martedì 2 luglio 2019

Linneo mi è antipatico. Da rettore dell'Università di Uppsala fece bruciare nel 1759 il libro "Riflessioni sulla libertà dei cittadini".


L'autore della dissertazione-scandalo era Peter Forsskal,studioso poliedrico, appassionato e coraggioso. A lui, che morì raccogliendo campioni di piante da inviare a Linneo, in Svezia, durante una spedizione in Yemen (nemmeno finanziata con soldi svedesi, ma pagata dal Re di Danimarca)il sommo botanico graziosamente si degnò di intitolare soltanto un'ortica. La Forsskaolea tenacissima.

Cacciatori di piante. Mary Gribbin, John Gribbin. Raffaello Cortina Editore 2009.

Arabia Felix. Thorkild Hansen.  Iperborea 1992.


di Martina Luciani

Carolus Linnaeus, per chiamarlo alla latina, per noi semplicemente Carlo Linneo, settecentesco ed eclettico scienziato che è padre riconosciuto della moderna botanica e del metodo scientifico di classificazione delle forme viventi, mi sta sinceramente antipatico.

Meriti scientifici a parte (senza di lui, mi dicono, il disordine regnerebbe sovrano nelle banche dati di scienze naturali) il nostro mi pare l’antesignano dei contemporanei “baroni” universitari, adeguatamente legati al potere politico e ipocritamente venerati da schiere di pretendenti alle poltrone collocate subito dietro il trono.
Alla indiscutibile sua genialità associava una grande  abilità a gestire il lavoro e il sacrificio di altri – che in nome suo e della scienza batterono le contrade più lontane e spesso ci lasciarono la pelle, o comunque la salute – e una diplomaticissima abilità a restare negli ambiti dell’ortodossia religiosa, culturale e accademica pur quando esponeva idee rivoluzionarie e innovatrici (era pur sempre il secolo dei Lumi!).

Nel capitolo dedicato a Linneo in Cacciatori di piante di Mary e John Gribbin questi fastidiosi aspetti emergono con grazia, poco più che aneddoti della vita pubblica e privata, e tuttavia si fanno cogliere nel bel modo di narrare la cospicua serie di 4 secoli di avventure dei botanici-esploratori. Inclusa la britannica Marianne North,che in giro per il mondo dipinse fiori e piante, e relativi ambienti naturali, con una sensualità che mi meraviglia fosse accettata in epoca vittoriana e con una forza evocativa (ci ritrovo certe incontenibili piante dei quadri di Frida Kahlo) che va ben oltre il rigoroso esercizio di rappresentazione e schedatura di un botanico, maschio e coevo.

Ma torniamo a Linneo.
Gli autori fanno notare che l’unica spedizione affrontata da Linneo fu quella in Lapponia ( cioè dietro casa), e descrivono il lavoro e la dedizione dei cosiddetti “apostoli” (diciotto per la precisione), allievi fedeli e pronti a tutto che permisero, esplorando mezzo mondo ed inviando in patria semi e piante, la realizzazione della insuperabile opera di nomenclatura e classificazione lasciata ai posteri. 
In realtà, furono essi per primi un contributo fondamentale alla scienza ( dalla botanica all’astronomia, dall’archeologia all’antropologia, dalla zoologia alla geografia), spesso a carissimo prezzo personale. I botanici in giro per il globo terracqueo ( come tutti gli esploratori) morivano chissà dove, si ammalavano di strane malattie senza aver medicine per curarsi, si ficcavano in situazioni senza via d'uscita e nessuno ne sapeva più nulla, si sfinivano in viaggi perigliosissimi ed esalavano l'ultimo respiro magari sulla tolda della nave che li riportava in patria, insieme ai tesori raccolti ( semi e campioni), ai disegni, alle catalogazioni, ai diari.

