giovedì 3 aprile 2014

Andar per cinema a Gorizia: ricordo di Macedonio



L' artista e amico

di Nereo Battello

Ricordare Macedonio mi riporta agli anni 1945, all'immediato dopoguerra a Gorizia, alla sua abitazione in Piazzutta, ai film visti e discussi allora (si rammenti che a Gorizia sotto l'occupazione tedesca i cinema proiettavano - oltre alla produzione italiana: “Ossessione” di Visconti, per esempio, lo vedemmo al cinema Verdi – i film tedeschi, anche sottotitolati, e quelli francesi di Vichy. Finita la guerra, sopravvenuto il Governo militare alleato, vedemmo al cinema la produzione americana e i film neorealisti di Rossellini, De Sica, De Santis, Lattuada, Vergano soprattutto). Ci scambiavamo i (pochi) libri che riuscivamo ad acquistare: ricordo l'antologia di Gerardo Guerrrieri “Palcoscenico di Broadway” edizioni OET – Roma 1945. Macedonio lo utilizzò per le prime regie del “Piccolo” e ciò “Hello di fuori” di Saroyan e “In attesa di Lefty” di Clifford Odets. Ricordo anche, mai però messa in scena, “La puteine respectueuse” di Sartre acquistato da Paternolli nel 1947 ed altri testi teatrali nonché, dal 1948 in poi, la rivista “Cinema” nella sua nuova serie, i costosi volumi di “Bianco e Nero” e più avanti la rivista “Sipario”.
A casa sua ci leggeva alcuni racconti  (I Corvi – se ben ricordo) che buttava giù. Incominciò poi a lavorare come istitutore in un convitto gradiscano (inscenò una piccola recita su una tragedia scolastica di quegli anni: la caduta del muro di Lorenteggio). Poi ci furono gli anni di insegnamento a Porto Garibaldi (La Dora Markus di Montale!)
Di ritorno a Gorizia divenne prevalente l'attività teatrale con il “Piccolo Teatro”  (ci fu, peraltro, un gioiellino cinematografico, il cortometraggio “Francesca”). Nel 1968 d'accordo con lo Stabile di Trieste mise in scena “Gorizia 1916” su testo di Franceschi che ebbe molti apprezzamenti e qualche polemica retrò sul modo di interpretare la Prima Guerra mondiale. E' di quell'epoca un testo dedicato ai film francesi del realismo poetico d'anteguerra, recitato da giovani del luogo nel contesto di una festa dell'Unità a Ronchi (scenografie di Mario Tudor e contributi di Sergio Altieri).
Da allora sempre più teatro e regie teatrali tra Teatro Stabile di Trieste e la neocostituita, con la partecipazione sua e di Ariella Reggio e Orazio Bobbio, struttura teatrale “La Contrada”, fino al grande incontro con Tullio Kezich e la trilogia dialettale triestina (strumento espressivo, vera e propria umsprache del tutto diverso dall'invenzione linguistica delle “Maldobrie” ) con trasferte extra regionali a Fiume in un contesto di cooperazione culturale tra Italia e Croazia ma anche a Milano con “Senilità” da Svevo, interpretato da Herlitzka.
Ha insegnato anche recitazione e regia a Bologna: tra i suoi allievi ricordo Stefano Accorsi e l'affettuoso incontro con lui durante una sessione del Premio Amidei, allora in Castello.
Negli ultimi anni anche la Gorizia ufficiale si accorse di lui. Venne infatti insignito nel 2012 della massima onorificenza dei Lions e un solenne incontro in Comune.
Tra noi ci furono tante discussioni, talvolta anche contrastate: su una cosa sono però certo che ci saremmo trovati d'accordo: il suo amore per l'amato Cechov e il rammarico di non aver potuto metterne in scena che alcuni atti unici.
Tanto ci (mi) mancherà.

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