Un comunicato del direttivo dell'associazione pordenonese Casa Del Popolo. Solidarietà a Gianluigi Bettoli che in Procura dovrà a breve discutere dei fatti per cui fu querelato, come Beltrame, dall' attuale sindaco di Pordenone Ciriani: ma non si tratta solo di appurare i fatti, è questione di libertà politica e di opinione, di democrazia e di valori antifascisti.
" E’ trascorso ormai un anno dalla scomparsa di Elena
Beltrame. E nonostante la sua mancanza si faccia sentire, per l’associazione
Casa del Popolo, di cui è stata presidente, e per le tantissime persone che
l’hanno conosciuta e incontrata, la sua presenza è comunque viva e si
percepisce nell’importante eredità culturale e politica che ha lasciato.
Fervente sostenitrice dei valori antifascisti, si è battuta fino all’ultimo per
mantenere intatti e per difendere i principi fondanti della Casa del Popolo.
Nei suoi interventi ci teneva sempre a citare quanto riportato nello statuto:
“L’Associazione è un centro permanente di vita associativa a carattere
volontario e democratico unitario e antifascista”. E poi aggiungeva, in
continuità con quanto soleva continuamente dire il suo predecessore Mario:
“Questa è la Casa di tutti. In questo luogo tutti possono accedervi. Tranne
fascisti e razzisti”.
L’eredità lasciataci da Elena, Mario e tutti gli altri
compagni che in questi cento anni hanno permesso che la vita democratica
continuasse a svolgersi regolarmente all’interno di questo storico edificio, ha
un peso certamente notevole. Tanto più in questi ultimi anni in cui gli
attacchi sono diventati numerosi e in alcuni casi accompagnati da derive
allarmanti.
La Casa del Popolo dalla fine del fascismo non si è mai
trovata a fronteggiare un acuirsi di insulti e offese come in questi ultimi
dieci anni. Tanto per descrivere brevemente il contesto di cui stiamo parlando,
basti ricordare la definizione di “Baracca del Popolo” lanciata orgogliosamente
nel 2009 dall’allora sottosegretario di AN Menia e accompagnata da un appello,
rivolto al comune di Pordenone, dall’allora presidente della provincia Ciriani
per intervenire (non si capisce in che modo) al fine di interrompere le libere
e normali pratiche antifasciste. Negli anni successivi gli attacchi non si
placano: andiamo dalle solite minacce di interruzione delle attività ad
espliciti insulti, come quello di Matteo Salvini che nel 2015 definì “sfigati”
i frequentatori della Casa del Popolo di Torre.
Ma ancor più grave, sempre in
quell’anno, fu la comparsa di una scritta in spray nero sul muro della facciata
frontale: 25 aprile lutto nazionale. “La Casa del Popolo ha rappresentato,
rappresenta ed è testimonianza di un’opposizione operaia e di popolo al regime
fascista e padronale che ancora oggi fa ostacolo tanto da sentire il bisogno di
imbrattarla con una scritta”, così replicò Elena a questo ignobile atto. Nei
mesi a seguire il clima non mutò, anzi. La vicinanza e la solidarietà della
Casa del Popolo verso i migranti fu nuovo pretesto di attacco: scritte con
insulti, striscioni appesi contro i migranti e chi solidarizza con loro,
installazioni di tendine di cartone nel piazzale della struttura (a
simboleggiare il ricorrente slogan “prendeteveli a casa vostra”). Slogan
peraltro confermato da Emanuele Gibilisco, responsabile provinciale di
CasaPound, che rispose allo sdegno di Elena per la concessione all’associazione
neofascista della sala intitolata a Teresa Degan con «Chissà se anziché
amareggiarsi per gli eventi del nostro movimento, i prossimi profughi
all’addiaccio, avendo come esempio Teresina Degan, li vedremo ospiti alla Casa
del popolo». Siamo nell’aprile 2016, forse il momento più alto (o forse meglio
definirlo più basso) del livello di insulto (complice anche la campagna
elettorale in corso). Poco dopo l’offesa alla memoria di Teresina Degan, è la
volta nuovamente della Casa del Popolo: le vetrate vengono coperte di scritte
“Achtung banditen” (Attenzione, banditi). Questa volta è Gianlugi Bettoli a
rispondere: «non è un caso che si moltiplichino le provocazioni, rigorosamente
anonime, contro la Casa del Popolo di Torre, monumento e simbolo
dell’antifascismo operaio della città. Se questo è il clima della campagna
elettorale, non vogliamo pensare a cosa potrebbe succedere dopo». Ma intanto
gli insulti si susseguono incessanti: andiamo dai messaggi via messenger ai
commenti via facebook come quello di un certo Giovanni Blarasin (non sarà mica
lo stesso segretario della Provincia ai tempi di Ciriani? No, sicuramente
un’omonimia) “I ratti devono stare tra di loro”. Solo qualche mese prima sempre
facebook ci riportava la conversazione tra due sostenitori (Paolo Parigi e
Ludovico Foscari) del candidato sindaco Ciriani che, commentando la foto
raffigurante una mano che inbuca il volantino della Lista Ciriani nella cassetta
postale della casa del Popolo, scrivono: “Proporremo al prossimo sindaco di
cambiarne il nome”.
