Il segretario del Patto per l’Autonomia e consigliere regionale ha diffuso oggi una lettera aperta intervenendo nel dibattito sullo sblocco dei cantieri: certamente è necessario investire, ma cominciando con il mettere i Comuni nelle condizioni di avviare i cantieri già previsti e facendo lavorare le imprese locali.
Nelle ultime settimane si sta sviluppando un dibattito
importante in merito allo sblocco
dei cantieri e all’opportunità di finanziare investimenti
pubblici che potrebbero creare
migliaia di posti di lavoro e avere una funzione anticiclica
in vista di una fase economica che si preannuncia particolarmente difficile.
Questo appello ha un valore particolarmente significativo
nella nostra regione, dove gli investimenti pubblici sono precipitati nell’ultimo decennio
in modo drammatico.
La scure sulle politiche di investimento è diretta
conseguenza dei tagli che il bilancio del Friuli-Venezia Giulia ha subito in seguito alle
imposizioni e ai patti finanziari sottoscritti con lo Stato, che dal 2011 al 2017 sono costati almeno 7
miliardi di euro.
Il risultato è che negli “anni orribili” 2008/2016, c’è stato un calo diffuso della nostra economia, che ha
Il risultato è che negli “anni orribili” 2008/2016, c’è stato un calo diffuso della nostra economia, che ha
colpito in particolare la provincia di Udine con un calo del
17,3%.
La necessità di un piano straordinario di investimenti è quindi un dato oggettivo, se riteniamo che il nostro territorio non possa sopportare un’ulteriore ondata di crisi, di chiusure di aziende, di diminuzione di posti di lavoro.
È indispensabile però porci delle domande: di quale tipo di
opere c’è bisogno? Quali cantieri dobbiamo avviare? Come destinare le poche risorse disponibili per dare un segnale immediato?
Non credo che per il Friuli-Venezia Giulia la risposta stia in progetti faraonici, in poche opere costosissime che necessitano di decenni per essere cantierate, che vengono solitamente gestite da imprese che arrivano da fuori e lasciano alla nostra economia solo le briciole, e hanno spesso un impatto ambientale e paesaggistico insostenibile.
Gli investimenti pubblici a sostegno del recupero del
patrimonio abitativo privato possono essere la leva per mettere in moto investimenti di
famiglie e imprese per importi fino a 3 o 4 volte maggiori.
Serve però l’azione della mano pubblica e, soprattutto,
serve un progetto, un modello di sviluppo da perseguire, degli obiettivi chiari e delle
priorità.
La prima, a mio avviso, è quella di mettere i Comuni nelle condizioni di sbloccare le centinaia di opere pubbliche già finanziate. Non serve finanziare altri investimenti se prima
non si cantierano quelli già previsti e per farlo servono le
persone e le competenze: si dia subito ai Sindaci la possibilità di assumere tecnici e
professionisti, anche con incarichi a termine, esterni, flessibili, ma direttamente dipendenti
dalle Amministrazioni, non di
qualche lontana ed eterodiretta task-force regionale.
La seconda priorità è quella di proteggere le nostre aziende, di far sì che a lavorare sia principalmente il sistema delle imprese locali, attuando finalmente l’art. 4 dello Statuto di
autonomia che dice che i lavori pubblici sono una nostra
competenza primaria e possiamo, entro certi limiti, decidere le regole dell’affidamento
degli appalti.
Diversamente possiamo anche continuare a dire che il nostro
problema principale è un “deficit infrastrutturale”, peraltro tutto da valutare nelle
sue componenti, e decidere che una nuova pesante fase economica per il Friuli-Venezia Giulia si
evita attraverso il
finanziamento e la realizzazione di fantasie autostradali
come la Cimpello-Sequals- Gemona, ma faremmo un cattivo servizio ai nostri cittadini,
alle nostre imprese e soprattutto
al futuro della nostra regione.
Massimo Moretuzzo
Segretario del Patto per l’Autonomia
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