Matrimonio secondo tradizione della comunità slovacca di Selenča, nella municipalità serba di Bač: una "turista per caso" nello stesso albergo della stupefacente grande festa.
di Martina Luciani
La sorridente ragazza con l'imponente acconciatura si è sposata pochi giorni fa. E' tornata nel suo paese, nel cuore della Vojvodina, dalla provincia di Verona, dove vive e lavora, per rispettare le complesse articolazioni della cerimonia nuziale della comunità slovacca, da oltre 250 anni insediatasi a Selenča , nella Serbia nord occidentale.
L'abito che indossa è rigorosamente identico a quello che si vede nelle foto di un tempo, e va indossato la domenica precedente le nozze vere e proprie, in occasione di una grande festa che, più o meno, corrisponde al nostro addio al nubilato ( lo sposo fa altrettanto, con l'abito tradizionale maschile).
Nel minuscolo paese di Selenča, come ci hanno raccontato, ne sono custoditi due, uno nero e uno bianco, e di volta in volta sono utilizzati dalle giovani spose. Come facciano con la taglia non ho potuto capire, deve esserci qualche segreto trucco per adattare gli abiti ai fisici, peraltro generalmente perfetti, delle bellissime ragazze di questi luoghi.
Poi arriva il gran giorno, che nel nostro caso è stato il 2 agosto, proprio quando mi trovo alloggiata, del tutto casualmente, in una stanza dello stesso albergo dove è allestita la festa della sposa. Questa volta l'abito se lo è scelto lei, ed aveva uno stile decisamente italiano.
Ci ho messo un po' a capire che i festeggiamenti , come da usanza secolare, erano suddivisi tra due sedi, una per la ragazza e tutti i suoi amici e parenti e una per lo sposo. Gli invitati sono arrivati alla spicciolata, attorno all'ora di pranzo, ognuno recando personalmente una torta: ho personalmente contato una quindicina di sfarzose opere di pasticceria, che giungevano esibite senza trionfalmente e senza alcun contenitore, nella sala dove era organizzata la festa della sposa. Commissionate ad una pasticceria locale, erano tutte diverse tra loro: sono state poi disposte sulle tavolate e condivise tra tutti gli ospiti, restando ovviamente esorbitanti rispetto i quantitativi di dolcezza effettivamente consumabili. Dopo la mezzanotte, quando avevo ben che capito sarebbe stato impossibile dormire e me ne stavo uscendo dall'albergo ( onestamente preoccupata della mia sorte), sono stata fermata e coinvolta nella colossale abbuffata di creme e panna montata: pur a quell'ora tarda, ce n'era ancora per un esercito di golosi
La festa, come da tradizione, è durata all'infinito, ed ha avuto anche una serie di protocollari trasferimenti di sede, riunendo ora qua ora là, i due gruppi, i musicisti e gli appetiti, in verità formidabili. Le ore sono trascorse tra danze e canti di rado interrotti. Una performance non da poco per tutti i protagonisti. per la sposa in primis, costantemente sotto il tiro di calorose e affettuose attenzioni, come quella di dover ballare con tutti coloro che pagassero per danzare due minuti con lei. Ma come mi ha detto Jan, anche lui emigrato in Italia e rientrato per partecipare al matrimonio, ci si sposa una sola volta nella vita e varrà pure la pena di sottostare per una notte all'impegnativo rituale che segna il passaggio ad una nuova vita. Alle 3 del mattino pensavo che tutti avessero ceduto: ma le cameriere del ristorante che stavano spazzando e riassettando mi hanno spiegato che per un po' se n'erano andati tutti all'altra festa e sarebbero poi ritornati per tirar tardi ancora un paio d'ore almeno. E così è stato. E probabilmente non è nemmeno finita lì. Quando alle 8 ho attraversato la sala del ristorante, tutto era lustro e nuovamente apparecchiato, come se di lì a poco la festa dovesse ricominciare. Non ho chiesto. Non ho avuto coraggio. Il personale dell'albergo aveva gli occhi lustri e i lineamenti tirati dalla stanchezza, ed io ero nelle stesse identiche condizioni con in più la prospettiva del viaggio di rientro a Gorizia. Tuttavia,per me, ne è davvero valsa la pena. Tanto che, pur odiando con tutta me stessa i matrimoni e relativo apparato, stavolta, a Selenča, nella Vojvodina, in una notte d'estate, anche io ho pagato e ho ballato con la sposa: bella, sorridente e senza un' ombra di stanchezza negli occhi, parlandomi in italiano con squisito accento veronese, ha apprezzato divertita la mia incursione e mi ha spiegato i passi della danza, così da non farmi proprio sfigurare in mezzo alla folla che in quel momento mi è parsa rumorosamente raddoppiare attorno alla nostra chiacchiera intergenerazionale e internazionale. Con infinita tenerezza, auguri ragazza mia, non sarà facile stare in bilico tra due mondi, ma ho idea che la tempra per riuscirci tu ce l'abbia davvero....
1 commento:
Bellissimo racconto, grazie per la testimonianza. Auguri agli sposi!
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