venerdì 30 gennaio 2015

Fucile appresso sempre e comunque! La corte costituzionale dice no



Dichiarata incostituzionale la disposizione della legge regionale del FVG che consentiva: "L’attività di recupero è svolta con l’utilizzo dell’arma da parte del recuperatore abilitato, nel rispetto dell’articolo 13 della legge n. 157/1992, ogni giorno della stagione venatoria compreso i martedì e venerdì, senza limiti di orario e fino a due giorni dopo la chiusura della stagione venatoria nell’intero territorio regionale"


di Marilisa Bombi

Li chiamano emendamenti d’aula. Alcune volte la manina inserisce, proprio l’ultimo momento, quella norma che in Commissione non sarebbe passata mai. E’ successo questo con l’articolo 18 della legge regionale comunitaria del 2012 che è andata a modificare, su iniziativa dei due relatori (allora di maggioranza) Piccin e Marin la legge 6/2008 dal roboante titolo: Disposizioni per la programmazione faunistica e per l'esercizio dell'attività venatoria. Ma la Corte costituzionale l’ha stoppata su ricorso della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
L’autonomia statutaria della Regione non può spingersi fino al punto di derogare principi inviolabili. Insomma, uccidere un animale non è consentito sempre e comunque. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 2 depositata il 22 gennaio, ha affermato, infatti, che “L’art. 21, comma 1, lettera g), della legge n. 157 del 1992, vieta il trasporto di armi per uso venatorio, che non siano scariche e in custodia, nei giorni durante i quali la caccia non è consentita, in particolare nei giorni di martedì e venerdì, «nei quali l’esercizio dell’attività venatoria è in ogni caso sospeso» (art. 18, comma 5, della legge n. 157 del 1992). Il divieto deve ritenersi espressivo della competenza esclusiva dello Stato a determinare standard di tutela della fauna, che non sono derogabili da parte della Regione neppure nell’esercizio della propria competenza legislativa in materia di caccia (ex plurimis, sentenze n. 278 del 2012, n. 151 del 2011 e n. 387 del 2008). È infatti evidente che la facoltà riconosciuta ai recuperatori di utilizzare l’arma durante i giorni della stagione di caccia riservati al cosiddetto silenzio venatorio, e comunque nei due giorni successivi alla chiusura della stagione stessa, si pone in contrasto con la disposizione dell’art. 21, comma 1, lettera g), della legge n. 157 del 1992 ed elude il divieto di cacciare in tali giorni, legittimando una condotta che per l’art. 12, comma 3, della stessa legge, costituisce esercizio venatorio.”
Ciò che infastidisce, relativamente alla disposizione approvata dal Consiglio regionale in piena estate, è non solo che sia stata utilizzata la legge comunitaria, ovvero la legge attraverso la quale la Regione adegua il proprio ordinamento alle direttive comunitarie, per inserire la norma dichiarata incostituzionale, ma che la manina si sia spinta fino al punto da utilizzare il sistema della cosiddetta “norma intrusa”. Ovvero una disposizione inserita in un articolo che parla di tutt’altro. Infatti la norma della legge regionale che regolamenta l’attività del “recuperatore” è stata inserita in un articolo la cui rubrica è: “cani da traccia”. Insomma, una disposizione che regolamenta un’attività specifica e che, in alcune regioni, come l’Umbria, è a supporto dell’attività istituzionale. Del resto, la perfidia degli autori della norma (o dei suggeritori) che avrebbe potuto agevolare i bracconieri, ha toccato il fondo nel momento in cui ha utilizzato un termine, quello del “recuperatore” il cui intento non è certamente quello di assegnare il colpo letale. Infatti, tanto per fare un esempio, all'ARF Associazione No Profit operante nel Lazio aderiscono veterinari, biologi e naturalisti, specializzati in fauna selvatica ed esotica. Ogni socio ARF è un volontario che mette a disposizione il proprio tempo libero e la propria esperienza a favore di animali in difficoltà. Non certo per ucciderli.


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