venerdì 13 dicembre 2019

Albero, drevo, arbul, baum: verde urbano, ricchezza collettiva. Un valore non considerato dalle pubbliche amministrazioni.


Mauro Maur a Villa Vicentina

Le amministrazioni tagliano e capitozzano. I cittadini protestano: gli alberi in città sono solo un problema o un patrimonio comune?




di Giancarlo Stasi.


Gli alberi in un ambiente fortemente antropizzato sono considerati troppo spesso come causa di una serie di problemi. Le loro foglie quando cadono devono essere raccolte, altrettanto per i fiori o per i frutti, gli insetti che popolano la chioma sono fonte di fastidio e ribrezzo, i rami o l’albero stesso sono considerati pericolosi e sempre pronti a cadere, per non parlare delle radici di cui ci si ricorda solamente quando sollevano la pavimentazione stradale o minacciano tubature e condutture.
Elencati tutti questi caratteri negativi, le amministrazioni – che erroneamente ritengono di detenere la proprietà del verde urbano, quando esso invece è patrimonio indiviso della comunità -  sono sedotte dall’idea di eliminare i problemi, letteralmente dalle radici, così i bilanci comunali non saranno gravati dalle spese per la corretta manutenzione e tutti saremo più tranquilli e felici.

Ma allora perché in questi ultimi giorni a Gorizia, ma analogamente anche a Trieste, a Villa Vicentina, a Ronchi dei Legionari, gruppi di abitanti, certamente non tutti ecologisti ma semplicemente cittadini affezionati al contesto urbano che include le alberature sacrificate o ritenute sacrificabili, si sono mobilitati per evitare il taglio o anche solo per protestare per le indecenti capitozzature?
La letteratura scientifica è sovrabbondante nel riconoscere alle piante in genere ed agli alberi in ambito urbano una miriade di aspetti positivi e cenno ne è stato dato anche in questo blog ma in questo breve articolo vorrei concentrarmi su alcuni aspetti di tipo gestionale che non possono essere intesi come una gara al massimo ribasso ma devono guardare al di là del bilancio comunale e del mandato elettorale: gli alberi, in genere, hanno una speranza di vita superiore a quella umana e non vanno mai in pensione, anzi sono organismi viventi sempre giovani.


VILLA VICENTINA. Partiamo dalle radici, queste neglette, e prendo spunto da quanto accade a Villa Vicentina (attualmente unita al comune di Fiumicello).
In un tratto di strada comunale d’ingresso al paese sono stati messi a dimora oramai decenni fa dei Pinus pinea in doppio filare. Tutto è filato liscio per almeno trent’anni, solamente in questi ultimi due decenni le radici hanno iniziato a sollevare il manto stradale ed i marciapiedi: problema cui si è ovviato alcuni anni fa con la riasfaltatura di entrambe le sedi carrabili. Ora la questione si è riproposta e molte persone residenti temono che l’attuale amministrazione intenda abbattere tutte le piante per sostituirle con giovani essenze che non diano fastidio per qualche anno.
Lo temono così tanto che Mauro Maur - musicista di fama, che evidentemente ha a cuore armonia e bellezza non solo nell'arte di cui è maestro ma anche nell'ambiente quotidiano dove vive -  ha pensato addirittura di incatenarsi ad uno degli alberi con un eloquente cartello.
Perché i cittadini devono arrivare a questi estremi per manifestare l’aspirazione ad una diversa gestione del verde urbano? Non sarebbe invece logico ( magari anche democratico) affrontare una discussione pubblica sul patrimonio verde collettivo, cioè il verde urbano che appartiene a tutta la comunità, che reca beneficio in termini ecologici e che costituisce elemento identitario e valore paesaggistico?
Attualmente i Pinus Pinea di Villa Vicentina, in discreto stato vegetativo, hanno determinato il sollevamento di alcuni punti del marciapiede e della pista ciclabile che scorre accanto, solamente su un lato del viale.
Mi chiedo, avendo oramai da più di quarant’anni frequentato quei luoghi, se un impegno economico limitato al rifacimento di pochi metri quadri di pavimentazione possa indurre, con lo scopo di evitarlo, al completo stravolgimento di questo viale d’ingresso al paese. Esistono, se ricercate, soluzioni tecniche che possono contemperare questa presenza arborea con la corretta viabilità (semplificando: suoli strutturati, piano ciclabile e pedonale rialzato), naturalmente non utilizzando il criterio massimo ribasso per realizzare interventi di comprovata efficacia.

Via Paolo Diacono, com'era.

GORIZIA. RONCHI DEI LEGIONARI.
Due casi di alberature stradali eliminate in toto. In entrambi il peccato originale sta nell’aver scelto, moltissimo tempo fa,  l’essenza sbagliata per il sito d’impianto. Gorizia, via Paolo Diacono, olmi siberiani; Ronchi dei Legionari, via Duca d’Aosta, tigli.

Le amministrazioni comunali succedutesi nei decenni nelle due città invece di optare per puntuali interventi di potatura avevano praticato le solite sconsiderate capitozzature.
Come normale queste grosse ferite hanno subito l’azione dei funghi agenti di carie ed i germogli/rami cresciuti sui monconi erano strutturalmente deboli, quindi a rischio di schianto.
 Entrambe le amministrazioni, per dimostrarsi sensibili nei confronti dei molti abitanti che desideravano mantenere questi vecchi alberi, avrebbero potuto attuare su questi esemplari una forma di allevamento obbligata a “testa di salice”, che richiede sì di intervenire con frequenza all’incirca triennale ma, una volta impostata, richiede interventi estremamente semplici e rapidi.  E’ evidente che la condivisione e l’ascolto delle aspettative dei cittadini su questi temi non permeano le anime dei politici, né tantomeno è chiaro – seppur inserito puntualmente nei programmi elettorali – lo scopo degli alberi nelle città; ancor meno sono metabolizzati i servizi ecosistemici del verde urbano. 


Capitozzatura a San Lorenzo

SAN LORENZO ISONTINO.
L’intervento di capitozzatura effettuato sui tigli della piazza comunale a San Lorenzo Isontino porterà in un prossimo futuro a conclusioni simili a quelle di Gorizia e Ronchi dei Legionari.
 Sarebbe stato preferibile, per contemperare le esigenze della fisiologia dell’albero e l’economicità dell’azione pubblica, abbattere metà delle piante presenti, dando la possibilità alle restanti di svilupparsi come da caratteristiche genetiche. Invece, l’intervento attuato produrrà nel lungo periodo le carie che degraderanno i diversi fusti, determinando la “necessità” di abbattere tutti gli esemplari presenti. Ma questo sarà compito di un’altra amministrazione, e quando accadrà avremo dimenticato l’inizio della storia.

Questa stessa smemoratezza si verificherà tra qualche anno anche a Gorizia, quando i platani di corso Italia – che hanno subito l’indicibile, senza alcun accorgimento per proteggerli da ogni tipo di ingiuria durante i lavori di rifacimento dei controviali – mostreranno segni di deperimento e di crisi vegetativa. Alcuni grossi platani mostrano attualmente lo sviluppo alla base di corpi fruttiferi di funghi agenti di carie, penetrati a causa di danni compiuti un decennio fa per i lavori praticati nei sottoservizi lungo i controviali.
L’unica pianta che è schiantata a seguito della tempesta del 2017,a lato dei Giardini Pubblici, di fatto ha presentato il conto dei danni arrecati al suo apparato radicale nel corso di decenni da lavori pubblici. Sempre i soliti agenti di carie, che hanno determinato il disfacimento delle grosse radici, analogamente alla devastazione degli ippocastani di viale XX settembre.


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