Fu in particolare questo episodio, inserito nell’intera
escalation di eventi, a provocare la legittima presa di posizione della
presidente Elena Beltrame. Era doveroso difendere questo importantissimo,
ultracentenario, patrimonio di democrazia quale è la Casa del Popolo. Le parole
di Elena però non vennero interpretate da tutti come un atto di difesa dei
valori antifascisti, tanto da costargli (così come a Gianluigi Bettoli poco
prima) una denuncia con richiesta di risarcimento per danni morali. La replica
di Elena non si fece attendere: “Non c’è che dire, un bel biglietto da visita
quanto alla pluralità democratica di cui gode la galassia neofascista, in forza
della Costituzione nata dalla Resistenza. L’appartenenza all’area neofascista
del candidato sindaco Ciriani è leggibilissima e alla luce del sole. Vorrei
ricordare la determinazione con cui Ciriani, presidente della Provincia,
insignita di medaglia d’oro alla Resistenza, si è sempre opposto a che, alla
commemorazione in piazza Ellero del 25 Aprile, venisse suonata dalla banda
cittadina la canzone “Bella Ciao”, simbolo ormai internazionale della
Resistenza. Di che cosa si lamenta allora, quale lesione è stata fatta, perché
risulta cosi “fastidiosa” la presenza della Casa del Popolo tanto da
ipotizzarne, a tempo debito, il cambio di nome? Forse ha a che fare con il
fatto che continua a essere luogo, segno e memoria di lotte operaie per i
diritti, di attività e resistenza antifascista e delle prime barricate erette
nel maggio del 1921”.
Questo è un atto intimidatorio, così Elena lo definiva,
voluto appositamente nel tentativo di piegare un simbolo visibile e solido
dell’antifascismo pordenonese. Un tentativo di intimidazione fatto a colpi di
querela in cui la prepotenza si manifesta attraverso la denuncia evitando il
confronto politico.
Elena che in tutta la sua vita si è sempre battuta contro i
soprusi e le prepotenze, proprio per questo non si era lasciata spaventare,
rifiutando quel tentativo di accordo bonario proposto nella “lettera di
avvertimento”.
La stessa scelta è stata condivisa anche da Gianluigi
Bettoli.
Ecco così che a distanza di due anni dai fatti appena
descritti, ci ritroviamo nuovamente a fare i conti con quel clima di
intimidazione. Toccherà infatti a Gianluigi Bettoli nei prossimi giorni
presentarsi in Procura proprio per quella vicenda che non si è affatto chiusa.
L’Associazione Casa del Popolo proprio in memoria di Elena,
che da quella vicenda venne coinvolta in prima persona, non può che esprimere
tutta la vicinanza e il sostegno a Gianluigi Bettoli. Qui è in gioco la libertà
politica e di opinione, sono in gioco i valori antifascisti e democratici. Non
possiamo permettere che le stesse Istituzioni italiane risorte dalla barbarie
fascista grazie alla Resistenza ora rinneghino quei valori, perchè
rappresentate da chi si permette addirittura di accogliere nella sede
municipale rappresentanti di CasaPound.
Seguiremo quindi con attenzione i prossimi accadimenti.
Allargheremo la partecipazione al sostegno a tutte le forze democratiche del
territorio affinché questo clima di insulto, odio e intimidazione abbia fine e
fascismo e razzismo restino fuori dalla storia."
Il Direttivo Associazione Casa Del Popolo
Il Direttivo Associazione Casa Del Popolo
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