Aperta fino a Natale la collettiva, a scopo benefico, "Ritratti e bestialità di corte"
di Marilisa Bombi
In tempi remoti, i quadrupedi elessero il leone, e gli
uccelli l’oca, come loro rispettivi re.
L’oca d’oro aveva una figlia bellissima e, quando la giovane
raggiunse l’età da marito, il padre le concesse di scegliersi lo sposo.
Perché potesse guardarsi accuratamente intorno, fece
chiamare a raduno tutti gli uccelli. Arrivarono in volo grandi e piccoli:
colombe, aquile, pavoni, oche, sparvieri, passerotti e quaglie.
Quando non mancò più nessuno, il re chiamò sua figlia e le
disse: “Mia cara, tutti gli uccelli sono qui riuniti. Ora scegli accuratamente
tra loro il tuo sposo”.
Dopo averli guardati uno a uno attentamente, infine il suo
sguardo si posò sul pavone, con il suo bellissimo piumaggio splendente dai
colori scintillanti, e le piacque di gran lunga di più di tutti gli altri.
“Il pavone sarà il mio sposo” disse al padre.
Il re acconsentì e fece chiamare il pavone: “Sei piaciuto
così tanto a mia figlia che vuole solo te per marito!”
Il pavone, gonfio d’orgoglio, pensò: “Questi non hanno
nemmeno mai visto di cosa sono capace!” ; si spogliò dunque di ogni timidezza,
alzò la coda, allargò le piume e cominciò a danzare per la contentezza.
Così facendo però mostrò il proprio deretano nudo, cosa che
irritò moltissimo il re.
“A costui” pensò il
sovrano “manca proprio qualsiasi senso del pudore, e in più è vanitoso. Non gli
darò certo mia figlia!”
E davanti a tutti gli uccelli radunati pronunciò queste
parole:
“Bello è il tuo
canto, luccicante il tuo dorso,
blu come
lapislazzuli il tuo collo;
una tesa intera
misurano le tue ali.
Ma essendoti messo
a ballare, non ti darò mia figlia!”
E detto ciò diede in sposa la sua prediletta a un’altra oca.
Il pavone, invece, umiliato e vergognoso, si eclissò nel
bosco.
Morale: L’umiltà – quella vera, cioè quel sentimento intimo
e delicato che caratterizza le anime trasparenti – è uno stato di grande
consapevolezza di sé e di grande saggezza.
Mi sono ricordata di questa leggenda quando, scartando il
quadro di Sergio Valcovich, mi è apparsa questa straordinaria oca danzante. Non
conoscevo le sue opere e non sapevo, quindi, della “sua abitudine ad usare
diversi materiali, come i frammenti di vetro, in una continua scomposizione e
ricomposizione, non solo con l’intento di dare consistenza: dimensionale alla
superficie della tela, bensì per rendere in qualche modo più palpabile, quasi
tattile alla vista del fruitore, l’immagine che ha esperito e che desidera offrire,
nel modo più efficace possibile, cercando di rendere, allo stesso tempo,
realistica nella materia quanto astratta nella concezione. Così risulta
volutamente sontuosa la stesura del colore ed emozionante la scelta dei
contrappunti cromatici.”
Così descrive la sua opera Annamaria Bonato, la quale ci racconta anche che è il mare, sua primaria fonte d’ispirazione e
richiamo irresistibile che l’artista preferisce tradurre sulla tela
declinandone tutti i toni del blu , catturandone la luce nella sua liquidità e profondità.
Il mare , nella sua dimensione reale ed insieme simbolica.
Il mare osservato e vissuto nelle immersioni subacquee.
Un mondo rovesciato e sommerso in cui la vita si dispiega negli
organismi multiformi, nelle sollecitazioni cromatiche, nei riflessi e nelle trasparenze, nei bagliori che corrono leggeri
come paillettes e lacerti dorati sulle superfici delle conchiglie, delle
meduse, dei pesci e dei coralli.
E non è un caso, quindi, se a far da sfondo alla oca
danzante, scelta per animare la corte fantastica di questa rassegna, Sergio
abbia scelto l’azzurro del suo mare. Una coerenza, voluta o inconscia che
ravviva, illumina dà corpo alle nostalgie agresti il cui intento è stato
raggiunto, in un modo o nell’altro, da ciascuno degli artisti che sulle pagine
di questo Blog si sono presentati. Ed è con nostalgia che è iniziato il count
down della collettiva, perché mancano soltanto ancora due artisti, prima di
calare il sipario e fare ciò il cui intento ha animato l’iniziativa.
Una esperienza, questa della collettiva artistica “Ritratti
e bestialità di corte” che ha visto riuniti in un unico progetto creativo, 22
tra i maggiori artisti della regione.
A loro, fin da ora, va il nostro ringraziamento per aver
creduto e condiviso quindi questa esperienza oltre l’augurio e la speranza per
un futuro in cui attraverso la mediazione dell’arte si riesca finalmente a
superare ogni possibile divisione o ostacolo culturale ed etnico. Mi impongo
questa riflessione ogni qualvolta, in giro per l’Italia ed il mondo, scopro
opere d’arte laddove meno te lo aspetti. L’arte unisce perché è patrimonio dell’umanità.
Ma stando così le cose, che senso ha parlare di confini?
Note biografiche di Sergio Valcovich
Architetto e artista monfalconese, nato e vissuto per lungo
tempo nel quartiere operaio di Panzano, adiacente al Cantiere navale, risente inevitabilmente della cultura del
lavoro, della sua complessità e delle sue contraddizioni.
Dopo aver conseguito il Diploma superiore all’Istituto
Tecnico Industriale Statale “A.Volta“ di Trieste, si laurea presso l’Istituto Universitario di
Architettura di Venezia.
Sviluppa la propria creatività nel campo della grafica e
della pittura, partecipando a diverse esposizioni collettive e personali.
Ha progettato e realizzato nella Regione Friuli Venezia
Giulia ed in Slovenia alcuni monumenti ai caduti della Lotta di Liberazione.
Ha collaborato alla realizzazione di testi didattici per la
scuola in qualità di illustratore.
Ha curato la realizzazione di cataloghi d’arte e di alcune
pubblicazioni, fra le quali, “100 anni di Cantiere” edizioni EDIESSE Roma.
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