venerdì 4 luglio 2014

CIE, diritti umani negati.Intervento dell' Associazione radicale di Gorizia "Trasparenza è partecipazione" .



L'avvocato Marzia Pauluzzi interviene nel dibattito sulla riapertura del CIE di Gradisca d'Isonzo e sulle dichiarazioni del Prefetto di Gorizia. Pubblichiamo la sua nota "Carceri o CIE, è sempre questione di diritti umani negati."

Le sconcertanti parole del sig. Prefetto di Gorizia, rappresentante del Governo sul territorio, testualmente riportate dal dott. Covaz nell'articolo apparso qualche giorno fa, costringono  - chi da tempo denuncia le inumane condizioni di detenzione cui lo Stato costringe le persone private della libertà e ristrette - a proporre una riflessione pubblica.
E' importante si sappia che all'interno dei CIE, che sono veri e propri luoghi di detenzione,  si accede senza aver necessariamento commesso reati, né gravissimi né lievi, per il solo fatto di non possedere, o non possedere più, un regolare titolo di soggiorno: e così accade che vengano rinchiusi al CIE anche persone che per anni hanno regolarmente soggiornato in Italia, con permesso di lavoro, lavorando regolarmente, pagando imposte e contributi.

Perso il lavoro per qualsiasi causa, venuto meno il requisito per il rinnovo del permesso di soggiorno, si ritrovano rinchiusi, a tempo indefinito (sino a 18 mesi), in attesa di essere rimandati nel paese di origine, con cui spesso non hanno più legami.
Al Prefetto di Gorizia, che con toni dal sapore vagamente razzista, parla di "persone aitanti e allenate, con fisici straripanti. Riescono in imprese apparentemente impossibili" vien da chiedere se tali considera anche quelle persone (bambini compresi) che pochi giorni fa hanno raggiunto le coste italiane con il fisico (forse un tempo straripante, aitante e allenato) defunto.
La assoluta mancanza di rispetto, prima ancora che di sensibilità, dimostrata dal Prefetto di Gorizia per i destini di queste persone, che spesso fuggono da paesi in guerra o in rivolta, inseguendo l'illusione (più che il sogno) di garantire a sé e ai propri figli un futuro "normale", lontano dalla violenza e dalla morte, impone l'immediata rimozione del Prefetto; se un Prefetto non può permettersi di dire alla madre di un tossicodipendente che ha fallito e dovrebbe suicidarsi, un altro prefetto non può permettersi di irridere alla sofferenza (manifestata con rivolte, atti di autolesionismo, disperazione, e legittime proteste) di chi si ritrova rinchiuso per aver aspirato al rispetto dei propri diritti fondamentali (in primis alla vita ed alla libertà). Via il Prefetto, si dimetta da qualsiasi funzione pubblica e taccia.

avv. Marzia Pauluzzi - Associazione radicale di Gorizia "Trasparenza è Partecipazione".


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