mercoledì 1 febbraio 2017

Sviluppo turistico e progetto GECT Isonzo - Soča: servono maggiori garanzie di tutela ambientale/paesaggistica e eco-sostenibilità



Leggere le linee guida dell'Interreg Gect Go relativo all'Isonzo, induce una serie di riflessioni. Specializzarsi in eco – turismo, significa perseguire uno sviluppo economico quanto più possibile non invasivo, effettuare investimenti che mantengono intatto il patrimonio collettivo,  produrre ricchezza senza depredare risorse, conservare i contesti della storia e cultura locali; costituisce oggi un valore aggiunto non soltanto relativamente agli effetti futuri della tutela ambientale ma anche sul mercato turistico e nella riqualificazione sociale delle comunità. Significa anche restare Unesco - compatibili. Ma siamo sicuri che il nostro impenetrabile Gect la pensi così?


di Martina Luciani


Ho l’attitudine a considerare le parole molto importanti, marcatori indelebili. Quindi leggendo le linee guida del progetto Isonzo – Soča, sul sito del GECT, inciampo in una serie di contraddizioni, che mi piacerebbe molto qualcuno chiarisse.
Analoga richiesta di chiarezza, a scanso di equivoci pre elettorali, è già stata presentata molto tempo fa, nell’ambito delle attività del Comitato Isonzo ed anche su questo blog: lo sviluppo turistico, sul quale tutti conveniamo sia utile e necessario per il nostro territorio, deve essere contenuto nei limiti  del rispetto ecologico e paesaggistico dell’area fluviale. Ci lusinga la candidatura a sito Unesco, ma siamo sicuri di poterla mantenere?  
Specializzarsi in eco – turismo, significa perseguire uno sviluppo economico quanto più possibile non invasivo, effettuare investimenti che mantengono intatto il  patrimonio collettivo,  produrre ricchezza senza depredare risorse, conservare i contesti della storia e cultura locali; costituisce oggi un valore aggiunto non soltanto rispetto gli effetti futuri della tutela ambientale ma anche sul mercato turistico e nella riqualificazione sociale delle comunità.
Ma entriamo nel dettaglio delle preoccupazioni.
Il progetto Isonzo – Soča  deve essere attuato in un ambito specifico, che si chiama Asse Prioritario, così definito: Protezione e promozione delle risorse naturali e culturali. Se non fosse chiaro che le opportunità di promozione trovano un limite nell’esigenza di protezione, ulteriori chiarimenti lo precisano: conservazione, protezione,recupero del patrimonio naturale e culturale.
In questa prospettiva, i cosiddetti indicatori di risultato attengono al “ livello di cooperazione transfrontaliera nella valorizzazione sostenibile del patrimonio naturale e culturale ( ovvio, sennò che cooperazione transfrontaliera è) ed incrementata capacità delle autorità pubbliche e dei portatori di interesse nella cooperazione transfrontaliera e nella governance.”
Bene, fin qua, il quadro è chiaro, confortante e promettente: usiamo un patrimonio naturale/culturale collettivo nel modo più consono a trarne dei benefici senza intaccarlo ed anzi proteggendolo e migliorandolo. In ciò la sostenibilità.
Poi, la visione mi si appanna leggendo il dettaglio delle tipologie di azione ammesse.
Copio e incollo:
Costruzione di piste ciclabili e percorsi pedonali che colleghino l'area transfrontaliera Isonzo-Soča, costruzione di attraversamenti sul fiume Isonzo-Soča
Rilancio e ricostruzione integrata dell'area lungo il confine, valorizzazione dell'area come destinazione turistica culturale unica
Creazione e ricostruzione di aree turistiche ricreative
Comunicazione e informazione del pubblico generale in merito alle attività del progetto
Creazione del piano di sviluppo turistico integrato e unificato comune dell'area transfrontaliera Isonzo-Soča: strategia di marketing, materiale promozionale, canali di marketing
Promozione e valorizzazione dell'area come destinazione turistica
Altre attività derivanti da studi e analisi dell'area  

