mercoledì 26 agosto 2015

Domenica del Corriere, settembre 1958: un emozionante articolo da Gabria, di Paolo Caccia Dominioni. Ricordando la settima battaglia dell'Isonzo.

Si intitola "Quella mattina del 14 settembre".
Nell'occhiello:" Oggi tutto è come allora, la casa che fu ospedale è intatta, c'è ancora la glicine, ci sono ancora gli ippocastani e nei tronchi i buchi delle schegge." L'ha scritto Paolo Caccia Dominioni nel 1958, tornato a Gabria 42 anni dopo aver combattuto nella settima battaglia dell'Isonzo, per La Domenica del Corriere. 
A Trieste, prolungata fino a fine settembre la mostra a lui dedicata, " Un artista sul fronte di guerra", nella Biblioteca Stelio Crise, la stessa che per davvero troppo breve tempo ( due mesi a fine 2013) è stata allestita a Gorizia in diverse sedi.



di Martina Luciani

Un regalo incredibile, che ricevo dalle preziose riserve di memorie e libri di Elena Guerra: una copia del 7 settembre 1958, della Domenica del Corriere, supplemento storico del Corriere della Sera. A pagina 21, ho riconosciuto, ancor prima di inforcare gli occhiali e cominciare a leggere, lo stile e l'anima dei disegni di Paolo Caccia Dominioni. Non l'ho mai conosciuto di persona ma  per mille motivi è e rimane nel mio cuore, insieme ad altre meravigliose e canute presenze della mia giovinezza, ancor prima mi arrivasse, nel 1985,  la lettera con cui mi ringraziava ( e mi lusingava con semplici ed elegantissimi complimenti) per la recensione che avevo scritto sul suo piccolo gioiello letterario, " La casa del perduto amore", pubblicato da Leonardo Formentini Editore.
Scrive Caccia Dominioni: " La sesta battaglia dell'Isonzo, quella che conquistò Gorizia, era finita da qualche settimana, quanto bastava per maturare la settima." 
" Ci fecero muovere prima dell'alba, qualche ora dopo l'inizio del tiro d'artiglieria: traversammo una serie di villaggi ridotti a ruderi spettrali, e terreni che un tempo erano stati splendenti querceti o abetaie o castagneti e ora sembravano distese di crateri lunari."

L'itinerario delle truppe del regio esercito italiano si snoda attraverso Sdraussina, Peteano, Rubbia e Gabrje Dolenje, italianizzata poi in Gabria Superiore. La battaglia infuriò per tre giorni, " finchè fu chiaro che oltre San Grado non si andava e che l'ansa grande del Vippacco, con i paesi di Raccogliano e Biglia, sarebbe rimasta austriaca."
Fu occupata, quella zona, un anno dopo, perduta con la disfatta di Caporetto e poi ripresa: " era il tempo in cui vincevamo le guerre, forse perchè molti erano come i granatieri di San Grado e non come i capi - presunti professionisti della guerra e consacrati maestri di coraggio a inetere generazioni di reclute - che lasciarono la capitale in borghese."
Dopo 42 anni, Caccia Dominioni tornò a Gabria, in casa Pauletich, preservata dalle bombe degli uni e degli altri perchè ospedale, dapprima austriaco e poi della XXIII Divisione.  Faceva, tra i ruderi delle costruzioni villerecce, figura di un palazzotto: " forse trasportato in una metropoli moderna - tra i grattacieli di cartapesta, rivestiti di francobolli marmorei alla crema e alla fragola - avrebbe conservato quella sua dignità dell'anno 1888, come si poteva leggere in bei numeri di ferro battuto sopra il cancello d'ingresso." (segue)

1 commento:

Sandra M. ha detto...

Pagine di emozioni.
La storia è davvero maestra di vita.
Stupende anche le immagini.