mercoledì 10 settembre 2014

L'accampamento dei richiedenti asilo sull'Isonzo, nuova Lampedusa sui ciottoli e nel fango del fiume.

Nessuno di noi civilissimi goriziani saprebbe vivere alcuni mesi in quelle condizioni. La situazione dell'accampamento non potrà che peggiorare e dovremo gestire il dramma invece che l'accoglienza.

di Martina Luciani


Gorizia, 10 settembre 14. Ne incontriamo prima cinque o sei, poi mentre ci inoltriamo nella boscaglia sotto il quartiere fieristico, lungo l’Isonzo, sbucano a decine. Così ci siamo Michele  Migliori ed io, con attorno Zahoor, Hassan, Zaman, Haroon, Karim, Rashid….chiediamo di vedere la tendopoli dello scandalo…ci accompagnano, anzi, mi aiutano a scendere una scarpata fangosa, in cui hanno intagliato in qualche modo dei gradini ( ma se non mi avessero tenuto per mano avrei fatto uno scivolone memorabile). E poi a risalire una specie di penisola affacciata sull’Isonzo.
Le mani sono gentili e rispettose, mi offrono persino quella che forse è l’unica sedia sbilenca dell’accampamento.
Sono circa 80, cui si aggiungono di giorno i 50 che sono accolti la notte dalla Caritas di Gorizia, sistemati sotto una copertura alla Robinson, aperta sui lati alle intemperie, e in quattro o cinque minuscole tende canadesi, delle monoposto in cui si ficcano in quattro.  Si percepisce il senso di un’organizzazione, chi parla meglio l’inglese acquisisce il ruolo di mediatore con il mondo attorno. Un fuoco, dei contenitori per l’acqua presa dal fiume, un notevole rigore nel tentare un po’ d’ordine,  zaini e oggetti appesi in alto, rifiuti raccolti da una parte, il rudimentale focolare tenuto pulito, niente masserizie sparse.   I bisogni corporali si va a farli più lontano, nel bosco; si lavano, e lavano i panni nel fiume, lì sotto.
Ottanta giovani storie di esseri umani  decisi a resistere in nome della speranza:  ci circondano con delicatezza, sono decorosi molto più di quanto sia possibile in quella condizione estrema.

Sono stanchi, umiliati, ma gentili, senza rancore. Li sollecitiamo a fare richieste, posto comunque che mancano di tutto. Ci chiedono che qualcuno venga lì da loro, perché vogliono imparare l’italiano. Ma…un tetto sulla testa? Si certo, ma possiamo resistere:  alla pioggia che entra da tutte le parti. Quello che temono davvero è l’isolamento, la mancanza di prospettive di vita, il morire giorno dopo giorno dei loro sogni. Vivono facendo colletta tra di loro, chi ha più soldi li mette anche per chi non ne ha, fanno la spesa e mangiano patate, uova, fagioli in scatola, qualche volta carne di pollo.  Vanno alla Caritas, perché solo lì possono ricaricare le batterie dei telefoni. Una doccia vera non sanno dove farla. Sono malati, diarrea e mal di stomaco li affliggono, pieni di punture di chissà quali insetti. Qualcuno è finito al pronto soccorso . Celano in petto, in buste di plastica, i documenti che confermano la richiesta d’asilo, ci mostrano le foto dei familiari, e raccontano, raccontano….
Molti di loro sono arrivati da altri Paesi europei, Inghilterra e Francia soprattutto,  dove li hanno respinti suggerendo di venire in Italia, che qua l’asilo l’avrebbero ottenuto; c’è un passaparola, Gorizia, bisogna arrivare a Gorizia; e una volta qua, da mesi la rete dei migranti accoglie come può, nel fango sul fiume. Tutti sono in lista d’attesa alla Caritas, si arriva oltre il centinaio con i fatidici numeri; ma per uno che ottiene un letto, altri ne arrivano.
Lascio ad altri ragionare sui diritti umani, sulle condizioni igienico sanitarie, sulla politica internazionale ed europea relativa all’immigrazione, sui doveri della civiltà occidentale, sulla sostituzione in quell’accampamento delle leggi dello Stato con le leggi della convivenza di un gruppo che, molto civilmente,  si autoregolamenta.  
Io voglio evidenziare che l’indecenza della tendopoli, finora emarginata  dove non si vede poco e non ci disturba, presto ci riguarderà molto da vicino.
Il tempo , già inclemente per tutta l’estate, volgerà verso gli inevitabili rigori dell’autunno, i ragazzi staranno sempre peggio, le notti saranno sempre più lunghe e più fredde, i soldi per comperare cibo finiranno: se ne staranno là a languire o forzeranno la barriera oltre la quale mitemente finora se ne sono stati? Lasceremo che se stiano nel fango e sotto le piogge ancora a lungo, in nome della linea dura e senza paura? Senza valutare con circostanziata preoccupazione quel che succederà nei prossimi mesi?
Ci sono 80 persone da sistemare immediatamente. Almeno una tendopoli vera, attrezzata per dare loro riparo e calore, servizi igienici e supporto sanitario, non siamo capaci, noi goriziani, di tirarla su, da qualche parte? Che ne so,  sul prato dell’aeroporto, che tanto serve a nulla? E intanto, ma solo dopo aver subito realizzato questa piccola cosa, organizziamo pure i meetings, la logistica più opportuna, i trasferimenti in altri comuni o in centri attrezzati, gli interventi politici e le iniziative parlamentari.


2 commenti:

Unknown ha detto...

Ho vissuto per 5 anni senza luce, acqua e gas, ho mangiato dai Frati per una decina, ogni volta che trovavo qualcosa da fare la facevo.
Delle istituzioni , non sei nei miei pensieri , cosi l'assistente sociale.
Puo bastare?

Piazza Traunik blog ha detto...

A completamento del racconto il comunicato stampa di Michele Migliori, Associazione radicale di Gorizia Trasparenza è Partecipazione: https://www.facebook.com/michele.migliori.3?fref=nf

E la descrizione dei fatti avvenuti subito dopo al presidio leghista:
https://www.facebook.com/michele.migliori.3?fref=nf