venerdì 6 dicembre 2013

Delegittimato il Parlamento?


A proposito della sentenza della Corte costituzionale


di Mauro Barberis
(filosofo del diritto)


Un’amica mi ha chiesto: ma allora, dopo la sentenza della Corte costituzionale, il Parlamento è delegittimato? Le  ho risposto: magari. In realtà, l’unica cosa indiscutibile è proprio questa: no, come ha detto la stessa Corte, purtroppo il Parlamento non è delegittimato, né lo sono, se è per questo, i due precedenti pure eletti con il Porcellum, né tutte le leggi prodotte dal 2006 in poi. Detto in breve e in italiano – ma l’idea è tanto antica che si potrebbe anche dire in latino – neppure Dio può cambiare il passato, facendo che quanto è stato non sia: figuriamoci se può farlo la Corte costituzionale.

Quando ho risposto alla mia amica non avevo ancora letto le reazioni dei partiti: specie quelle dei due partiti padronali, Forza Italia e M5S, entrambi schierati per l’illegittimità del Parlamento e per l’immediato ritorno alle urne. Capisco la delusione forzitaliota, capisco sempre meno, le posizioni di Beppe Grillo: ma non gliel’avevano detto, quando ha invocato il voto con il Porcellum suscitando un pandemonio anche fra i suoi parlamentari, che la legge non avrebbe passato il controllo della Corte? Chi lo consiglia in materia costituzionale, l’avvocato, il commercialista, Paolo Becchi?

Segnalo solo due aspetti di una sentenza che, in attesa delle motivazioni, pare conforme ai precedenti della Corte e in linea con le sue competenze di legislatore negativo, qui esaltate dall’ignavia del legislatore positivo, lo stesso Parlamento. Primo aspetto, è sfuggita al controllo della Corte la vera porcata del Porcellum: il sistema elettorale del Senato, disegnato apposta per garantire sempre almeno il pareggio alla destra e almeno altrettanto irragionevole del premio di maggioranza e della nomina dei candidati da parte dei partiti.
Secondo aspetto, il Parlamento non sarà delegittimato, altrimenti lo sarebbe anche la Corte che ha pronunciato la sentenza, e vivremmo   nello stato di natura: ma, come ripetono Stefano Rodotà e Pippo Civati, non è neppure legittimato, ammesso che lo fosse prima, a intervenire sulla Costituzione forzando l’art. 138. Se riesce ad approvare una legge elettorale decente e magari, sempre rispettando il 138, a cambiare o abolire il Senato, avrebbe già esaurito quella che, sin dall’inizio, avrebbe dovuto essere la sua missione. Il Parlamento successivo avrà compiti ancora più urgenti: ricontrattare con l’Unione europea l’uscita dall’austerità.

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