Commercio e decoro
di Marilisa Bombi
La Giunta ha deciso di commercializzare lo spazio “pubblico” ma lo fa a vantaggio degli esercenti e di chi passa le ore al bar. Non certamente a favore dei cittadini, nel loro insieme, ai quali viene negato il diritto di “godere” della cosa pubblica! Insomma, l’ipotesi che tavolini, sedie salotti facciano la gioia del turista in città e creino una maggiore fruizione degli spazi urbani, come afferma la delibera della Giunta municipale n.118 del 30 maggio di quest’anno, sarà anche una convinzione dell’Amministrazione, ma non la si può certamente “vendere” come beneficio ai cittadini dal momento in cui per il normale pedone diventa quasi impossibile percorrere i marciapiedi dei viali principali.
Tra decoro ed uso pubblico
Da vent’anni in qua non si è mai, formalmente, deciso nulla in ordine ai vari gazebo posizionati nei controviali del corso principale. Ci sono state soltanto mere dichiarazioni di intenti. Ma la Giunta municipale, alcuni mesi fa, ha deciso di aumentare le possibilità per bar e ristoranti, di sistemare all’esterno del locale, tavolini, sedie ed ombrelloni. Che Dio ci aiuti! Mentre il Comune di Venezia ha avviato in accordo con la locale Soprintendenza ai beni culturali ed architettonici un progetto di qualificazione degli arredi per bar e ristoranti, individuando le tipologie ammesse e mettendone gli esempi on line, e il Ministro per il Beni e le Attività Culturali, proprio un anno fa, ha emanato una Direttiva finalizzata a rafforzare le misure di tutela nelle aree pubbliche utilizzate a fini commerciali, a Gorizia si naviga a vista. E dire che la Direttiva, efficace su tutto il territorio nazionale, ha come obiettivo proprio quello di valorizzare il nostro patrimonio architettonico.
L’arredo urbano
Un salotto a cielo aperto è certamente gradevole e va doverosamente espresso plauso nei confronti di quelli esercenti che, con il loro investimento, hanno migliorato complessivamente l’immagine dei controviali di Corso Italia. Tuttavia, a tale proposito, non ci si può non chiedere se le scelte operate sono state concordate con la Soprintendenza, in forza della sua esclusiva competenza. E ci si riferisce non soltanto alle tipologie di arredi o di ombrelloni, ma anche ai luoghi sottratti all’uso pubblico e che il Comune concede per uso privato. Per quanto riguarda gli elementi di arredo, l’interrogativo parte da un elemento oggettivo (o forse soggettivo) connesso al fatto che non tutti gli elementi posizionati possono vantare una pari qualità che dovrebbe essere imposta, trattandosi del salotto “buono” della città. L’opportunità di un dialettico confronto con gli uffici istituzionalmente preposti parte da un banalissimo sillogismo: se gli organi del Comune non rispettano le regole procedurali previste dalla legge (vedi art. 52 del codice Urbani d.lgs 42/2004) come si può pretendere che, invece, rispettosi delle regole siano i semplici cittadini che non hanno alcuna responsabilità nella gestione della cosa pubblica?
5 commenti:
Visto che si parla di regole procedurali, tanto per la precisione, l’art. 52 del d.lgs 42/2004 è stato solo recentemente modificato con le integrazioni che vengono qui evidenziate. Prima di ottobre 2013 (quindi fino a ieri l’altro) tutto il discorso si sorreggeva su circolari e direttive, spesso e volentieri smentite dalla giurisprudenza amministrativa.
A dire il vero, in base all'articolo 10, comma 3, lettera g ) e art.11 del medesimo codice l'obbligo andava rispettato ben prima della modifica all'articolo 52 dell'ottobre 2013. Ciò in quanto le aree pubbliche, come ben aveva illustrato il Ministro Ornaghi nella cosiddetta "direttiva decoro" sono vincolate ope legis se realizzate da più di 70 anni.
Marilisa Bombi
Roma, Firenze, Siena: nessuno che rispettava le regole, dunque! In ogni caso, stabilito che una direttiva non è una legge, prima della modifica all’art. 52 (che peraltro demanda alle direzioni regionali e alle soprintendenze il compito di adottare apposite determinazioni), poteva sembrare decisamente temerario sostenere che la collocazione di tavolini e sedie in qualsiasi strada con più di 70 anni (cioè tutte…) necessitasse di autorizzazione del soprintendente , in quanto “opere e lavori di qualunque genere su beni culturali”.
Prego firmare i post! se non si ha un account google o altro di quelli segnalati indicare nome e cognome.
Grazie
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