venerdì 5 agosto 2016

Luciano Chinese e la teoria dello spazio perfetto



di Marilisa Bombi

Chinese, ovvero la quintessenza di un artista, peraltro atipico. Perché alla intensa attività di gallerista, svolta contemporaneamente a Mestre e a Udine, dimostra un certo pudore nel presentarsi al pubblico in quella che era stata la strada originariamente scelta: la pittura. Lui che “di artisti” doveva “essere regista”, come dice Ernesto Luciano Francalanci in un suo scritto su Chinese, gli impediscono di portare avanti in parallelo la sua attività di pittore, che però egli svolge, in segreto, disegnando, riflettendo e progettando.
E’ per questo motivo che lo Stormo, il quadro che assieme alle 20 opere partecipa alla rassegna esposta a Borgo Colmello, fino a Natale, cattura l’attenzione con il suo blu elettrico. Un acqua o un cielo esso sia è netto e perfetto, come il mondo in cui Chinese, classe 42 friul-veneto vorrebbe fosse e che, di fatto, rappresenta.
Non conoscevo questo artista poeta, pittore, gallerista prima di questa mostra, anche se avevo conosciuto il suo amato fratello Mario, architetto, avendo lavorato con lui nei primi anni 70. Fratelli tutti d’un pezzo, onesti, coraggiosi con la passione nel sangue, e nel proprio Dna i cromosomi della razza mitteleuropea. Allora capisci tutto.
Per scrivere queste poche righe e presentare, quindi, Luciano Chinese, al quale rispettando l’ordine alfabetico toccava il prossimo post di questo Blog di illustrazione della mostra, mi è stata consigliata una ricerca in rete e così ho fatto: 511.000 risultati. Io ne ho 4230, tanto per intenderci.
Nella semplicità che caratterizza questa famiglia non mi è stato nemmeno detto che avrei potuto trovare tutte le informazioni utili nel sito personale luciano-chinese.com.
E da lì, ho estrapolato descrizione che di questo eclettico artista fa Toni Toniato. Perché a me è parsa la più incisiva.

"Se voi guardate tutte le opere di Chinese hanno […] una costruzione, un intrico, un passaggio, frammentandosi vengono a ricomporsi, quasi a muoversi musicalmente o attraverso appunto scansioni, la tipica battuta che è la condizione di ogni ritmo e del verso del poeta e esattamente di quello dello scultore o del gesto del pittore; bene, in questo caso c’è questa intenzionalità architettonica dello spazio; ma di che spazio si può parlare in Chinese e in che termini si pone questa architettura dello spazio? Essa non è data da elementi puramente formali, i quali sono certamente derivati da matrici geometriche, sono forme geometriche e forme geometriche in gran parte determinate da un movimento circolare, come una rotazione su se stesse, come infatti un farsi, una specie di globo misterioso (qualcuno potrebbe immaginare il punto) anche qui un cosmo inventato, ma non c’è neanche questa sorta di cosmo, mi sembra di dover sospettare in lui, c’è invece questa architettura dello spazio, da intendersi come l’ultima possibilità con la quale la pittura possa serbare ancora una volta la propria forma, la propria ragione di essere della sua forma, che è quella di creare uno spazio, in questo caso non soltanto liricamente espanso, ma uno spazio che sia molto legato a una condizione interiore, sia molto legato quindi a una sorta di predisposizione, volontaria o inconscia. Ecco perché anche certe tentazioni oniriche, alcuni temi: basterebbe considerare i titoli delle opere sue per capire queste componenti, sia quella onirica, sogno (molto spesso la si ritrova) o cosmologica, quindi parabole, ma c’è fondamentalmente quell’architettura dello spazio che diventa quindi architettura dello spazio interiore e un’utopia ancora possibile di costruire, attraverso la pittura, un ordine, un’armonia."

Nessun commento: