Leggere le linee guida dell'Interreg Gect Go relativo all'Isonzo, induce una serie di riflessioni. Specializzarsi in eco – turismo, significa perseguire uno sviluppo economico quanto più possibile non invasivo, effettuare investimenti che mantengono intatto il patrimonio collettivo, produrre ricchezza senza depredare risorse, conservare i contesti della storia e cultura locali; costituisce oggi un valore aggiunto non soltanto relativamente agli effetti futuri della tutela ambientale ma anche sul mercato turistico e nella riqualificazione sociale delle comunità. Significa anche restare Unesco - compatibili. Ma siamo sicuri che il nostro impenetrabile Gect la pensi così?
di Martina Luciani
Ho
l’attitudine a considerare le parole molto importanti, marcatori indelebili.
Quindi leggendo le linee guida del progetto Isonzo – Soča, sul sito del GECT,
inciampo in una serie di contraddizioni, che mi piacerebbe molto qualcuno
chiarisse.
Analoga richiesta di chiarezza, a scanso di equivoci pre elettorali, è già stata presentata molto tempo fa, nell’ambito delle attività del Comitato Isonzo ed anche su questo blog: lo sviluppo turistico, sul quale tutti conveniamo sia utile e necessario per il nostro territorio, deve essere contenuto nei limiti del rispetto ecologico e paesaggistico dell’area fluviale. Ci lusinga la candidatura a sito Unesco, ma siamo sicuri di poterla mantenere?
Specializzarsi in eco – turismo, significa perseguire uno sviluppo economico quanto più possibile non invasivo, effettuare investimenti che mantengono intatto il patrimonio collettivo, produrre ricchezza senza depredare risorse, conservare i contesti della storia e cultura locali; costituisce oggi un valore aggiunto non soltanto rispetto gli effetti futuri della tutela ambientale ma anche sul mercato turistico e nella riqualificazione sociale delle comunità.
Analoga richiesta di chiarezza, a scanso di equivoci pre elettorali, è già stata presentata molto tempo fa, nell’ambito delle attività del Comitato Isonzo ed anche su questo blog: lo sviluppo turistico, sul quale tutti conveniamo sia utile e necessario per il nostro territorio, deve essere contenuto nei limiti del rispetto ecologico e paesaggistico dell’area fluviale. Ci lusinga la candidatura a sito Unesco, ma siamo sicuri di poterla mantenere?
Specializzarsi in eco – turismo, significa perseguire uno sviluppo economico quanto più possibile non invasivo, effettuare investimenti che mantengono intatto il patrimonio collettivo, produrre ricchezza senza depredare risorse, conservare i contesti della storia e cultura locali; costituisce oggi un valore aggiunto non soltanto rispetto gli effetti futuri della tutela ambientale ma anche sul mercato turistico e nella riqualificazione sociale delle comunità.
Ma entriamo
nel dettaglio delle preoccupazioni.
Il progetto
Isonzo – Soča deve essere attuato in un
ambito specifico, che si chiama Asse Prioritario, così definito: Protezione e
promozione delle risorse naturali e culturali. Se non fosse chiaro che le
opportunità di promozione trovano un limite nell’esigenza di protezione,
ulteriori chiarimenti lo precisano: conservazione, protezione,recupero del
patrimonio naturale e culturale.
In questa
prospettiva, i cosiddetti indicatori di risultato attengono al “ livello di
cooperazione transfrontaliera nella valorizzazione sostenibile del patrimonio
naturale e culturale ( ovvio, sennò che cooperazione transfrontaliera è) ed incrementata capacità delle autorità pubbliche e dei portatori di interesse
nella cooperazione transfrontaliera e nella governance.”
Bene, fin
qua, il quadro è chiaro, confortante e promettente: usiamo un patrimonio
naturale/culturale collettivo nel modo più consono a trarne dei benefici senza
intaccarlo ed anzi proteggendolo e migliorandolo. In ciò la sostenibilità.
Poi, la
visione mi si appanna leggendo il dettaglio delle tipologie di azione ammesse.
Copio e
incollo:
Costruzione
di piste ciclabili e percorsi pedonali che colleghino l'area transfrontaliera
Isonzo-Soča, costruzione di attraversamenti sul fiume Isonzo-Soča
Rilancio e
ricostruzione integrata dell'area lungo il confine, valorizzazione dell'area
come destinazione turistica culturale unica
Creazione e
ricostruzione di aree turistiche ricreative
Comunicazione
e informazione del pubblico generale in merito alle attività del progetto
Creazione
del piano di sviluppo turistico integrato e unificato comune dell'area
transfrontaliera Isonzo-Soča: strategia di marketing, materiale promozionale,
canali di marketing
Promozione e
valorizzazione dell'area come destinazione turistica
Altre
attività derivanti da studi e analisi dell'area
Keep calm! mi dico, tutto ciò si inserisce nell’ambito specifico delineato all’inizio, quindi deve essere concepito e armonizzato nella prospettiva dell’asse prioritario e ulteriori specificazioni. Per cui, ad esempio, la creazione di aree turistiche ricreative è sottomessa a vincoli naturalistici e paesaggistici, evitando abusi e invasioni dell’ambiente e degli ecosistemi. Insomma, prima la tutela del patrimonio ambientale e poi il turismo.
