lunedì 13 marzo 2017

Infiltrazione della criminalità organizzata in Friuli Venezia Giulia: la differenza tra dichiarazione antimafia e informativa antimafia

L'infiltrazione mafiosa avviene sotto il nostro naso, scorre come un fiume sotterraneo: di questo bisogna avere davvero paura, altro che dei migranti!  I casi segnalati dalle cronache sono la punta dell'iceberg: mercato ortofrutticolo di Trieste, Portopiccolo, le stratificazioni degli appalti e subappalti nella cantieristica dove si infilano pregiudicati, ristorazione, imprese in crisi che hanno bisogno di liquidità e non hanno accesso al sistema creditizio bancario. Il Consiglio di Stato: contrasto preventivo, anche per le attività soggette soltanto a licenze, SCIA o AUA può essere richiesta l' informativa antimafia, qualora il Prefetto giudichi non sufficiente la sola  dichiarazione antimafia. 

 
di Martina Luciani
 
Rimbalzano sulle pagine dei giornali gli allarmi e le iniziative contro il radicamento della criminalità organizzata nella nostra Regione. Una tristezza infinita dover leggere che la Questura di Gorizia
"
continua peraltro a segnalare la forte presenza di lavoratori, in larga parte provenienti dalla Campania e spesso con precedenti penali per reati associativi, nell'ambiente delle ditte esterne che lavorano in appalto o subappalto per lo stabilimento di Fincantieri":  ma questo evidentemente è quanto accade nelle dinamiche della patologia cancerosa della mafia, corrompendo il tessuto sociale ed economico sano e l'idea stessa di bene comune e di lavoro come uno dei principali diritti di cittadinanza.

Ai primi di febbraio 2017 il Consiglio di Stato ha sviluppato in un sua sentenza  un importante ragionamento sulla prevenzione del fenomeno mafioso, affermando che dichiarazione antimafia e informativa antimafia non sono alternative, e che la seconda, in quanto strumento maggiormente efficace, può essere richiesta anche per le attività soggette a SCIA o mera autorizzazione, inclusa dunque anche l'Autorizzazione unica ambientale.
La “comunicazione antimafia” è costituita da un’attestazione circa l’assenza di misure di prevenzione penale o condanne per alcuni gravi delitti. Essa è necessaria per il rilascio di autorizzazioni, licenze o s.c.i.a. ed è autocertificabile dall’imprenditore.
L’“informativa antimafia” è costituita invece da una valutazione del Prefetto sul rischio di infiltrazione mafiosa, fondata non solo sulle condanne ma anche su altri elementi (rapporti di polizia, cointeressenze economiche, frequentazioni).
L’informativa costituisce quindi uno strumento di prevenzione molto più avanzato. Essa era necessaria, secondo la precedente normativa, solo quando l’impresa doveva stipulare contratti con l’amministrazione, ricevere sovvenzioni, o sfruttare economicamente beni pubblici. Oggi non più. Si legge nella sentenza del Consiglio di Stato: "la mafia tende ad infiltrarsi, capillarmente, in tutte le attività economiche, anche quelle soggetto a regime autorizzatorio (o a s.c.i.a.)".
E ancora: " in molti di tali settori, strategici per l’economia nazionale (l’edilizia, le grandi opere pubbliche, lo sfruttamento di nuove fonti energetiche, gli scarichi delle sostanze reflue industriali, come appunto nel caso di specie, relativo all’AUA, e persino la ricostruzione dopo i gravi eventi sismici che funestano il territorio italiano), le associazioni di stampo mafioso hanno impiegato, diretto o controllato ingenti capitali e risorse umane per investimenti particolarmente redditizi finalizzati non solo ad ottenere pubbliche commesse o sovvenzioni, ma in generale a colonizzare l’intero mercato secondo un disegno, di più vasto respiro, del quale l’aggiudicazione degli appalti o il conseguimento di concessioni ed elargizioni costituisce una parte certo cospicua, ma non esclusiva né satisfattiva per le mire egemoniche della criminalità; disegno, quello mafioso, talvolta agevolato dall’omertà, se non persino dalla collusione o dalla corruzione, dei pubblici amministratori."

