di Marilisa Bombi
Chinese, ovvero la quintessenza di un artista, peraltro atipico.
Perché alla intensa attività di gallerista, svolta contemporaneamente a Mestre
e a Udine, dimostra un certo pudore nel presentarsi al pubblico in quella che
era stata la strada originariamente scelta: la pittura. Lui che “di artisti”
doveva “essere regista”, come dice Ernesto Luciano Francalanci in un suo
scritto su Chinese, gli impediscono di portare avanti in parallelo la sua
attività di pittore, che però egli svolge, in segreto, disegnando, riflettendo
e progettando.
E’ per questo motivo che lo Stormo, il quadro che assieme alle
20 opere partecipa alla rassegna esposta a Borgo Colmello, fino a Natale, cattura
l’attenzione con il suo blu elettrico. Un acqua o un cielo esso sia è netto e
perfetto, come il mondo in cui Chinese, classe 42 friul-veneto vorrebbe fosse e
che, di fatto, rappresenta.
Non conoscevo questo artista poeta, pittore, gallerista
prima di questa mostra, anche se avevo conosciuto il suo amato fratello Mario,
architetto, avendo lavorato con lui nei primi anni 70. Fratelli tutti d’un
pezzo, onesti, coraggiosi con la passione nel sangue, e nel proprio Dna i
cromosomi della razza mitteleuropea. Allora capisci tutto.
Per scrivere queste poche righe e presentare, quindi,
Luciano Chinese, al quale rispettando l’ordine alfabetico toccava il prossimo
post di questo Blog di illustrazione della mostra, mi è stata consigliata una
ricerca in rete e così ho fatto: 511.000 risultati. Io ne ho 4230, tanto per
intenderci.
Nella semplicità che caratterizza questa famiglia non mi è
stato nemmeno detto che avrei potuto trovare tutte le informazioni utili nel
sito personale luciano-chinese.com.
E da lì, ho estrapolato descrizione che di questo eclettico
artista fa Toni Toniato. Perché a me è parsa la più incisiva.
"Se voi guardate tutte le opere di Chinese hanno […] una
costruzione, un intrico, un passaggio, frammentandosi vengono a ricomporsi,
quasi a muoversi musicalmente o attraverso appunto scansioni, la tipica battuta
che è la condizione di ogni ritmo e del verso del poeta e esattamente di quello
dello scultore o del gesto del pittore; bene, in questo caso c’è questa
intenzionalità architettonica dello spazio; ma di che spazio si può parlare in
Chinese e in che termini si pone questa architettura dello spazio? Essa non è
data da elementi puramente formali, i quali sono certamente derivati da matrici
geometriche, sono forme geometriche e forme geometriche in gran parte
determinate da un movimento circolare, come una rotazione su se stesse, come
infatti un farsi, una specie di globo misterioso (qualcuno potrebbe immaginare
il punto) anche qui un cosmo inventato, ma non c’è neanche questa sorta di
cosmo, mi sembra di dover sospettare in lui, c’è invece questa architettura
dello spazio, da intendersi come l’ultima possibilità con la quale la pittura
possa serbare ancora una volta la propria forma, la propria ragione di essere
della sua forma, che è quella di creare uno spazio, in questo caso non soltanto
liricamente espanso, ma uno spazio che sia molto legato a una condizione
interiore, sia molto legato quindi a una sorta di predisposizione, volontaria o
inconscia. Ecco perché anche certe tentazioni oniriche, alcuni temi: basterebbe
considerare i titoli delle opere sue per capire queste componenti, sia quella
onirica, sogno (molto spesso la si ritrova) o cosmologica, quindi parabole, ma
c’è fondamentalmente quell’architettura dello spazio che diventa quindi
architettura dello spazio interiore e un’utopia ancora possibile di costruire,
attraverso la pittura, un ordine, un’armonia."
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