martedì 16 luglio 2019

Maurizio, due ragazzini, Michaestaedter, un cappello di bronzo rubato ed io.

Breve storia goriziana, on the road, via Rastello, là dove la statua di Michaestaedter derubata del suo cappello ha sollevato la questione dei beni comuni. Storia amara di ordinario dissesto sociale e culturale ( questo è il vandalismo, no?) ma che per un caso fortunato ha potuto diventare anche bella.


di Martina Luciani

Maurizio ed io, incontratici per caso, ieri sera stavamo contemplando, in cima a via Rastello, la statua deturpata di Michaestaedter: per la seconda volta, il cappello retto da una mano del filosofo goriziano è stato martellato e asportato. La prima volta, tempo fa, il cappello è stato poi ritrovato nell'aiula di via delle Monache. Stavolta chissà. 
 

Mentre siamo lì, due ragazzini - forse fratello e sorella, 12,14 anni, stesso biondo e stessi occhi celesti - incuriositi si avvicinano e osservano con noi. Mi sentono dire, molto acidamente: saranno stati dei bravi ragazzi!
Subito reagiscono: No no, non siamo stati noi, potete guardare nello zaino.
Sono dispiaciuti e intimoriti.
Scoppiamo a ridere, Maurizio ed io: ma no! certo che non siete stati voi! non ci è passato neanche per l'anticamera del cervello.


I due giovanissimi vogliono sapere. Non conoscono Michaelstaedter, nè tanto meno la sua fine. Spieghiamo, osservano le date, considerano la figura, che forse non avevano mai notato prima.
Ma soprattutto seguono attenti la nostra alternata e intensiva lezioncina on the road sui beni comuni. Sull'importanza di percepire il senso del bene comune, ed averne cura. Sul fatto che restaurare la statua costerà a tutti noi. Che difenderli è compito di tutti a beneficio di tutti.
Non fingono di ascoltare: non si perdono una parola. Il loro silenzio è rispettoso, mi par di sentire il lieve fruscio dei cervelli che registrano in memoria le parole che offriamo loro.

Scatto un paio di foto. Maurizio fa: e adesso scriverai qualcosa!
Il ragazzo chiede subito: lei è una giornalista? Dove scrive?
Rispondo: no no. sono solo una parolaia.
Si impensierisce, esita: non so che mestiere è questo!
Rispondo: sai è un modo di dire, cioè sono una che scrive parole su parole, sperando che alle volte servano a qualcuno per capire meglio ( e mi astengo dal dirgli quanti inveterati e superpagati parolai invadono gli schermi, la carta stampata,i podi dei convegni, che io al confronto sono una nullità).
Sempre più pensieroso: ma guadagna? Fattura?
Rido: certo che no.
Spiego loro come trovare il blog on line.Ci provano subito, sui cellulari.
La ragazzina - o meglio, la fanciulla, perchè così delicata e gentile solo fanciulla la si può chiamare - domanda a sua volta: stasera potremo leggere? La seguiremo, sa...
In conclusione mi dispiace tantissimo per Carlo rimasto senza cappello, e depreco i vandali imbecilli. Ma questa occasione mi ha riempito di una speciale gratitudine ( e credo che anche Maurizio abbia provato qualcosa di simile). Sappiano i due giovanissimi incontrati ieri in via Rastello, davanti alla statua di Carlo Michaelstaedter, che il nostro incontro mi ha fatto stare bene. Le parole non sono (ancora e per fortuna)inutili.

1 commento:

Louise Dominici ha detto...

Grazie Martina. È bello sapere che c'è ancora speranza.