Ma quando, a
seguire, leggo i risultati attesi, scopro che le parole "ambientaliste" scompaiono.
Di nuovo
copio e incollo:
Rete
transfrontaliera integrata di piste ciclabili e percorsi pedonali. Investimenti
volti a creare e promuovere la nuova destinazione turistica e nuovi prodotti
turistici. Maggiore visibilità dell'area transfrontaliera come destinazione
turistica integrata per trascorrere piacevolmente il tempo libero . Strategia
di marketing integrata. Maggior numero di visitatori.
L’esperienza
locale e nazionale in materia di gestione ambientale è stata negli anni così
scellerata e spudoratamente svenduta ai più disparati interessi politici ed
economici che tocca per forza essere un po’ estremisti.
Mi pare che le parole costruzione, ricostruzione, sviluppo turistico, strategie di comunicazione, “valorizzazione dell’area come destinazione turistica”, aree turistiche ricreative, trascorrere piacevolmente il tempo, esprimano e concedano lo sfruttamento dell’ambiente naturale anziché sancire, contro future furberie, la sua tutela, individuando il bene comune” Isonzo e sue sponde” come occasione non già di virtuosa e cooperante gestione ma di mero business.
A parte la dichiarazione d’intenti iniziale, non trovo precise limitazioni che rassicurino sull’attenzione per l’ecosistema del luogo, per la sua qualità naturalistica e paesaggistica, mancano i concetti che rappresentano ferma garanzia contro il consumo di suolo, l’alterazione degli ecosistemi e del paesaggio. La parolina magica “eco turismo” è sfuggita completamente: peccato, perché rappresenta una fetta crescente del mercato del turismo responsabile e se applicata senza giochetti sottobanco è un reale investimento per tenere in equilibrio esigenze di sviluppo umano e di tutela ambientale. Per contro, la parola biodiversità appare solo uno specchietto per le allodole, messa là a suscitare un brivido di vacua consapevolezza ambientale.
Mi pare che le parole costruzione, ricostruzione, sviluppo turistico, strategie di comunicazione, “valorizzazione dell’area come destinazione turistica”, aree turistiche ricreative, trascorrere piacevolmente il tempo, esprimano e concedano lo sfruttamento dell’ambiente naturale anziché sancire, contro future furberie, la sua tutela, individuando il bene comune” Isonzo e sue sponde” come occasione non già di virtuosa e cooperante gestione ma di mero business.
A parte la dichiarazione d’intenti iniziale, non trovo precise limitazioni che rassicurino sull’attenzione per l’ecosistema del luogo, per la sua qualità naturalistica e paesaggistica, mancano i concetti che rappresentano ferma garanzia contro il consumo di suolo, l’alterazione degli ecosistemi e del paesaggio. La parolina magica “eco turismo” è sfuggita completamente: peccato, perché rappresenta una fetta crescente del mercato del turismo responsabile e se applicata senza giochetti sottobanco è un reale investimento per tenere in equilibrio esigenze di sviluppo umano e di tutela ambientale. Per contro, la parola biodiversità appare solo uno specchietto per le allodole, messa là a suscitare un brivido di vacua consapevolezza ambientale.
Si parla
della progettualità Isonzo/ Gect anche nel documento del Comune di Gorizia
relativo alla variante 41, dove si integrano aprioristicamente i progetti del
Gect ( senza presupporre alcuna condivisione e dibattito, che dopo la nostrana
vicenda ascensore al Castello dovrebbero essere imperativi categorici) e salta
fuori il concetto “la natura che diventa
parte integrante della città”: un’idea di semplice arredo urbano, quasi
medioevale rispetto le rivoluzioni “verdi” realizzate in giro per l’Europa e
rivolte alla riconversione ecologica delle città.
Temo che la
verità vera sia quella di approfittare dell’area rimasta intatta, o quasi,
lungo il fiume, ma non certo per sviluppare sensibilità ambientale e attenzione
naturalistica nel pubblico: l’investimento di una montagna di quattrini ha come
scopo il mero uso delle risorse naturali
per far passare il tempo alla gente, e più ce n’è meglio è.
Se la frotta
di gitanti si limiterà a consumare un’offerta turistica, se non capirà niente
di biodiversità e dei particolari equilibri dell’area, se non imparerà qualcosa
da riportare nella propria esperienza e nelle proprie scelte quotidiane, se non
coglierà la bellezza ed i segreti del fiume, se non avrà scorto le innumerevoli
meraviglie naturalistiche attraverso cui si esprime il genius loci, se non si
sarà investito per il futuro della responsabilità personale di tutela del
patrimonio ambientale, se non avrà ricordato nemmeno per un attimo quanto
sangue e dolore si è riversato nel fiume oggi simbolo di pace e
cooperazione: se tutto ciò non dovesse avvenire alle linee guida
del progetto non importa. A me invece
si.
La speranza è che tra i gruppi target identificati nelle linee guida,
risultino alla fine prevalenti sulle agenzie di marketing e sui fornitori di
prodotti turistici, le ONG, le organizzazioni no profit e le associazioni nel
campo dell’ambiente, delle risorse naturali e delle attività sociali e
culturali: come sempre più spesso avviene, è nelle loro mani, a mio parere, la
capacità di tenere ancorato il carrozzone ai principi “ Protezione e promozione
delle risorse naturali e culturali”.
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