Il concerto è il frutto del progetto Canto Sconfinato, concepito per far incontrare patrimoni culturali diversi e grazie alle musiche degli uni e degli altri far fluire, insieme alle note e alle voci, il cambiamento e la crescita culturale.
Da Schiarazzule
Marazzule alla Tammurriata Nera, da Clandestino di Manu Chao ad Hallelujah di
Leonard Cohen, da Maremma amara all’afghana Götür Beni Gittiğin Yere Sam fino a
Jemba: sono alcuni dei brani che i quaranta componenti del coro multietnico di Pordenone presenteranno
alla città, con musica dal vivo, al chiostro della Biblioteca civica
la sera di venerdì 11 maggio alle 20.30.
L’evento, ad ingresso libero, sarà uno di quelli da ricordare: la restituzione
alla città del progetto Canto
sconfinato da parte del coro composto per una metà da nuovi cittadini e rifugiati, per
l’altra da vecchi cittadini, volontari ma anche semplici appassionati di canto,
musica e relazioni umane (foto di Stefano Raspa).
È un invito all’incontro quello proposto dal coro,
eterogeneo nella composizione etnica con friulani, veneti, pakistani, afghani,
argentini, ghanesi, gambiani, nepalesi, ma omogeneo nel desiderio di utilizzare
la musica come occasione di conoscenza reciproca e di scambio tra le persone e
le loro storie di vita. Un gruppo entusiasta di offrire alla città un
concerto-performance che sia testimonianza di integrazione e convivenza tra
migranti e indigeni più o meno autoctoni.
Diretto da Giuseppina ‘Beppa’ Casarin del Coro Voci dal
Mondo di Mestre, il coro multietnico di Pordenone è partito a settembre 2017 da
un’idea di Carlo Mayer subito sposata dall’Associazione immigrati, e vede la
partecipazione ed il coinvolgimento della Croce rossa italiana e delle
Cooperative sociali impegnate nell’accoglienza in città, Itaca, Noncello, Nuovi
vicini, Fai e Acli.
Canto sconfinato. La scheda del progetto
Canto sconfinato vuole attivare un percorso di conoscenza
con i nuovi cittadini immigrati e i profughi ospiti nella città di Pordenone.
La musica e il canto diventano oggetto di mediazione per reinterpretare la
convivenza come arricchimento del tessuto sociale e reciproca conoscenza,
all’interno di un percorso di integrazione che veda protagonisti sia i vecchi
sia i nuovi cittadini.
Tra gli obiettivi anche quello di dare (nuova) dignità a
canti e musiche che non hanno né riconoscimento né cittadinanza, patrimoni
destinati forse ad essere perduti e che spesso rimangono esclusivamente nella
memoria delle persone che li portano con sé insieme alla loro storia di vita.
Un percorso che porta, altresì, alla scoperta di una
presenza culturale altra, quella dei migranti che sono anche artisti oltre che
portatori di culture e di saperi. Canto sconfinato diventa così un incontro con
le diversità, con canti e musiche che hanno il potere di evocare luoghi lontani
ma, allo stesso tempo, capaci di risvegliare modi espressivi e di comunicazione
per noi europei nuovi, patrimoni culturali diversi che si innestano nella
cultura occidentale, muovendo la creatività, aprendo al cambiamento e alla
crescita culturale.
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