Keep calm! mi dico, tutto ciò si inserisce nell’ambito specifico delineato all’inizio, quindi deve essere concepito e armonizzato nella prospettiva dell’asse prioritario e ulteriori specificazioni. Per cui, ad esempio, la creazione di aree turistiche ricreative è sottomessa a vincoli naturalistici e paesaggistici, evitando abusi e invasioni dell’ambiente e degli ecosistemi. Insomma, prima la tutela del patrimonio ambientale e poi il turismo.
Ma quando, a seguire, leggo i risultati attesi, scopro che le parole "ambientaliste" scompaiono.
Di nuovo copio e incollo:
Rete transfrontaliera integrata di piste ciclabili e percorsi pedonali. Investimenti volti a creare e promuovere la nuova destinazione turistica e nuovi prodotti turistici. Maggiore visibilità dell'area transfrontaliera come destinazione turistica integrata per trascorrere piacevolmente il tempo libero . Strategia di marketing integrata. Maggior numero di visitatori.

L’esperienza locale e nazionale in materia di gestione ambientale è stata negli anni così scellerata e spudoratamente svenduta ai più disparati interessi politici ed economici che tocca per forza essere un po’ estremisti.
Mi pare che le parole costruzione, ricostruzione, sviluppo turistico, strategie di comunicazione, “valorizzazione dell’area come destinazione turistica”, aree turistiche ricreative, trascorrere piacevolmente il tempo, esprimano e concedano lo sfruttamento dell’ambiente naturale anziché sancire, contro future furberie, la sua tutela, individuando il bene comune” Isonzo e sue sponde” come occasione non già di virtuosa e cooperante gestione ma di mero business.
A parte la dichiarazione d’intenti iniziale, non trovo precise limitazioni che rassicurino sull’attenzione per l’ecosistema del luogo, per la sua qualità naturalistica e paesaggistica, mancano  i concetti che rappresentano ferma garanzia contro il consumo di suolo, l’alterazione degli ecosistemi e del paesaggio. La parolina magica “eco turismo” è sfuggita completamente: peccato, perché rappresenta una fetta crescente del mercato del turismo responsabile e se applicata senza giochetti sottobanco è un reale investimento per tenere in equilibrio esigenze di sviluppo umano e di tutela ambientale. Per contro, la parola biodiversità appare solo uno specchietto per le allodole, messa là a suscitare un brivido di vacua consapevolezza ambientale.
Si parla della progettualità Isonzo/ Gect anche nel documento del Comune di Gorizia relativo alla variante 41, dove si integrano aprioristicamente i progetti del Gect ( senza presupporre alcuna condivisione e dibattito, che dopo la nostrana vicenda ascensore al Castello dovrebbero essere imperativi categorici) e salta fuori il  concetto “la natura che diventa parte integrante della città”: un’idea di semplice arredo urbano, quasi medioevale rispetto le rivoluzioni “verdi” realizzate in giro per l’Europa e rivolte alla riconversione ecologica delle città.
Temo che la verità vera sia quella di approfittare dell’area rimasta intatta, o quasi, lungo il fiume, ma non certo per sviluppare sensibilità ambientale e attenzione naturalistica nel pubblico: l’investimento di una montagna di quattrini ha come scopo  il mero uso delle risorse naturali per far passare il tempo alla gente, e più ce n’è meglio è.
Se la frotta di gitanti si limiterà a consumare un’offerta turistica, se non capirà niente di biodiversità e dei particolari equilibri dell’area, se non imparerà qualcosa da riportare nella propria esperienza e nelle proprie scelte quotidiane, se non coglierà la bellezza ed i segreti del fiume, se non avrà scorto le innumerevoli meraviglie naturalistiche attraverso cui si esprime il genius loci, se non si sarà investito per il futuro della responsabilità personale di tutela del patrimonio ambientale, se non avrà ricordato nemmeno per un attimo quanto sangue e dolore si è riversato nel fiume oggi simbolo di pace e cooperazione: se tutto ciò non dovesse avvenire alle linee guida del progetto non importa.  A me invece si. 
La speranza è che tra i gruppi target identificati nelle linee guida, risultino alla fine prevalenti sulle agenzie di marketing e sui fornitori di prodotti turistici, le ONG, le organizzazioni no profit e le associazioni nel campo dell’ambiente, delle risorse naturali e delle attività sociali e culturali: come sempre più spesso avviene, è nelle loro mani, a mio parere, la capacità di tenere ancorato il carrozzone ai principi “ Protezione e promozione delle risorse naturali e culturali”.

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