mercoledì 1 giugno 2016

Chiusure domenicali e festive dei negozi in FVG: il Governo non ci sta



Le demagogie hanno la gambe corte. L'esito era scontato ma l'argomento ha tenuto piazza per settimane. Della serie: tanto per parlare d'altro.


di Marilisa Bombi

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella seduta di ieri, 31 maggio 2016, ha deciso di impugnare davanti alla Corte costituzionale (e ciò era del tutto scontato come più volte abbiamo avuto modo di sostenere) alcune delle disposizioni contenute nella legge regionale n. 4/2016. In particolare (diverse sono state le norme impugnate) sono stati oggetto di critica gli articoli 1 e 3. Nella specifico, così come risulta dalla motivazione pubblicata on-line , "l'art. 1 modifica l'art. 29 della L.R. n. 29/2005 e regola l'attività di commercio al dettaglio in sede fissa imponendo l’ obbligo di chiusura nelle seguenti giornate: 1 gennaio, Pasqua, Lunedi dell'Angelo, 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno, 15 agosto, 1 novembre, 25 e 26 dicembre.
L'articolo introdotto, si osserva, è in evidente contrasto con l'art. 3, comma 1, della legge 4 agosto 2006 n. 248, che ha disposto la contrarietà all’ordinamento di limiti e prescrizioni all'esercizio di attività commerciali, tra cui rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale (lett. d-bis).
L'art. 3, comma 1, cit., attua un principio di liberalizzazione, rimuovendo vincoli e limiti alle modalità di esercizio delle attività economiche. L'eliminazione dei limiti agli orari e ai giorni di apertura al pubblico degli esercizi commerciali favorisce, a beneficio dei consumatori, la creazione di un mercato più dinamico e più aperto all'ingresso di nuovi operatori e amplia la possibilità di scelta del consumatore. Si tratta, dunque, di misure coerenti con l'obiettivo di promuovere la concorrenza, risultando proporzionate allo scopo di “ garantire l'assetto concorrenziale nel mercato di riferimento relativo alla distribuzione commerciale” (Corte Costituzionale, n. 299/2012; in termini Corte Costituzionale sentenze n. 27/2013 e n. 65 72013).
La norma regionale in esame contrasta con i principi e gli obiettivi del Legislatore nazionale ed impone un regime lesivo della concorrenza, invadendo in tal modo un ambito di competenza attribuito in via esclusiva allo Stato (art. 117, comma 2, lett. e), Cost.; cfr. Corte Costituzionale sentenze n. 430/ 2007 e n. 150/2011). L'obbligo di rispettare i principi statali di liberalizzazione si impone, del resto, anche per la necessità di evitare che gli effetti positivi alla concorrenza siano vanificati da una parcellizzazione dell'ordinamento in discipline regionali e locali differenziate (Corte Costituzionale, sent n. 8/2013 ). Logico corollario è che solamente il Legislatore nazionale può determinare i limiti all'esigenza di tendenziale massima liberalizzazione delle attivita economiche. In tale ambito le Regioni non hanno pertanto alcun potere normativo, nemmeno in modo meramente riproduttivo della discipline statale (Corte Costituzionale, sentenze nn. 245/2013 e 104/2014). I titoli competenziali delle Regioni, anche a Statuto speciale,
in materia di commercio e di governo del territorio “ non sono idonei ad impedire l'esercizio della detta competenza statale che assume quindi carattere prevalente” (Corte Costituzionale, sentenze n. 38/2013 e n. 299/2012)." In conclusione, "l’articolo 1 della legge regionale si pone dunque in contrasto con l'art. 117, comma 2, lett. e), Cost."
"Analoghe considerazioni valgono per la disposizione contenuta nell’articolo 3. Detta norma regionale prevede che con delibera della Giunta regionale possano essere individuate le località a prevalente economia turistica, nelle quali gli esercenti determinano liberamente le giornate di chiusura (vale a dire, che in tali casi, gli esercenti non sono tenuti a rispettare neanche le giornate previste all’articolo 1). Fermo restando quanto sopra esposto, si rileva che tale previsione, che nella norma nazionale aveva accompagnato la fase di transizione sino alla completa liberalizzazione degli orari, evidentemente non trova alcun riscontro nella norma nazionale, non avendo più alcun motivo di essere in tale contesto.
La citate norme statali “attuano un principio di liberalizzazione", rimuovendo vincoli e limiti alle modalità di esercizio delle attività economiche, mentre la norma regionale introduce una disciplina parcellizzata e territorialmente differenziata dei giorni di chiusura degli esercizi commerciali, in palese contrasto con la totale e completa liberalizzazione delle aperture sancita dall'art. 31, comma 1, L. n. 214/2011.
L'art. 3, comma 1, della L. n. 248/2006 sottolinea infatti la necessità di “garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità e il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché [di] assicurare ai consumatori finali un livello minimo e uniforme di condizioni di accessibilità ai beni e servizi sul territorio nazionale”.
Con le citate norme statali , iI Legislatore nazionale ha uniformato la disciplina in tutto il territorio dello Stato, al fine di costituire condizioni di pari opportunità tra le aziende e, anche nell'interesse del consumatore, condizioni omogenee nelle prestazioni del servizi.
La Corte Costituzionale ha affermato, in più occasioni e con assoluta costanza, la necessià di una disciplina uniforme sul territorio della disciplina degli orari e delle chiusure degli esercizi commerciali, per evitare che l'Ordinamento sia frammentato in una molteplicita di ordinamenti regionali ed anche locali differenti fra loro, il che costituisce un ostacolo alla realizzazione di un mercato unico che è ad un tempo valore costituzionale e principio comunitario (Corte Costituzionale, sentenza n. 8/2013).
La previsione di un regime differenziato si pone, quindi, in contrasto con l'art. 117, comma 2, lett. e), Cost. e con i principi di liberalizzazione, uniformità del mercato, par condicio degli operatori nei singoli ordinamenti regionali e uniformità della disciplina, ribaditi dalla Corte Costituzionale fin dalla sentenza n. 430/2007. La norma contenuta nell’art. 3 legge regionale è pertanto illegittima nella misura in cui prevede solo per i comuni a prevalente economia turistica -e non anche per tutto il restante territorio regionale- la liberalizzazione dei giorni di chiusura festiva degli esercizi commerciali."
E' ovvio che, visti i precedenti della Corte costituzionale, l'esito dell'impugnativa è del tutto scontata.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

la declinazione dell'autonomia fatta tanto per fare...ma i consulenti degli uffici che non forniscono competenti pareri??? Ornella :)

Anonimo ha detto...

Tutti i veri esperti invece che lavorare in regione sono impegnati a scrivere nei Blog, peccato