L' artista e amico
di Nereo Battello
Ricordare Macedonio mi
riporta agli anni 1945, all'immediato dopoguerra a Gorizia, alla sua abitazione
in Piazzutta, ai film visti e discussi allora (si rammenti che a Gorizia sotto
l'occupazione tedesca i cinema proiettavano - oltre alla produzione italiana:
“Ossessione” di Visconti, per esempio, lo vedemmo al cinema Verdi – i film
tedeschi, anche sottotitolati, e quelli francesi di Vichy. Finita la guerra,
sopravvenuto il Governo militare alleato, vedemmo al cinema la produzione
americana e i film neorealisti di Rossellini, De Sica, De Santis, Lattuada,
Vergano soprattutto). Ci scambiavamo i (pochi)
libri che riuscivamo ad acquistare: ricordo l'antologia di Gerardo Guerrrieri
“Palcoscenico di Broadway” edizioni OET – Roma 1945. Macedonio lo utilizzò per
le prime regie del “Piccolo” e ciò “Hello di fuori” di Saroyan e “In attesa di
Lefty” di Clifford Odets. Ricordo anche, mai però
messa in scena, “La puteine respectueuse” di Sartre acquistato da Paternolli
nel 1947 ed altri testi teatrali nonché, dal 1948 in poi, la rivista “Cinema”
nella sua nuova serie, i costosi volumi di “Bianco e Nero” e più avanti la
rivista “Sipario”.
A casa sua ci leggeva alcuni racconti (I Corvi – se ben ricordo) che buttava giù. Incominciò
poi a lavorare come istitutore in un convitto gradiscano (inscenò una piccola
recita su una tragedia scolastica di quegli anni: la caduta del muro di
Lorenteggio). Poi ci furono gli anni di insegnamento a Porto Garibaldi (La Dora
Markus di Montale!)
Di ritorno a Gorizia
divenne prevalente l'attività teatrale con il “Piccolo Teatro” (ci fu, peraltro, un gioiellino
cinematografico, il cortometraggio “Francesca”). Nel 1968 d'accordo con lo
Stabile di Trieste mise in scena “Gorizia 1916” su testo di Franceschi che ebbe
molti apprezzamenti e qualche polemica retrò sul modo di interpretare la Prima
Guerra mondiale. E' di quell'epoca un testo dedicato ai film francesi del
realismo poetico d'anteguerra, recitato da giovani del luogo nel contesto di
una festa dell'Unità a Ronchi (scenografie di Mario Tudor e contributi di
Sergio Altieri).
Da allora sempre più
teatro e regie teatrali tra Teatro Stabile di Trieste e la neocostituita, con
la partecipazione sua e di Ariella Reggio e Orazio Bobbio, struttura teatrale
“La Contrada”, fino al grande incontro con Tullio Kezich e la trilogia
dialettale triestina (strumento espressivo, vera e propria umsprache del tutto
diverso dall'invenzione linguistica delle “Maldobrie” ) con trasferte extra
regionali a Fiume in un contesto di cooperazione culturale tra Italia e Croazia
ma anche a Milano con “Senilità” da Svevo, interpretato da Herlitzka.
Ha insegnato anche
recitazione e regia a Bologna: tra i suoi allievi ricordo Stefano Accorsi e
l'affettuoso incontro con lui durante una sessione del Premio Amidei, allora in
Castello.
Negli ultimi anni anche
la Gorizia ufficiale si accorse di lui. Venne infatti insignito nel 2012 della
massima onorificenza dei Lions e un solenne incontro in Comune.
Tra noi ci furono tante
discussioni, talvolta anche contrastate: su una cosa sono però certo che ci
saremmo trovati d'accordo: il suo amore per l'amato Cechov e il rammarico di
non aver potuto metterne in scena che alcuni atti unici.
Tanto ci (mi) mancherà.
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