di Marilisa Bombi
Ippocastani! Che dire? Diego Kuzmin nelle sue note
domenicali (pubblicate dal Piccolo nella rubrica "Punti di vista") riesce, ogni volta, a scuotere anche gli animi più pigri
quando descrive cose e fatti che appartengono al passato e che inevitabilmente
ci fanno provare nostalgia di quanto abbiamo perduto di noi stessi. Non perché
il trascorrere degli anni si è portato via i nostri ricordi, ma perché noi
stessi abbiamo sostituito al vecchio il nuovo. Non potrò mai dimenticare le
fila di ippocastani che ornavano via San Gabriele, la strada della mia
infanzia. Tagliati, sradicati, buttati via fortunatamente dopo che me n’ero
andata. E così è per tutto. Perfino i nostri giardini, nel tempo si sono
trasformati e alle tradizionali piante che adesso in vivaio, se si trovano ancora,
costano poco e niente, si preferisce la pianta d’effetto che proviene da
lontano. Nessuno (o pochi) riflettono sul fatto che, alla fin fine, questo non
è altro che un inquinamento ambientale che si porta via ogni nostro ricordo. E
così, per ritrovare quell’io smarrito che cerca di ricordare sapori ed odori,
il mio sogno è quello di riuscire a realizzare, prima o poi, un “cottage garden”.
Non c’è contraddizione in questo uso di un termine straniero. Perché solo il
cottage garden riassume in se, come un brocardo, la sintesi di un concetto.
Frutta verdure, erbe aromatiche e fiori che vivono e crescono in mescolanza. I
fiori assicurano la presenza di insetti utili per l’impollinazione delle piante
da frutto, per combattere quelli nocivi e attirare gli uccelli. Piante da
frutto che oggi forse nessuno si sognerebbe di inserire nel suo giardino quali
il fico, il gelso bianco, il melograno, tanto per citarne alcuni. I fiori,
oltre alle rose, immancabili, aquilegie, violaciocche, bocche di leone. Anche
questo è un modo per salvare i migliori ricordi.
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