mercoledì 11 dicembre 2013

“Casta” suo malgrado

La casta non è casta!


di Marilisa Bombi



Avete presente l’operaio che si ritrova a casa, spiazzato, perché la sua fabbrica ha chiuso? E si ritrova con il mutuo da pagare (o l’affitto il che è la stessa cosa)? Bene: tra lui ed il parlamentare o il consigliere regionale che sta per finire il mandato, sotto un certo punto di vista, c’è poca differenza. Perché ambedue saranno costretti a cambiare stile di vita: il primo per disperazione, il secondo, ahimè, per rabbia. Ma è comunque un sentimento di bisogno. Ed il bisogno, si sa, aguzza l’ingegno.

Ovviamente oggi non ci occupiamo dell’operaio che, abituato a lavorare e molto probabilmente sodo, potrà esibire un curriculum di tutto rispetto. Oggi ci occupiamo della casta dei politici, ovvero di quel gruppo di persone  che si considera, per nascita o per condizione, separato dagli altri, e gode o si attribuisce speciali diritti o privilegi, (cfr. treccani.it).

Ma quanto casta può essere una casta che non lo è affatto? La risposta è nel dovere di distruggere l’ossimoro che, fino ad oggi, ci ha fatto ritenere lecito ciò che non lo è: quell’insieme di soggetti che per una concomitanza di circostanze fortuite escono dal gruppo e vengono a comporre un nuovo insieme che nulla ha a che vedere con la società. Un esempio eclatante, a tale proposito, è stata la proposta di alcuni consiglieri del Pdl che nei mesi scorsi hanno presentato un disegno di legge per la istituzionalizzazione del lobbismo ed hanno ritenuto irrilevanti gli omaggi offerti a politici e funzionari che non superano i 500 euro. Importo superiore alla pensione sociale ed anche a quella di tanti artigiani. Fatto questo che dimostra quanto la casta sia diventata autoreferenziale e distante mille anni luce dalla vita della gente normale.

E questo è il nocciolo della questione. Le indennità, stipendi, retribuzione che dir si voglia che vengono, allo stato attuale, riconosciute a consiglieri regionali, parlamentari e a tutta quella pletora di enti di sottogoverno che consentono di far sopravvivere la casta in questione, sono moralmente abominevoli. Insomma, se fino a qualche anno fa, ovvero quando la crisi non c’era ancora e ciascuno si faceva gli affari propri, potevano non rappresentare uno scandalo, oggi che la situazione è mutata non si può più ignorare ciò che scandaloso è diventato. Perché le migliaia di euro che vengono erogate non possono trovare giustificazione nel lavoro che dagli stessi viene svolto e sono, peraltro, incostituzionali. Ciò in quanto, nonostante il principio di eguaglianza, tutelato dalla Costituzione, contribuiscono a formare la casta che lotterà con i denti, in maniera lecita ed illecita, per mantenere il proprio status quo. Gli esempi si contano a iosa come settimanalmente i vari Report, Ballarò ecc. ci dimostrano.

Insomma, la casta (qui ci andrebbe la maiuscola ma mi viene la pelle d’oca al solo pensarci) non è per nulla casta nell’accezione comune del termine, ovvero pudica, misurata, morigerata, per bene, irreprensibile, riservata e così via. Tutt’altro. E’ arrogante, prepotente, impudente ecc.

E quindi, se la nostra Costituzione non è un insieme di principi buttati lì (come ritengo non lo sia) va rimosso ogni privilegio immotivato che ha consentito il formarsi della casta: dalle super indennità, ai benefit che vengono erogati ai soggetti che fruiscono di condizioni agevolate da parte dello Stato, al cumulo delle pensioni per migliaia di euro ecc. ecc. ecc.

I forconi sono in agguato. Cerchiamo di non dare a loro ragione perché siamo convinti che, in democrazia, ci sia ancora spazio per il dialogo.



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