venerdì 2 dicembre 2016

Giornalisti schierati, Rai, giornali e referendum

Lettere strumentali, precisazioni, omissioni. 


Forse, soltanto il referendum, peraltro allora abrogativo, della legge sul divorzio che si svolse nel 1974, spaccò il Paese come sta avvenendo oggi con il referendum confermativo per la riforma costituzionale, comunemente chiamata Renzi-Boschi. Eppure, contrariamente ad allora dove le due Italie erano divise nei schieramenti laico/cattolico, oggi i sostenitori del sì e del no sono confinati in aree anomale, non chiaramente identificabili, e pertanto il prossimo referendum ha un esito  assolutamente imprevedibile.
Nei giorni scorsi abbiamo, doverosamente, pubblicato lo speciale dossier sul referendum proposto dalla rivista Critica liberale che, con modalità non tecnico-giuridiche (ne abbiamo viste e lette tante a tale proposito) ma storiche ed analitiche ha tracciato, comunque, un quadro utile a riepilogare fatti ed eventi sottesi alla riforma. Enzo Marzo che della rivista CriticaLiberale è direttore, nei giorni scorsi ha anche inviato una lettera al quotidiano Repubblica che, tuttavia, non è stata pubblicata. L'ha, quindi, diffusa chiedendo di riproporne il suo contenuto. Lo facciamo volentieri, condividendone, peraltro, il contenuto.
“Gentile Augias,
la seguo sempre con grande ammirazione e quasi sempre concordo con le sue opinioni, soprattutto in tema di laicità. Mi sono meravigliato molto quando ho letto la sua risposta alla lettera di Natalia Aspesi (forse deontologia giornalistica avrebbe voluto che i lettori fossero avvertiti del lavoro che svolge, e dove, la nostra bravissima collega). Mi sono meravigliato anche molto che Aspesi abbia fatto una sorprendente rivelazione: “Mi impressiona il fatto che, pur essendo stato il Parlamento a votarlo, l’odio si riversi su Matteo Renzi come su nessun altro premier prima di lui (gli altri avevano i pro e i contro, vedi Berlusconi)”. A questa affermazione lei non risponde , anche se è davvero paradossale e cancella la storia politica degli ultimi vent’anni. Berlusconi fu molto odiato, subì persino una deprecabile violenza fisica. Quelli che lo combattevano (tra cui me) avevano alcune buone ragioni nel giudicare un vero disastro sia la sua politica, tutta dedita alla salvaguardia dei propri interessi personali, sia la sua legislazione che continua a compiere danni irreversibili (vedi ex Cirielli sulla prescrizione, per fare un solo esempio). E poi come non detestare profondamente chi aveva fondato un partito con altri tre sodali dalla pessima reputazione: ciascuno dei quattro era, o sarebbe stato, o corruttore di magistrati, di avvocati, di testimoni, o colluso con la mafia, o evasore fiscale o frodatore dello Stato. Eppure più volte Berlusconi, come ora Renzi, fu votato dal Parlamento e persino copiosamente dagli elettori (come invece non è avvenuto per Renzi). Ma questo non gli risparmiò biasimo e persino disprezzo. Mi pare invece che a Renzi non manchino giudizi anche molto benevoli, da una parte dell’opinione pubblica e da molti media, come per esempio dalla stessa “Repubblica”, per non parlare della tv pubblica, ridotta a un feudo personale del presidente del Consiglio grazie ad una legge ad personam del medesimo. Nella sua risposta lei scrive: “Se questa riforma costituzionale ha un senso è proprio nel suo fine di far acquisire all’azione di governo un passo più spedito su decisioni fondamentali che non possono rimbalzare tra le due camere perché qualcuno ha cambiato un paio di aggettivi”. È vero quanto lei denuncia che “la propaganda politica si esprime ormai in modi sbrigativi e brutali”, e mi dispiace che anche lei non se ne sia affrancato. Infatti basterebbe consultare uno studio di Openpolis per sapere che le leggi approvate con più di doppia lettura sono solo il 19,84 per cento del totale, e quelle di iniziativa governativa addirittura il 15,27%. Conoscendo la qualità delle leggi nostrane (anche quelle costituzionali), mi sembrano cifre persino troppo basse. Le sembra razionale spaccare il paese in due per modificare questa opera di correzione così sacrosanta?
Enzo Marzo, di Critica liberale (enzomarzo@gmail.com)”

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