giovedì 30 aprile 2020

Relazione di Giuseppe Conte oggi alla Camera dei Deputati: possiamo discuterne a lungo, ma lui oggi mi è piaciuto

Mi pare, il presidente del Consiglio dei Ministri, uno che si è assunto la responsabilità di fare il capo.Punto e basta. Certo non fa il leader, che invece sta sempre attento agli umori della platea e se messo alle strette usa le tutte scappatoie, non importa se poco dignitose. Oggi il Parlamento dice la sua: ma quante smemoratezze, quante ipocrisie, quanti nuovi sorprendenti difensori della legalità e della Costituzione (evidentemente quando la fifa cala, riaffiora la passione alle performance personali).


di Martina Luciani



Oggi, a Montecitorio, dopo una trentina, se non sbaglio, di DPCM a fronte dei quali solo pochi hanno obiettato che il metodo disassa l'equilibrio istituzionale e non è contemplato dalla Costituzione, improvvisamente i deputati hanno mostrato insofferenza e si sono rivelati tutti innamorati della suprema Carta ( della quale così spesso se ne infischiano, soprattutto per ciò che riguarda l'art.54 laddove recita "I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore").

Giuseppe Conte nei giorni scorsi è stato accusato da Matteo Renzi: proprio lui, l’artefice del celebre e infruttuoso tentativo di stravolgimento della Costituzione,insieme alla signora Maria Elena Boschi, cassato dal popolo nel referendum del 2016, ha dichiarato che il governo sta calpestando la Costituzione e fuggendo dal Parlamento.
Che dire, al Renzi,  ha un bel coraggio, viste le dimensioni e la gravità delle riforme costituzionali da lui escogitate, ad usare questa argomentazione.
Altre critiche sono state inviate dai presidenti di centrodestra delle regioni, che hanno scritto una lettera al ministro degli Affari regionali Boccia, al governo e al presidente della Repubblica in cui chiedono la libertà di applicare nei loro territori regole meno stringenti di quelle previste a livello nazionale.

Conte, nel suo discorso del 30 aprile alla Camera dei Deputati, ha chiarito una paio di cose. E mi è piaciuto molto, emozione che in verità evito sempre con cura, tra l'altro anche perchè ha segnato ulteriore distanza di forma e contenuto rispetto gli interventi sbraitati e penosi che è toccato sentire al termine della relazione.

Possiamo essere in toto d’accordo o no oppure su qualcosa si e qualcosa no, possiamo dubitare che il ruolo del Parlamento sia stato realmente rispettato nella successione dei DPCM e decreti del ministro della Salute, possiamo lamentare i ritardi dell’attuazione dei provvedimenti di sostegno economico e la loro pochezza (questo lo ulula in aula il partito che ci deve 49 milioni di euro), possiamo credere o no che le misure allo studio e quelle di immediato avvio  funzioneranno alla prova dei fatti: comunque l’azione del mettere una serie di paletti l’ha compiuta molto bene, ad un livello di chiarezza, competenza e compostezza intellettuale che non sono frequenti nella politica italiana. E se i deputati lamentano di non aver capito, be’ questo la dice lunga sulle loro capacità e sulla pochezza delle strategie di opposizione.

In sostanza: a fronte delle critiche relative al non aver rispettato il principio di legalità e la riserva di legge nel governo dell’emergenza sanitaria, Conte sostiene che tali principi, reggenti dell’architettura normativa, non sono stati affievoliti. Che l’aver dichiarato il 31 gennaio lo stato di emergenza nazionale ha attivato meccanismi giuridici legittimati da quella fonte primaria che è il Codice della protezione civile. E che le coperture di legge, cioè i decreti legge, sono in grado di passare indenni ogni vaglio di costituzionalità.
Conte è certo che, essendo la pandemia un processo per sua natura soggetto ad imprevedibili evoluzioni, un certo grado di discrezionalità amministrativa è necessario.
I diversi DPCM - emanati, precisa Conte, in alcuni casi in una manciata di ore per assicurare massima tempestività oltre che il rispetto del principio di proporzianilità e di precauzione -  hanno avuto effetti forti sui diritti fondamentali dei cittadini.
Conte, dichiarandosi giurista e uomo convinto dei valori democratici, si assume con serenità  la responsabilità di ogni firma apposta con la certezza - sottolinea - di agire con scienza e coscienza; e respinge le accuse di aver travolto l’impianto di tutele costituzionali.
Il diritto alla vita e alla salute sono il presupposto all’esistenza stessa e al godimento degli altri diritti e beni primari sanciti e individuati dalla nostra Costituzione: di fronte alla crisi sanitaria, le scelte erano praticamente obbligate.
Il decreto del presidente del Consiglio è, secondo Conte, l’unico strumento in grado di assicurare elasticità e rapidità nell’affrontare situazioni in rapida evoluzione.
Ammette tuttavia che il Parlamento, il quale  a suo parere conserva comunque i poteri di controllo e indirizzo, potrebbe intervenire in via preventiva sullo schema del decreto in fieri, ad esempio pronunciandosi attraverso i pareri delle Commissioni.Ma dice anche che il Governo ha tenuto in massima considerazione tutti i contributi espressi dai parlamentari.

Quanto alle disposizioni già varate, ed a quelle che seguiranno, non solo hanno ed avranno copertura normativa di rango primario (attraverso i decreti legge) ma inoltre saranno concepite sia per disporre misure tempestive in caso di crescita dei contagi,  con soglie di allarme e criteri di azione stabiliti dal Ministero della salute, sia per concordare con le Regioni differenziazioni geografiche delle restrizioni e allentamenti dei limiti stabiliti a livello nazionale.
Applausi (certo, potremmo discutere su cosa effettivamente rivelano) dell’aula quando Conte dice: no ad iniziative improvvide di singoli enti locali, misure meno restrittive non sono possibili perché in contrasto con il decreto legge n.19 e quindi illegittime.

(Sui decreti legge che delegano - solo per appassionati.
Mentre seguo i doviziosi interventi dei parlamentari sulla questione dell'abuso dei DPCM ( finalmente percepito come argomento da chiarire una volta per tutte, peraltro mi pare in maniera del tutto strumentale a fini di mera opposizione), direi che tutti dimenticano che è stato il decreto legge n. 6/2020, convertito in legge il 5 marzo scorso, a stabilire, in maniera decisamente innovativa, con l’art. 3 comma 1,  chi abbia il ruolo attuativo delle misure previste:  "Le misure di cui agli articoli 1 e 2 sono adottate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri".
Ben prima che il decreto legge n.6 fosse convertito in legge si era ampiamente dibattuto, da parte della dottrina (ad esempio su Federalismi.it, nell'utile osservatorio sul Covid-19), se un decreto legge possa delegare la sua attuazione a fonti terze, o se debba invece contenere norme di immediata applicazione, con un contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo, come stabilisce l' art. 15, comma 3, della l. n. 400/1988
.

Perchè in fase di conversione del DL n.6 questo comma è rimasto tal quale? E proprio oggi, in aula, le stesse persone che non hanno modificato l'articolo in questione oggi, con tanta animosità e tanto senso dello Stato, discutono di legittimità dei DPCM, stavolta a proposito del decreto legge n.19. Decreto che contiene la stessa delega del precedente.
Ricopio: Le misure di cui all'articolo 1 sono adottate con uno o piu' decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e gli altri ministri competenti per materia, nonche' i presidenti delle regioni interessate, nel caso in cui riguardino esclusivamente una regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui riguardino l'intero territorio nazionale.)

Nessun commento: