martedì 16 febbraio 2016

Giulio Regeni. Danno collaterale nella strategia delle forze del male, aggiornate alla giacca, cravatta e business class.



Parliamo di Giulio Regeni, che già mi pare ci stiamo distraendo dallo strazio e dal senso di questa morte.  Più ci penso più mi pare la versione contemporanea delle leggende sulla lotta impari tra le forze del bene e quelle del male: che non si è mai conclusa con la sconfitta dell'oscurità.

 

di Martina Luciani
 
 Parliamo di omicidio: ma è un termine giuridico, che rende misurabile e valutabile un reato. Non mi basta. Allora parliamo di assassinio, che include automaticamente l’efferatezza,  quella dei feroci giovanotti killer del Veglio della Montagna di Alamut .  Intorno al nome di Giulio si stanno sviluppando molte importanti riflessioni, così importanti che dobbiamo trattenerle nel dibattito collettivo a qualunque costo, per arrivare ad una effettiva evoluzione culturale e sociologica.
Obbiettivi dell’umanità non basta siano la lotta al climate change, alla tirannia, alla negazione dei diritti umani….dobbiamo consacrare e globalizzare il rifiuto della barbarie e della crudeltà. E comportarci di conseguenza. Abbiamo strumenti tecnologici eccezionali, tiriamo su un  Vallo virtuale:  serve un muro, che ognuno di noi deve presidiare, per isolare la barbarie. Non basta la condanna, il disgusto se troppo presto volgiamo la testa altrove:  ripetiamo continuamente l’elenco delle barbarie, lasciando perdere le classificazioni generiche, e mettiamole accanto ai grandi pericoli per la sopravvivenza dell’umanità. Che finirà non per un cataclisma ma per progressiva disumanizzazione.
Giulio Regeni, vorrei che ogni giorno qualcuno si preoccupasse di elencare le tue ossa spezzate, le unghie strappate, i segni atroci sul tuo corpo: fossi sua madre impazzirei a pensare a mio figlio torturato, a cosa pensava, a come resisteva, a come piangeva, a come pensava ai suoi a casa, alla speranza che moriva in lui prima di lui travolta dal dolore fisico...credo che queste enormi quantità di dolore non spariscano con lo spegnersi dell'ultima scintilla vitale, rimangono come ombre cupe ad ingigantire il buio della notte metafisica che incombe.  Quanti muoiono così nelle segrete stanze, ogni giorno?  Come è possibile che ancora e ancora uomini possano fare questo ad altri uomini e donne? Che possano  continuare, in tutto il pianeta, ad eseguire le parti di una sceneggiatura horror, il sabba del medioevo parallelo alla presunta civiltà contemporanea: sono questi i demoni, queste le forze del male. Stanno nascosti nella cronaca politica, nella notizia della missione commerciale all’estero, nel seguito di una delegazione diplomatica,  dentro i bagagliai delle auto blu; ma anche sul bordo dell'itinerario di nostro un viaggio patinato o nella ricevuta di un acquisto di lusso,  nella stretta di mano che suggella un accordo economico internazionale,  nei meccanismi che ci rendono scioccamente bisognosi di cose materiali a discapito della consapevolezza dei danni collaterali del nostro benessere.   Questi demoni  sono più potenti  della devianza che si manifesta attraverso il crimine iscritto nei codici penali, perché sono implicitamente ammessi  quali giocatori effettivi  nella grande partita delle relazioni del potere, di fatto non sono perseguibili perché parti attive di una strategia in cui, come nei peggiori B movie, gli umani dialogano con i mostri senza nemmeno un brivido di disgusto. Sono legittimati.
Se la ragion di stato e il suo orrendo amplesso con le potenze economiche non vengono  esautorate dal loro ruolo di decisori ultimi delle sorti fisiche ed etiche della civiltà, non riusciremo mai a consacrare il principio  che le relazioni politiche ed economiche con regimi come quello di al - Sisi sono inaccettabili, non c’è argomentazione possibile per giustificarle, nemmeno quella della funzione di contenimento dei fondamentalismi e del fanatismo. Basta con la retorica sulla morte di Giulio Regeni: l’avviso è arrivato forte e chiaro, chi volesse occuparsi dell’unica forza in grado di contrapporsi ad Al Sisi, il movimento sindacale dei lavoratori, è carne da macello. Il ventre molle del regime è protetto ad ogni costo, tutto è possibile dietro il paravento insonorizzato da montagne di dollari accatastati, inviati anche e in grande quantità dai forzieri italiani ( parliamo ad esempio di Eni e del nuovo giacimento di gas nel mare davanti a Port Said che ha indotto il primo ministro Renzi a telefonare ad Abd al-Fattah al-Sisi  per «per commentare insieme l’impatto di questa scoperta sulla stabilità energetica del Mediterraneo e più in generale sulle prospettive di sviluppo della regione».

Il Museo del Cairo e le geometrie sacre di Karnak  continueranno a stare nel mio elenco di luoghi del cuore, ma sono infestati  da un morbo troppo pericoloso, che non si limita ad ammalare, tra atroci sofferenze ti uccide.  Purtroppo però  questa è la percezione anche dei ricercatori di verità, i missionari di giustizia e di diritti, i giornalisti e i fotoreporter. Chi avrà il coraggio di rischiare di essere semplicemente un trascurabile danno collaterale nel vorticare della danza sfrenata delle forze del male?





1 commento:

Anonimo ha detto...

Mandanti ed esecutori di quell'atroce assassinio hanno passaporti di paesi della 'civiltà'.
E' facile scandalizzarsi davanti ad al Sisi, come davanti a Saddam,Gheddafi, Assad...e altri che di volta in volta appariranno. Essi sono come coperchi sotto i quali scopriamo la realtà di certi popoli, che solo quei tiranni sanno tenere in equilibrio. appunto, equilibrio.
al Sisi è l'ultimo baluardo di stabilità di un paese che esiste nei più antichi testi bibilici e ancora prima. e il Faraone è un archetipo.
La civiltà portatrice di democrazia non tollera l'esistenza di queste oasi e usa abilmente i diritti umani, qui e altrove, per rovesciare tutto ciò che è stabile. Già Sadat, premio nobel per la pace, era stato assassinato pochi giorni dopo lo storico discorso al parlamento egiziano contro l'abominio del califfato al quale certi deliri aspirano in Egitto dal secolo scorso. Basta leggere il loro statuto.
Al sisi ha cercato di proteggere il proprio paese tempo fa da certi attacchi al suo paese da ovest, dalla Libia. Ma la civilta' non ha tollerato l'iniziativa, ed ha ordinato la scenografica decapitazione sulla spiaggia libica di giovani operai egiziani, per di più cristiani.

Giulio è stato usato. non a caso veniva dall'Inghilterra, che ha garantito asilo politico e passaporto agli abili architetti del delitto, utili complici della civiltà. Che da decenni li ospita. che per un breve periodo hanno governato quel paese, periodo per fortuna terminato. al sisi, certo con modi discutibili, sta cercando di resistere al progetto della civiltà della democrazia e dei diritti umani, di trasformare l'Egitto in un immenso campo di sterminio come siria, iraq. libia...
e certo che alla civiltà da' fastidio che sia l'italia a gestire, come fa da anni,la risorsa del paese. Già un' intimidazione si era avuta con l'attentato al consolato italiano...