lunedì 9 dicembre 2013

Stop alla prostituzione sulla strada!

Riaprire le case chiuse per combattere lo sfruttamento della prostituzione, sopratutto minorile


di Rodolfo Ziberna
(consigliere regionale PDL)



Nel 1987 avevo redatto e presentato per il tramite di un parlamentare una proposta di legge nazionale, che aveva lo scopo di disciplinare il fenomeno della prostituzione - femminile e maschile - al fine, soprattutto, di arginarlo e di combattere il suo vergognoso sfruttamento da parte di quell’indotto criminale che, senza scrupoli, non esita a coinvolgere anche minorenni, ad usare la violenza fisica, il terrore e ad investire il profitto di questa attività criminale in altre attività illecite.

         L’iniziativa era supportata anche da un sondaggio, condotto nei quattro capoluoghi della nostra regione, dal quale emergeva che l’80% degli intervistati sarebbe stato favorevole alla riapertura delle  “case chiuse”.

         Già in quell’epoca il fatturato complessivo della prostituzione in Italia superava i centomila miliardi di lire all’anno e coinvolgeva oltre cinquantamila donne, tra professioniste e saltuarie. Oggi, naturalmente, questi dati sono largamente superati.

         Dopo alcuni mesi di interesse dei media nazionali e regionali, l’argomento è rientrato nel dimenticatoio nazionale. Forse i tempi non erano ancora maturi.

         La politica adottata dai Governi nazionali è sempre stata quella del “non vedo, non sento, non parlo”, preferendo negare l’esistenza di un fenomeno che stava dilagando, anziché affrontarlo.

         Oggi è ora di dire basta. Alla prostituzione “nostrana” si è aggiunta in misura rilevantissima quella extracomunitaria, portando con sé una scia di criminalità e di sfruttamento oltre ogni limite di tollerabilità per qualsiasi società civile. E’ un fenomeno gigantesco che coinvolge circa 50-70.000 prostitute, di cui la maggior parte straniera, con un fatturato superiore ai 5 miliardi di euro.

         Gli interventi da adottare, che competono per legge solo al Parlamento nazionale, devono prioritariamente mirare ad impedire, con un inasprimento delle pene, la piaga della prostituzione minorile e dello sfruttamento e dell’induzione di ogni forma di prostituzione. Quindi vanno create le condizioni affinché chi si prostituisce possa scegliere diverse opportunità.

         I sindaci delle città maggiormente colpite da questo fenomeno, stante l’inefficienza ed inerzia dello Stato, sono costretti ad adottare misure che rientrano nelle rispettive competenze (contravvenzioni ai clienti per rallentamento del traffico, allontanamento delle prostitute dalle strade del territorio municipale, ecc.), ma che non affrontano alle radici il problema e rimangono relegate tra le notizie “curiose” o provocatorie.

         Il fenomeno della prostituzione, per la sua complessità e per gli aspetti che esso coinvolge, suscita comprensibilmente diversificate reazioni. Personalmente ritengo che la prostituta non solo non vada criminalizzata, ma vada invece tutelata e, soprattutto, difesa da chi la sfrutta o da chi la induce a prostituirsi contro la sua volontà.

         E’ solo a causa di una consolidata ipocrisia che nella nostra società, indubbiamente ancora permeata da un radicato maschilismo, la prostituta viene vista come una reietta della comunità.

         Nell’indagine che avevo svolto era emerso che la maggior parte delle prostitute intervistate aveva scelto quella professione non per mancanza di altre opportunità professionali, bensì perché immensamente più remunerativa. La loro aspirazione era quella di esercitare per alcuni anni, quindi di esercitare altre attività con il ricavato della prostituzione.

         Vi sono lavoratori che vendono le proprie braccia, il proprio ingegno, la propria abilità professionale o artigianale ed altre, come le donne e gli uomini che si prostituiscono, che offrono a chi lo chiede la propria compagnia e prestazioni sessuali. E’ solo frutto di falsa ipocrisia e di retaggio culturale continuare a criminalizzare chi si prostituisce per libera scelta. E, ma solo incidentalmente e marginalmente perché non è questa la ragione primaria, non va sottovalutata l’opportunità di tassare questi profitti, che porterebbero all’erario diversi miliardi di euro all’anno!

Una prostituta tedesca o olandese è una lavoratrice a tutti gli effetti: paga le tasse, è sindacalizzata ed ha persino la possibilità di denunciare comportamenti dei propri clienti ritenuti ai limiti del possibile. Una prostituta italiana lavora a nero, è sfruttata da cartelli criminali e non ha garanzie di alcun tipo, prima tra tutte quella di ribellarsi a soprusi o denunciare atti illegali. E’ vittima della criminalità, ma anche del suo stesso Paese, che chiude gli occhi davanti al problema, riducendo il mercato nero della prostituzione allo stesso livello del mercato nero delle droghe.

         E’ difficile per la nostra politica nazionale ergersi ad argine della moralità pubblica, mentre i suoi protagonisti offrono una immagine di sé assai più “immorale”. Lo stesso Stato che fabbrica quelle sigarette che producono 80 mila morti all’anno solo in Italia o che legalizza il gioco d’azzardo che crea dipendenza e che ha gettato migliaia di famiglie nella disperazione non può essere lo Stato che si erge a paladino della moralità! E poi, chi è più immorale tra chi si prostituisce ed un colletto bianco di una multinazionale o di una banca che fa fallire aziende e provoca il suicidio di imprenditori o manda famiglie sul lastrico?!

         La nostra Regione, ora, vista l’incapacità dello Stato, potrebbe promuovere un referendum abrogativo della Legge Merlin e porre in essere accorgimenti non che possono risolvere il fenomeno, stante la sua incompetenza nella materia penale, ma quantomeno cercare di affrontarlo in modo organico.

         Attendo di vedere che seguito avrà questa proposta: è facile avere delle idee, ma è molto più difficile avere il coraggio di difenderle!

1 commento:

Anonimo ha detto...

sono proprio d'accordo!