristrutturazione. Visto che si tratta di un intervento di dimensioni relativamente modeste, conservando volutamente un certo carattere ‘bucolico’, si potrebbe pensare a un finanziamento mirato e responsabile, ma indipendente dall’azienda sanitaria. Per esempio a un progetto che offra l’occasione di fare esperienza pratica a giovani apprendisti e studenti del campo edile, in collaborazione con l’università.

Del resto basterebbero piccoli provvedimenti come il completamento della recinzione in gran parte già presente, la realizzazione di una fonte d’ acqua, una tettoia ed altri accorgimenti per facilitare la permanenza del pubblico.

Importante però sarebbe raggiungere la garantita continuità dei lavori nell’orto, ovviamente a lungo termine. Come è stato anche annotato in una riunione con i responsabili, ci vorrebbero almeno due figure professionali retribuite regolarmente: un giardiniere e un infermiere, magari specializzato in orto-terapia. Qua siamo però arrivati al punto più dolente e sofferto di tutta la questione… .



Un progetto transfrontaliero per lo sviluppo dell’agricoltura sostenibile


Un altro approccio al problema potrebbe essere di convincere  enti che operano nell’ambito del territorio, dell’ambiente, dell’agricoltura -possibilmente a livello regionale- ad assumersi il patrocinio per un progetto transfrontaliero.

Argomento possibile sarebbe lo studio sul modo di organizzare e realizzare il recupero –anche in termini economici- di campagne abbandonate, tematica che al parco Basaglia viene evidenziato in modo esemplare: l’erba che cresce qui non è più una risorsa, ma un costo da fatturare. Nel complesso potrebbe rientrare benissimo l’inserimento di persone assistite, è essenziale però che ci sia a disposizione la necessaria logistica per i lavori, e che questi siano coordinati e programmati da persone con sufficiente esperienza del mondo agricolo.

Recentemente è stato presentato il progetto ‘Orti Goriziani/Goriški Vrtovi’ che vuole mettere in relazione, nel raggio di 50km, i piccoli produttori agroalimentari con i consumatori dell’area urbana di Gorizia, Nova Gorica e Šempeter-Vertojba, utilizzando una piattaforma in rete per lo smercio diretto (www.ortigoriziani.eu), iniziativa importante per promuovere l’economia locale. Infatti il compito di sviluppare strategie per un’agricoltura sostenibile è strettamente legato al sostegno delle aziende agricole di piccole dimensioni. In questo senso potrebbe nascere e crescere nel corso degli anni un istituto italo-sloveno per lo sviluppo agricolo sostenibile. Il posto e le circostanze al parco Basaglia sembrerebbero ideali, e valorizzare le conoscenze e le risorse slovene sarebbe un passo importante per la riconquista economica del territorio.

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