Ci sono le Alture di Polazzo ma non c'è, invece,l'amato Collio o Brda che dir si voglia. Un'assenza che pare incomprensibile, tenuto conto che è stata avanzata la richiesta di inserire lo stesso tra i patrimoni dell'Umanità riconosciuti dall'Unesco.
di Marilisa Bombi
A prima vista lo si potrebbe ritenere un
registro/elenco del tutto inutile. Come inutili sono spesse volte comitati e
commissioni pubblici che, seppur istituiti, non vengono, poi, mai convocati. Ma
elenchi come i siti Unesco che individuano i patrimoni dell’umanità (materiali
o immateriali essi siano) rappresentano certamente un punto di riferimento
importante per la conservazione della memoria storica di luoghi e tradizioni. Perlomeno per coloro i
quali, come chi scrive, plaude con convinzione alla decisione di far pagare i
sacchetti di plastica della spesa, ed anzi ne vieterebbe categoricamente il
loro uso. Ciò in quanto gli scenari alla Blade runner o al tenero Wall-E, sono
quanto di più ipoteticamente realistico si possa immaginare, tenuto conto della
scarsa considerazione che troppi ancora hanno nei confronti dell’ambiente. Come
dimostra, ad esempio, il fatto che troppi ancora non hanno acquisito
consapevolezza sul fatto che pesticidi, insetticidi, i veleni insomma usati in
agricoltura, sono la causa più devastante di uno dei gravi problemi che
interessa l’agricoltura, la biodiversità, noi e il nostro futuro: la moria
delle api.
Il registro la cui pubblicazione mi è saltata
recentemente agli occhi, è quello che censisce i paesaggi rurali storici. Istituito
formalmente con decreto
n. 17070 del 19 novembre 2012, che istituisce l'Osservatorio nazionale del paesaggio
rurale, delle pratiche agricole e conoscenze tradizionali (ONPR),
e che ha contestualmente previsto, all'articolo 4, l'istituzione del
"Registro nazionale dei paesaggi rurali di interesse storico, delle
pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali". Il Registro nazionale,
secondo quanto a suo tempo aveva precisato il competente ministero, è stato
costituito al fine di raccogliere le candidature provenienti dagli Enti
interessati su tutto il territorio nazionale, che soddisfino determinati
requisiti di ammissibilità, approvati dalla Conferenza
permanente Stato-Regioni. Requisiti che concernono la loro significatività, integrità e
vulnerabilità, tenendo conto sia di valutazioni scientifiche, sia dei valori
che sono loro attribuiti dalle comunità, dai soggetti e dalle popolazioni
interessate.
Nel Friuli Venezia Giulia, non si sa perché o per
come, allo stato attuale sono stati censiti (ovvero riconosciuti) soltanto cinque
paesaggi di cui uno in provincia (si può ancora dire?) di Gorizia. Si tratta
delle “Alture di Polazzo”, evidentemente, senza nulla togliere alla straordinaria ricchezza ed unicità del luogo, vicino al cuore di chi ha, sull'argomento, voce in capitolo. Nessun cenno al magico Collio che Emilio Rigatti nel
suo “Gli alchimisti delle colline” ed Hans Kitzmuller in “E in lontananza
Gorizia”, ci hanno descritto e raccontato in maniera così magistrale, presentandoci ciò che molto spesso guardiamo senza vedere. E non ci
si può chiedere, a tale proposito, come mai nel momento in cui si sta parlando della richiesta di
inserire il medesimo Collio tra i patrimoni dell’Umanità dell’Unesco, il Collio sia invece assente dal registro nazionale. Un mistero o perlomeno un giallo la cui trama sarebbe interessante fosse svelata da qualcuno.
Sta di fatto che gli altri siti in regione sono la foresta di Ampezzo e la vallata del Lumiei, i Magredi di Vivaro, la Campagna di Plasencis ed, infine, il colle dell’Abbazia di Rosazzo. A metà gennaio sono state iscritte nel registro ulteriori sei nuove aree (e pratiche) delle quali, degna di nota è la piantata veneta, antichissima pratica agricola che affonda le sue radici al periodo etrusco e che fino ad alcuni decenni orsono rappresentava la più importante qualità di coltura che occupava il centro ed il nord dell'Italia. Si tratta di più colture associate a filari alberati che oggi sono prese di nuovo a modello per le loro molteplici valenza ambientali e paesaggistiche.
Sta di fatto che gli altri siti in regione sono la foresta di Ampezzo e la vallata del Lumiei, i Magredi di Vivaro, la Campagna di Plasencis ed, infine, il colle dell’Abbazia di Rosazzo. A metà gennaio sono state iscritte nel registro ulteriori sei nuove aree (e pratiche) delle quali, degna di nota è la piantata veneta, antichissima pratica agricola che affonda le sue radici al periodo etrusco e che fino ad alcuni decenni orsono rappresentava la più importante qualità di coltura che occupava il centro ed il nord dell'Italia. Si tratta di più colture associate a filari alberati che oggi sono prese di nuovo a modello per le loro molteplici valenza ambientali e paesaggistiche.
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