Quindi la tradizionale distinzione tra le comunicazioni antimafia, applicabili agli atti autorizzativi ed abilitativi, e le informative antimafia, applicabili a contratti pubblici, concessioni e sovvenzioni pubbliche, da quando è entrato in vigore il nuovo codice antimafia è venuta meno.
La pratica applicazione della distinzione tra i due strumenti “ha fatto sì che le associazioni di stampo mafioso potessero, comunque, gestire tramite imprese infiltrate, inquinate o condizionate da essa, lucrose attività economiche, in vasti settori dell’economia privata, senza che l’ordinamento potesse efficacemente intervenire per contrastare tale infiltrazione, anche quando, paradossalmente, a dette imprese fosse stata comunque interdetta la stipulazione dei contratti pubblici per effetto di una informativa antimafia”.

Il Consiglio di Stato si preoccupa di chiarire l'interpretazione del concetto "rapporti con la pubblica amministrazione" che ricorre relativamente alla previsione normativa (
art. 2, l. 13 agosto 2010, n. 136) dell'istituzione di una banca di dati nazionale unica della documentazione antimafia, con immediata efficacia delle informative antimafia negative su tutto il territorio nazionale.
Sussiste  un rapporto tra amministrato e amministrazione in ogni ipotesi in cui l’attività economica sia sottoposta ad attività provvedimentale, che essa sia di tipo concessorio o autorizzatorio o, addirittura soggetta a s.c.i.a. Sono dunque "rapporti" anche quelli instaurati per il tramite dell’AUA "che, per quanto oggetto di mera autorizzazione, hanno un impatto fortissimo e potenzialmente devastante su beni e interessi pubblici, come nei casi di scarico di sostanze inquinanti o l’esercizio di attività pericolose per la salute e per l’ambiente."

Relativamente alla preoccupazione che l'estensione delle informative antimafia alle attività economiche soggette a regime autorizzatorio avvalli una sorta di arbitrio da parte dei Prefetti sull'esercizio dell'attività economica privata, il Consiglio di Stato rassicura: la valutazione prefettizia sulla necessità di produrre una informativa antimafia anzichè la semplice dichiarazione deve sempre fondarsi su elementi gravi, precisi e concordanti che consentano di ritenere, attraverso un oggettivo apprezzamento dei fatti ( sempre sindacabile in sede giurisdizionale), razionalmente credibile il pericolo di infiltrazione mafiosa
La sentenza contiene una ulteriore riflessione sul bilanciamento tra i valori costituzionali rilevanti in materia, cioè l’esigenza  di preservare i rapporti economici dalle infiltrazioni mafiose in attuazione del superiore principio di legalità sostanziale a fronte della libertà di impresa.
"Lo Stato - si legge nella sentenza - non riconosce dignità e statuto di operatori economici, e non più soltanto nei rapporti con la pubblica amministrazione, a soggetti condizionati, controllati, infiltrati ed eterodiretti dalle associazioni mafiose."
Questa valutazione, che ha natura preventiva e non sanzionatoria, "costituisce un severo limite all’iniziativa economica privata" , giustificato perchè cil metodo mafioso costituisce un «danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana» (art. 41, comma secondo, Cost.), già sul piano dei rapporti tra privati (prima ancora che in quello con le pubbliche amministrazioni), oltre a porsi in contrasto con l’utilità sociale, limite allo stesso esercizio della proprietà privata.
"Il metodo mafioso è e resta tale, per un essenziale principio di eguaglianza sostanziale prima ancora che di logica giuridica, non solo nelle contrattazioni con la pubblica amministrazione, ma anche tra privati, nello svolgimento della libera iniziativa economica."
"Non si può ignorare, e la legislazione antimafia più recente non ha di certo ignorato, che tra economia pubblica ed economia privata sussista un intreccio tanto profondo, anche nell’attuale contesto di una economia globalizzata, che non è pensabile e possibile contrastare l’infiltrazione della mafia “imprenditrice” e i suoi interessi nell’una senza colpire anche gli altri e che tale distinzione, se poteva avere una giustificazione nella società meno complessa di cui la precedente legislazione antimafia era specchio, viene oggi a perdere ogni valore, ed efficacia deterrente, per entità economiche che, sostenute da ingenti risorse finanziarie di illecita origine ed agevolate, rispetto ad altri operatori, da modalità criminose ed omertose, entrino nel mercato con una aggressività tale da eliminare ogni concorrenza e, infine, da monopolizzarlo.
La tutela della trasparenza e della concorrenza, nel libero esercizio di una attività imprenditoriale rispettosa della sicurezza e della dignità umana, è un valore che deve essere preservato nell’economia sia pubblica che privata."

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