Se si fosse realizzata, " Limen o limes, soglia o barriera", questa sarebbe stata l'installazione con cui avrei stretto un'imperitura amicizia.
di Martina Luciani
Sfoglio e risfoglio le pagine del menabò di Koinè, riflettendo senza trovare risposta a una serie di penosi interrogativi, relativi al presente e al futuro della mia città.
Carolina Lantieri, che avrebbe accolto numerose installazioni all'interno del palazzo dove già si intrecciano le stratificazioni artistiche e culturali della storia passata e le migliori esperienze dell'arte contemporanea ( ecco la vera emozione dell'oggi!), mi ha scritto: Come dice Rudi Fuchs, se non facciamo conoscere ai ragazzi il linguaggio contemporaneo dell’arte, come faranno a capire le loro radici culturali? Già alle elementari, la scuola italiana dovrebbe assumere dei competenti perché insegnino il linguaggio concettuale dell’arte contemporanea, proseguendo poi con i Movimenti del Dadaismo, Bauhaus, il Futurismo, die Bruecke e via all’indietro, si comprenderebbe meglio, invece di scuotere la testa da ignoranti.
Ricopio dal bozzetto del progetto dell'artista Michele Salmi. Un "muro" di materiale riflettente, con l’apertura di una porta / varco, diventa un passaggio. Vedersi e vedere oltre, attraversare il proprio sguardo, il proprio immaginario, le proprie certezze, le paure, le barriere, andare oltre lo Sguardo.
Potendo farlo, avrei chiesto a Michele Salmi di riprodurre in numerosi esemplari la sua opera, e l'avrei distribuita in alcuni luoghi della città, dove sarebbe estremamente utile, forse urgente, essere stimolati a compiere spesso questa riflessione, oltre che a titolo personale anche mettendosi tanti quanti si riesca davanti alla porta nello specchio. Una meditazione plurale, insomma.
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