Non viene citato in Cacciatori di piante un personaggio ingiustamente poco noto, il finlandese Peter Forsskal, al quale Linneo aveva melodrammaticamente affidato il compito di riportare in Svezia, dallo Yemen, un ramo dell’Opobalsamum, ( da cui l’antichità traeva una delle essenze più preziose, importandola a qualunque prezzo lungo la Via dell’incenso) affinchè il maestro lo potesse classificare prima di morire.
Trovato l’albero dell’incenso - il vero albero del balsamo della Mecca - e spedito un rametto fiorito al bramoso botanico, poco dopo  morì invece il discepolo, un giovanotto di ruvida personalità, di acuta intelligenza ed epico senso di giustizia, di grandi meriti scientifici e culturali, così coraggioso d’animo da osare mettersi contro il mondo accademico cui apparteneva per sostenere le sue convinzioni.

Giunse al punto di pubblicare a sue spese – era il 1759 – un libretto intitolato “Riflessioni sulla libertà dei cittadini ( alcuni traducono con Pensieri sulla libertà civile), in cui tra l’altro sosteneva che l’abuso del potere dei governanti poteva essere contrastato solo dalla libertà di parola e di stampa.
Ne venne fuori un putiferio, il rettore dell’Università di Uppsala ritirò e fece bruciare quante più copie possibile: il rettore, e venerato maestro del troppo audace allievo, era Carlo Linneo. Che tuttavia approfittò, pochi anni dopo, dell’incarico ricevuto da Forsskal , chiamato a partecipare ad una missione scientifica nello Yemen dal re di Danimarca, per attendere, comodo comodo a casa sua,  che il giovane esploratore gli procurasse preziosissime informazioni e materiale botanico .
Forsskal in quella tragica spedizione fu quindi di fatto l’inviato di Linneo, a spese di un altro governo e a prezzo della sua stessa vita.Tragica perchè solo uno dei 6 componenti fece ritorno a casa. 

Questa storia è raccontata in “Arabia Felix” di Thorkild Hansen (  considerato tra i massimi esponenti della letteratura danese novecentesca, scomparso nel 1989 durante uno dei suoi viaggi) romanzo-documentario avvincente quanto dotto, che irretisce pagina dopo pagina tra le illusioni e i pericoli propri tanto delle terre inesplorate quanto del mai sufficientemente esplorato animo degli esseri umani.
 Il Cadì di Taiz diede a Forsskal, poco prima che egli morisse in uno sperduto villaggio dello Yemen, una lettera per l’ Imam di Sana’a: c’era scritto solo “Non pensare niente di male di quest’uomo”.
Forsskal, ci dice l’autore, non giunse mai a Sana’a: si presentò, a soli trentun’anni, con quelle parole in tasca, davanti ad un Imam che sta molto più in alto e non riuscì, perlomeno da vivo, a rispondere alla domanda che lo tormentava: “Perchè l’Arabia si chiama felice?"
 L’eccezionale lavoro di ricerca,descrizione e catalogazione svolto da  Forsskal, ben più ampio di quello esclusivamente botanico, ricevette da Linneo una sola e significativa consacrazione: l’ortica scoperta in Egitto, riprodotta dai semi inviati in Svezia, fu battezzata dal maestro con il nome di Forsskalea e da lui descritta, ispirandosi allo scopritore, come tenacissima, hispida, adherens, uncinata. Tutto qui.
Thorkil Hansen giustifica Linneo ( che a lui evidentemente sta simpatico). Scrive: Linneo sapeva che là dove è sepolto Forsskal non crescono fiori ricercati; e  sapeva anche che non gliene sarebbe importato proprio niente di essere collegato a  rose o orchidee, a profumi e leggadria. Insomma, se avesse potuto scegliere, avrebbe sottoscritto i quattro aggettivi scelti da Linneo - tenacissimo, selvatico, caparbio e spigoloso.

Al sopravvissuto della spedizione,Carsten Niebuhr, geografo e matematico tedesco, Arabia Felix dedica pagine molto intense, considerandolo lo scopritore, a Persepoli, della chiave per comprendere la storia persiana.
"I Sumeri, gli Assiri, i Persiani iniziano a parlarci": è grazie al suo lavoro di trascrizione e catalogazione dei caratteri cuneiformi svolto a Persepoli che, 60 anni dopo la sua morte, Rasmus Kristian Rask stabilisce le regole per decifrare le iscrizioni cuneiformi.


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