domenica 10 maggio 2015

Essere cittadini alla Provincia di Gorizia: quattro domande sulla centrale a biomasse in città




I principi di accesso alle informazioni e di partecipazione del pubblico ai processi decisionali  avallano la necessità di coinvolgimento( sanciti dalla Convenzione di Arhus) su impatto ambientale, studio sulla qualità dell'aria, indagine epidemiologica sui casi di tumore in determinati quartieri cittadini, soddisfacimento del principio di precauzione. La nota dell'associazione Essere Cittadini a firma del presidente Stefano Cosolo.


 
Nonostante una precisa interrogazione indirizzata al presidente della Provincia di Gorizia e a tutti gli assessori,  sui progetti delle due centrali a biomassa da costruirsi in via Trieste, nel pieno centro abitato di Gorizia, l’associazione e i cittadini goriziani sono ancora in attesa di essere informati e coinvolti nel processo decisionale. Questo non è un  vezzo di alcuni cittadini che non hanno null’altro da fare ma è l’esercizio di un diritto sancito dalla “ Convenzione di Arhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla Giustizia in materia ambientale” del 25 giugno 1998, ratificata dallo Stato italiano con la legge 16 marzo 2001, n. 108, la quale ha affermato che i cittadini devono avere accesso alle informazioni ed essere ammessi a partecipare ai processi decisionali per poter affermare il diritto di vivere in un ambiente atto ad assicurare la propria salute ed il proprio benessere. Per la Convenzione il cittadino interessato dovrebbe essere un interlocutore privilegiato per l’Autorità decidente, che dovrebbe consultarlo sin dalla fase iniziale del procedimento amministrativo.
Relativamente alla salubrità dell’attività  di combustione di biomasse e sull’impatto che essa potrebbe avere sulla salute pubblica delle popolazioni localmente coinvolte occorre ricordare che la ratio di tutte la normativa in materia è di impedire che dallo svolgimento di determinate lavorazioni possa derivare pericolo per la salute dei cittadini. Per tale motivo l’installazione di una industria insalubre, pur non vietata di per sé in assoluto, è consentita soltanto se è accompagnata dall’introduzione di particolari metodi produttivi o cautele in grado di escludere qualsiasi rischio di compromissione della salute delle persone che vivono nelle vicinanze.
Ecco allora che di fronte alle potenziali manifestazioni di tali pericoli è opportuno porre in essere alcune cautele in sede procedimentale e decisoria, e di tali cautele abbiamo chiesto conto alla giunta provinciale, tra le altre cose,  di rendere edotti i cittadini.  A fronte di impianti industriali come quelli di cui parliamo è necessario operare alla luce del principio di precauzione.
Esso richiede di valutare le conseguenze sulla salute e sull’ambiente della costruzione dell’impianto di biogas, non soltanto nel breve ma anche nel medio-lungo periodo.
1 - Quale sarà l’incidenza sull’ambiente dei quartieri circostanti (Sant’Andrea, S. Anna e Campagnuzza) nonché di tutta la città, anche in considerazione delle già presenti altre centrali?
2 -  Esiste oggi uno studio della qualità dell'aria di Gorizia e dei quartieri più vicini alle centrali a biomassa già tutt'ora in funzione alle quali dovrebbero aggiungersene altre due?
3 - Esiste uno studio epidemiologico sui casi di tumore insorti nella popolazione cittadina e dei singoli quartieri finalizzato ad accertare se talune specifiche patologie siano più significative in presenza di determinate condizioni come la  vicinanza di industrie insalubri?
4 -Sulla base di quali metodologie e tramite quali tecnici la giunta provinciale - nodo principale di quel principio, la trasparenza, ad oggi di fatto abilmente aggirato nell'azione amministrativa -  intende soddisfare il principio di precauzione che unanime giurisprudenza amministrativa invoca per l'autorizzazione di impianti industriali ritenuti insalubri?
Ci chiediamo infine  come un’Amministrazione, essendo in gioco interessi contrapposti quali la libertà di iniziativa economica privata e la tutela dell’ambiente e della salute pubblica,  possa decidere senza aver informato e coinvolto i cittadini quali, appunto, legittimi portatori di un interesse diffuso nonchè, singolarmente, del diritto soggettivo alla vita, alla salute, alla possibilità di svolgere le proprie relazioni familiari e sociali in modo dignitoso e libero?
Si ricorda, a tale proposito,  la sentenza della Corte europea dei diritti umani nella causa Tatar v. Romania, del 27 gennaio 2009. In tale decisione la Corte ha osservato che l’inquinamento può interferire con la vita privata e familiare di una persona,  nuocere al suo benessere e alla sua salute, integrando così una violazione dell’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali.


Dunque, ribadiamo anche tramite gli organi di informazione, il principio, generalmente accolto e ritenuto fondamentale nel nostro ordinamento giuridico, per il quale, nel processo decisionale, deve essere garantita la partecipazione della popolazione allocata sul territorio sul quale è prevista la costruzione di industrie insalubri, tra le quali, lo ricorda l'autorità sanitaria, vi sono anche le centrali a  biomassa.

Quello che chiediamo è null'altro che gli amministratori, chiamati a rilasciare l'autorizzazione ambientale, adempiano alla funzione primaria dello Stato, di cui fanno parte anche gli enti locali per le funzioni a loro delegate, cioè quella di garantire la protezione dei  cittadini, regolando l’autorizzazione, l’insediamento, il funzionamento, la sicurezza e il monitoraggio delle attività industriali, in particolare delle attività pericolose per l’ambiente e la salute umana. Purtroppo ad oggi ciò non è avvenuto, così ci ha spiegato anche  la sentenza del T.A.R. che ha individuato, a norma di legge, nell'esecutivo provinciale, e non nella conferenza dei servizi, l'organo competente a decidere e, quindi, ad attuare tutti gli obblighi e le garanzie procedurali che abbiamo ricordato.

Stefano Cosolo

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